Friday 1 October 2010

I Norge

Sinceramente, non so ancora bene come descrivere la Norvegia. A prima vista, svegliandomi sul mio sedile d’aereo all’annuncio che avevamo iniziato la discesa e dovevo spegnere l’iPod, avevo pensato di essere ancora in un sogno. O comunque che il paesaggio sotto di me fosse creato semplicemente dalle nuvole, fra le quali spuntavano le montagne, che io vedevo ancora con occhi assonnati. È stato a poco a poco che ho realizzato che invece quello era davvero il mare, e che i fiordi apparivano così dall’alto.
Ammetto di essere stato anche parecchio fortunato: il sottile strato di nuvole dava una particolare tonalità di blu grigiastro all’acqua, e il sole stava giusto per tramontare, rendendo tutto il resto dorato. Per un istante ho anche visto ciò che sembrava in tutto e per tutto la copertina di Sorrow dei The 3rd And The Mortal, e il mio cuore ha perso un battito.

 
Una volta sotto le nuvole, sembrava quasi il paesaggio di una favola. Fino a questo pomeriggio non avrei mai potuto capire appieno i testi di Kari Rueslåtten o Ann-Mari Edvardsen, perché non è possibile immaginare tanta bellezza finché non la si vede: insenature lunghe e strette, scogliere a picco, e tantissime, miriadi di isolette di ogni dimensione possibile, dagli scogli isolati alle collinette con quattro alberi fino a isolotti con qualche casa. L’oceano aveva un colore plumbeo, ostile e maestoso, che i mari meridionali, le anime dissacrate e insozzate dai troppi turisti, ormai hanno perso, e qua e là, fra un bosco, una riva e un fiume, enormi industrie, raffinerie di petrolio, centrali elettriche con le loro ragnatele di tralicci, ciminiere che vomitano verso di noi i loro fumi candidi, enormi cattedrali d’acciaio che completano quel paesaggio fiabesco aggiungendovi un tocco vagamente tetro.
Ma è stato solo quando siamo atterrati e abbiamo preso il bus per Stavanger che ho potuto finalmente appurare che tutto ciò che avevo visto era reale: alberi, tantissimi, e piccoli campi dall’erba alta e setosa, sebbene ormai secca, delimitati dai boschetti e dalle rocce, l’unica vera immagine che potesse aver dato origine a una canzone come The Meadow dei The 3rd And The Mortal. E più avanti, il fiordo, con le spiaggette sassose e i rudimentali moli costruiti di massi grigi, le casette sulla riva, i capanni per le barche costruiti proprio sull’acqua, e gli enormi tralicci elettrici, che disegnavano linee che arrivavano a sovrastare i campi d’erba rinsecchita, come nelle promo dei Theatre of Tragedy.
 
E a proposito di promo e copertine, una risatina è sfuggita sia a me che ai miei compagni di viaggio quando, avvicinandoci a Stavanger, abbiamo visto le Sverd i Fjell (il monumento con le tre spade di pietra che, a proposito, è molto più piccolo di quanto lo immaginassi e sta giusto al livello dell’acqua, non su qualche scogliera impervia). Ma, a parte questo, anche la città ci ha riservato non poche sorprese, con quelle villette in assicelle di legno bianche che sembravano tolte direttamente da un libro. Oh, è un vero peccato che la mia cara Ayl non sia qui, avremmo potuto prendere una corriera e andare a far foto in mezzo alla natura norvegese (che è a due passi dalla città!).
Non sto ad annoiarvi con i dettagli del check-in all’albergo, dico solo che io condivido una camera con Simon del forum dei ToT in un bed and breakfast poco lontano dal centro, mentre Eva e Andreas stanno in un albergo vicino al luogo del concerto. Dopo esserci sistemati, Andreas ci ha chiamati chiedendoci se ci andava un giro. Noi abbiamo accettato e ci siamo così dati all’esplorazione di Stavanger by night, anche in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti. La città è davvero carina, anche se decisamente piccola: saranno si e no dieci minuti dal nostro albergo al Folken, il locale dove suoneranno i Nostri, e il centro è lì a due passi, letteralmente. La ricerca di qualcosa da mangiare non è stata molto fruttuosa perché, purtroppo, la Norvegia ha davvero dei prezzi proibitivi (ok, ci avevano detto che era cara, ma non così cara), e alla fine io ho ripiegato su un hot-dog preso in una specie di minimarket che, con la coca cola scontatissima allegata, mi ha fatto spendere l’equivalente di poco più di cinque euro. Per domani dovremo trovare tassativamente qualcosa di meno costoso (e possibilmente più sostanzioso), altrimenti andremo in rosso solo per nutrirci, il che non va affatto bene visto che vorrei comprare anche qualche cd.
Ed ora eccomi qui, in albergo, pronto ad andare a dormire in vista della giornata di domani. Si prevedono due giorni di full immersion a stretto contatto con la band e devo essere riposato, sia per avere sufficienti energie che per non avere brutte occhiaie in viso. Spero solo che il misto di entusiasmo e riluttanza che sento ora mi lasci chiudere occhio stanotte...

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