Saturday 8 June 2019

Inside the outsider

Oggi sono andato al mio primo Pride, quello di Trieste.
Per quanto sia vocale e attivo in varie community virtuali, e sia stato a molte altre manifestazioni a tema LGBTQ+, per qualche motivo al Pride sono andato per la prima volta a trent’anni suonati. Non so perché non l’abbia fatto prima: principalmente per motivi geografici, credo, anche se ammetto che saltare su un treno e andare, che so, a Venezia non sarebbe stato poi così difficile. Ma quest’anno ci tenevo particolarmente: sarà che mi sono trovato attivista su DeviantArt quasi per caso, e ho scoperto quanto liberatorio sia far sentire la propria voce su un tema così delicato, anche solo unendola a un coro più grande. O sarà che il clima di costante odio e diffidenza che si respira in Italia mi ha fatto raggiungere il punto di saturazione e non voglio esserne complice nemmeno tramite l’inattività. Comunque mi sono bardato di crema solare, ho raggiunto alcuni conoscenti, ho aspettato che la manifestazione iniziasse e l’ho seguita fino all’ultimo.

Adesso, a casa la sera, ho un po’ di mixed feelings a riguardo. Ho percepito l’importanza sia sociale sia personale di ciò che stava succedendo, ma non mi è rimasto quel forte senso di partecipazione che mi aspettavo. Ero allegro, orgoglioso di essere lì, ma non emozionato. Mi ha fatto molto piacere trovare molti conoscenti etero, da un mio modello a uno dei coinquilini, e ho stretto alcune conoscenze molto gradevoli.
Nel complesso, però, mi sono sentito un po’ un estraneo.

E no, non estraneo alla causa: quella l’ho sentita chiara e forte a livello intellettuale. Mi sono sentito estraneo alle persone intorno a me. Non so, sarà che in questo periodo riesco a sentire molto poco in generale, o che sono andato con dei conoscenti che erano già amici fra di loro, e per me è sempre molto difficile inserirmi in un gruppo già formato, ma mi sono sentito come se le emozioni del Pride mi scorressero accanto senza toccarmi davvero.
Del resto, l’ultima volta che sono andato a ballare a una serata gay avevo ancora i capelli lunghi: erano letteralmente anni che non entravo in contatto diretto con la comunità LGBTQ+ triestina. L’umorismo, i pettegolezzi, il boy-craze, li ho sentiti tutti distanti. Tant’è che, dopo aver occupato per un’oretta buona Piazza Unità come protesta contro il sindaco che non l’aveva concessa alla manifestazione, ho declinato un invito a bere qualcosa in compagnia e sono tornato a casa. Perché come al solito,
I look myself in the face
And whisper, “I’m in the wrong place”.
Is there more to lose than gain
If I go on my own again,
On my own again?

Così eccomi qui, che cerco di costringermi a essere di buon umore perché non vorrei sminuire l’importanza del mio primo Pride, ma segretamente convinto di aver fatto tutto nella speranza di lasciare una società migliore a chi verrà dopo di me, perché per me ormai è troppo tardi e non troverò mai un posto né nel mondo mainstram, né in quello LGBTQ+.
Sitting on the outside observing the fun.

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