Tuesday 17 December 2013

Il pregiudizio va di moda

(Giuro che la smetto di scrivere post impegnati.)

Se c’è qualcosa che va sempre di moda, è il pregiudizio. Nella fattispecie, il pregiudizio verso il mondo della moda. Un classico da sfoggiare in qualsiasi stagione e abbinare con qualsiasi colore, come il nero. Poi dai, segue le stesse regole dell’abbigliamento anche per quanto riguarda le fasce d’età: quando si è ragazzini è radicale e dettato dal desiderio di ribellione, di sentirsi adulti, profondi e diversi (“La moda è superficiale! È un modo per omologare le coscienze, ma io sono diverso, ho un cervello e sono me stesso!” – e hai lo stesso ciuffo emo, ieri, o hipster, oggi, degli altri centomila che sbraitano come te), quando si cresce diventa uno strumento di accettazione sociale, per fare bella figura sempre sentendosi profondi (“Il mondo della moda è così superficiale, tutta apparenza e niente sostanza, io ho dei veri valori!”, tipo farsi lavare e stirare i completi dalla moglie casalinga e andare a prostitute di ritorno dall’ufficio), fino a che non si diventa troppo vecchi qualunquisti e trasandati per avere una qualsiasi opinione rilevante e attuale (“Ai miei tempi non si vedevano questi sederi scoperti e queste scollature!”, disse la vecchia infagottata con strati di vestiti random senza neanche un tentativo di abbinarli).

L’ultima cosa del genere in cui sono incappato è questo giochino online, Fashion ør Porn – Can you distinguish fashion from pornography? (“Moda ø porno – Riesci a distinguere la moda dalla pornografia?”, per chi mastica poco inglese). All’apparenza un comunissimo giochino virtuale con cui farsi due risate al pomeriggio e, magari, sorprendersi di quanto sia facile sbagliare la risposta.
O forse no.

Ebbene, in realtà siamo alle solite: più che per divertirsi, il giochino è in realtà l’ennesima occasione per attaccare il mondo della moda e fare propaganda su quanto sia cattivo e pericoloso facendo leva sulla superficiaità dell’utente medio e sulla sua ignoranza che permette all’evidente faziosità del gioco di passare inosservata. Ma se provassimo ad analizzarlo con occhio critico?
Partiamo già dal titolo. Quindici secondi di analisi linguistica bastano a individuare il sottotesto contenuto nella domanda: distinguere la moda dal porno implica che sia la moda ad essere simile al porno, e non vice versa. “Distinguere il porno dalla moda” avrebbe dato l’idea di una pornografia che tenta di agghindarsi per acquisire dignità, mentre così la moda viene immediatamente bollata come volgare mercificazione del corpo al pari della pornografia, esattamente sullo stesso livello.
Passiamo poi ai contenuti. Il taglio delle anteprime è chiaramente costruito ad hoc per mettere il giocatore in difficoltà, e fin qui nulla da ridire, se no dove starebbe il divertimento? La selezione delle foto è invece un altro paio di maniche.
In primo luogo, è pieno di foto di Terry Richardson, una mossa già di per sé sleale perché lui è notoriamente accusato di molestie sessuali dalle sue modelle, e il suo lavoro è composto per un buon 30% da porno, un altro 20% da quasi-porno, un 45% da foto inutili sia come porno che come fashion e, finalmente, un 5% di roba decente (incidentalmente tutte foto di Sean O’Pry). Onestamente, prima di dire che è un fotografo di moda ci penserei non una, non due, ma una decina di volte.
In secondo luogo, c’è uno schema assolutamente deliberato dietro foto proposte: quelle porno sono per lo più tecnicamente buone o accettabili e le attrici sono truccate o in maniera molto naturale, o molto elaborata, ma comunque impeccabile; dietro quelle fashion c’è una sistematica ricerca dell’effetto low-fi, del colore virato, della finta polaroid, dell’effetto “sfatto-chic” con trucco imperfetto e pose poco eleganti e, soprattutto, del flash sparato frontale (Terry Richardson, appunto, ma non solo) che, se non gestito in maniera ineccepibile, dà immediatamente un’idea di “cheap” e amatoriale alla foto (anche perché esalta la lucidità della pelle, specie se accostato a un brutto fotoritocco).
L’intento è perfettamente chiaro: insinuare che, sotto sotto, la fotografia fashion differisca da quella porno solo perché non si mostrano peni eretti e vagine spalancate, ma che a parte questo non abbia né più valore, né più dignità, che mercifichi il corpo delle persone perché, come il porno, la moda è un mondo vuoto e volgare, e che anzi, il porno è quasi quasi meglio perché è più onesto.
Come fotografo, trovo la cosa piuttosto offensiva. Come appassionato di moda la trovo molto stupida e superficiale. Certamente, una parte del mondo della moda, e della fotografia fashion, è davvero ciò che è stato mostrato in quel giochino, non lo nego. Ma, appunto, è una parte, e nemmeno la più significativa. Rappresentare solo quella è assolutamente fuorviante e fazioso. Di scelta fra buone fotografie fashion che camminano sul confine dell’erotico ce n’è, eccome: perché non ho visto Ellen von Unwerth, lì in mezzo? Ovvio: perché scatti come questi avrebbero mostrato la scomoda – per l’autore del gioco – verità che, più spesso che no, la moda e la fotografia fashion sono arte, e non pornografia. Qualcosa su cui è più difficile accanirsi. Perché, pur in maniera ludica e scherzosa, questo è un attacco in piena regola, il cui scopo non è divertire, ma far pensare: “Caspita, ne azzecco pochissime! ‘Ste foto fashion sono più porno dei porno!”.

Che poi, siamo onesti e ammettiamolo, il motivo per cui ci si scaglia contro il mondo della moda è lo stesso per cui l’utente medio di Windows ce l’ha tanto con Apple: la volpe e l’uva. È troppo caro, non ce lo si può permettere, va necessariamente additato come privo di reale valore o, addirittura, come un male della società. L’invidia che continua a mietere vittime.

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