Monday 24 September 2018

Date tregua a Biancaneve

Ieri sera, mentre editavo le foto di una bellissima cosplayer di Biancaneve versione Hannah Alexander, mi sono reso conto di una cosa: sono stufo marcio del revisionismo delle fiabe (e, per estensione, dei film Disney e relativo merchandising). Anzi, ciò di cui sono stufo è il pensiero stesso che c’è alla base. Tutt’altro che difficile rendersene conto quando hai a che fare con Biancaneve, l’archetipo della ragazzina ingenua, la primissima Principessa Disney, arrivata a noi dritta dal 1937 e così fuori posto nel 2018.

Sia chiaro: per me c’è posto per tutto. C’è posto per le truculente versioni originali, per quelle edulcorate riproposte dalla Disney classica, per quelle che veicolano messaggi della Disney Renaissance, per le varie versioni rese più complesse à la Mirror Mirror, per quelle decostruite e ricostruite à la Once Upon A Time… le fiabe sono archetipi e hanno profonde radici nella nostra cultura: in quanto tali, si prestano a interpretazioni sempre nuove e a piegarsi secondo i tempi attuali.
Il problema è che i tempi attuali sembrano interessati a trasmettere un unico messaggio nelle loro fiabe: siamo tutti smartass.
A ben vedere, quasi tutte le iterazioni contemporanee, perfino quelle della Disney, sono basate sulla decostruzione: c’è un grande affanno a sbeffeggiare ogni singolo cliché perché siamo troppo avanti per non guardarli con condiscendenza; carichiamo la trama di dettagli per renderla logica e scorrevole perché siamo troppo intelligenti per sospendere volontariamente l’incredulità come facevamo da bambini; e poi ci sono loro, i protagonisti. Peggio ancora, le protagoniste.
Una volta ho letto che è possibile scrivere un personaggio maschile che sia solo tale, ma non uno femminile che non sia anche un role model. Ed è qui che torniamo a Biancaneve, ma anche Cenerentola e Rosa Spina (avviso: da qui in poi tratterò fiabe e film Disney come sinonimi; è una cosa che odio ma, ai fini del dibattito pubblico, i due concetti sono ormai intercambiabili).

Sembra che l’unica cosa che ci piace più di sputare su animali parlanti e Ammoreh a Prima Vista™ sia ridicolizzare le principesse classiche e rimpirci la bocca di quanto siano modelli negativi. Perché fanno cose troppo femminili come le faccende di casa e prendersi cura degli animali. Perché sono personaggi passivi e aspettano che qualcuno le tiri fuori dalle situazioni invece che agire. Perché la soluzione a tutti i loro problemi è l’arrivo di un uomo che le sposi e le sistemi. I tempi sono cambiati, ci piace dire, non sono questi i modelli che vogliamo per le nostre figlie. Vogliamo Cenerentola che prende a schiaffi le sorellastre, Biancaneve che si mette l’armatura e guida un esercito contro la matrigna, Aurora salvata dall’amore materno della fata (non tanto) cattiva, e al diavolo tutti i prìncipi! E il risultato è un sacco di snark gratuito, personaggi che sono tutti uguali nel loro voler essere anticonvenzionali, storie strangolate dal tentativo di sovvertirle pur mantenendole coerenti con se stesse e messaggi aggiuntivi che si contraddicono tra loro.
Ma la domanda è: perché facciamo tutto questo? Per dare modelli migliori alle nostre bambine?
No: ci piace lagnarci che le principesse classiche sono il male del mondo e decostruire le storie di quelle moderne per ghignare compiaciuti di quanto siamo superiori a quei poveri sempliciotti del 1937.
Da qui, una proposta: se davvero ci preoccupiamo di che messaggio riceveranno i nostri figli, perché non proviamo, ad esempio, a fare i genitori? A occuparci di loro e parlarci?
Pretendere role model migliori così da mollare i bambini per un’ora davanti allo schermo mi sembra molto facile. Meno facile, invece, è stare con loro e fornire un contesto a ciò che stanno guardano.

Non c’è niente di male in Biancaneve: è un personaggio creato nel 1937 per il pubblico del 1937 basato su una storia ancora più vecchia. All’epoca le cose andavano così. Sogna solo di trovare il vero amore perché non stava bene che le donne lavorassero: oggi invece, se vogliono, possono fare carriera e arricchire la loro vita anche di quello. È ingenua e si fida della Regina Cattiva non perché è stupida, ma perché è stata cresciuta isolata dal mondo e non sa che è pericoloso: oggi invece le bambine vanno a scuola e imparano a non fare questi errori. Cenerentola è paziente e non si ribella alla matrigna e alle sorellastre perché altrimenti non avrebbe avuto dove andare: oggi per fortuna le ragazze, quando crescono, hanno molte più possibilità.
E anche a livello meta, possiamo spiegare che le principesse di oggi sono diverse perché ci sono tante possibilità su cosa si può essere. Si può essere una persona romantica. Si può sognare di avere una propria attività. Si può voler leggere e studiare. Si può anche voler restare a casa a badare alla famiglia (tutto questo sia per le bambine che per i bambini, eh!). E fintanto che è una scelta, non c’è nulla di male né a essere Belle, né a essere Tiana, né a essere Merida, e nemmeno a essere Biancaneve. (Su Ariel ho dei dubbi, ma non è questo il punto).

Anche film che sembrano moralmente superati possono offrire ottimi spunti di crescita; l’unica cosa è che serve che i genitori siano lì a svolgere il loro compito, invece che aspettarsi che faccia tutto la televisione. Perché più ci si accanisce a dire che Biancaneve non va bene e dev’essere cambiata, più si dimostra di essere genitori incapaci, che fanno finta di dimenticare un punto fondamentale: l’educazione è un compito della famiglia, non della Disney.
Per cui, date tregua a Biancaneve, una buona volta: va bene così com’è, sta a voi imparare a contestualizzare le cose.

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