Monday 15 October 2018

Piccole vittorie

Oggi sono davvero orgoglioso di me stesso.

Di regola, il giorno dopo aver finito il sugo settimanale dovrei andare a fare la spesa, comprare tutti gli ingredienti per rifarlo assieme alla carne e il resto del cibo per gli altri pasti, e la sera cucinarlo.
Sto diventando sempre più bravo e meno ansioso a fare la spesa, ma è ancora qualcosa che vado a fare controvoglia. Cucinare il sugo, poi, mi prende più di un’ora: riesco a maneggiare gli ingredienti a mani nude senza problemi e tutto, ma è faticoso starci dietro e ho sempre un po’ paura di finire a bruciarlo.
Il risultato è che, di solito, fra la fine del sugo e la spesa successiva lascio sempre passare uno o due giorni di junk food d’asporto perché ricominciare il ciclo mi paralizza sempre un po’. Anche ora, tornato a Trieste, ho rimandato spesa e sugo a martedì, passando due giorni a kebab per pranzo e pizza per cena.

Ebbene, a questo giro il sugo l’ho finito ieri. Con un po’ di assist da parte di Katia, sono andato a fare la spesa oggi stesso. L’ho riportata a casa e sistemata, mi sono ritagliato un’oretta e mezza per andare a prendere un gelato e fare una passeggiata, poi sono tornato e senza indugi (ok, con dieci minuti di indugi, ma non è questo il punto) mi sono attaccato ai fornelli.
Non solo, mentre cucinavo ho anche organizzato uno shoot a cui tengo molto per il mese prossimo – ok, è il modello che mi ha contattato e proposto di venire lui da me, ché se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla Dolina dei Druidi, ma ho accettato su due piedi di ospitare qualcuno senza nemmeno pormi i dubbi che ho avuto lo scorso maggio, ed ero pronto a farlo venire anche questo week end stesso.
E in più, ho cenato in compagnia dei coinquilini nuovi, che sono già amici e quindi parlavano per lo più fra di loro, senza farmi divorare dall’awkwardness di una situazione che percepivo a metà fra la cena di casa Baratheon in Game of Thrones, con Melisandre che vuole solo sparire, e quella fra Danny, Colleen, Davos e Joy in Iron Fist. Non sono stato il massimo della socialità, ma nemmeno loro, eppure ho retto bene la prova.

Non contento, ho anche rimesso in ordine metà della camera – cosa che, dopo due mesi d’assenza, è sempre tragica; specie perché, al di là delle settimane di allergeni accumulati, all’andata esplodono gli armadi per fare i bagagli, e al ritorno sono i bagagli stessi. E se è stata una vittoria solo temporanea, è per mia scelta, perché ho affrontato niente meno che il bucato – e non il bucato qualsiasi, bensì quello delle lenzuola, il mio incubo perché devo tentare di farle asciugare tutte su un solo stendino. Vero, nella metà ordinata della stanza ora c’è un complesso sistema di drappeggi tra stendino, sedia e poltrona, ma è solo temporaneo.

Sono super determinato e domani cercherò di non perdere il ritmo: vedrò cosa si è asciugato del bucato e lo ritirerò, cercherò di rimettere a posto in armadio almeno i vestiti usciti dal pacco, e anche di destinare quelli in giro alla lavatrice o a essere ancora indossati. Già solo quello dovrebbe sistemare una porzione non indifferente della stanza, lasciandomi intravedere una fine e motivandomi ad arrivare fino in fondo. Per il resto, la nuova coinquilina ha portato l’aspirapolvere, quindi fare le pulizie in camera non sarà più una sofferenza lunga (e inutile, visto che la scopa sposta la polvere ma non la elimina).

Fra l’altro, non sto nemmeno a mettermi problemi perché i miei coetanei lì fuori hanno una carriera, o sono già sposati, magari hanno pure figli, mentre io sono qui a congratularmi con me stesso perché riesco a svolgere attività quotidiane. Oggi ho fatto tutte insieme un mucchio di cose che già da sole mi demoralizzano e mi sembrano faticosissime, e ho ogni diritto di sentirmene orgoglioso. Perché la vita di un nevrotico è una costante sfida, anche le cose più piccole richiedono uno sforzo. E finalmente sento che ce la sto facendo. Posso andare a dormire gustandomi questa vittoria.

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