Può sembrare una stupidaggine, ma oggi ho comprato un ventilatore. Sono anni che ne parlo con Katia, che mi consiglia di farlo ogni volta che i primi caldi mi privano delle forze e del sonno, ma ogni volta rimando, accampo scuse, non sono del tutto convinto e finisce che arriva luglio, riparto per Giù™ dove ho il condizionatore, torno che la temperatura si è già abbassata e non se ne fa niente. Eppure, per quel mese e mezzo / due mesi, soffro senza decidermi a risolvere la cosa.
Sino ad oggi: finalmente mi sono deciso, sono andato alla Pam e ne ho preso uno a buon prezzo.
Beh, ora che l’ho fatto, mi sono reso conto che comprare un ventilatore è stato un passo importante per me.
Comprare un elettrodomestico è diverso da qualunque altra cosa. Un po’ è l’ansia di buttare soldi in qualcosa che magari non funziona, o non è adatto alla casa e le mie necessità – insomma, è una di quelle spese che “fa mamma” e non io, e per le quali mi sento inesperto e inadeguato. Ma è solo parte della storia, perché sono anni che Katia mi suggerisce la marca che usa lei e mi fornisce tutto il feedback di cui avevo bisogno per decidere.
No, il vero fulcro della questione è che comprare un elettrodomestico è qualcosa che si fa “per la casa”. E fare qualcosa per la casa entra in contrasto con lo stato di precarietà nel quale vivo.
Abito in una casa non mia, uso mobili non miei, tutte le responsabilità delle migliorie, delle sostituzioni, delle riparazioni ricadono sulla Signora Maria perché un giorno, quasi sicuramente, io non vivrò più qui. Me ne andrò e mi lascerò tutto questo alle spalle.
E sì, un ventilatore è un elettrodomestico talmente poco ingombrante che l’ho portato a mano dal negozio senza nemmeno far fatica: nel momento in cui me ne andrò potrò portarlo via con me. Ma psicologicamente, l’idea di aver messo qualcosa di mio in casa è stata strana. È una piccola radice, un modo più profondo di rendere questo posto “mio” che non tappezzare le pareti di poster, a prescindere da quanto a lungo lo sarà. Ed è un piccolo passo per spezzare il circolo vizioso secondo il quale, finché non mi sistemo in un posto che davvero è tutto mio, non mi merito di avere più dello stretto indispensabile.
Avevo proprio bisogno non solo dell’aria fresca, ma di questo piccolo atto di gentilezza nei miei stessi confronti e di una piccola parvenza di stabilità, per quanto temporanea.
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