Friday 10 September 2021

Evanescence, dieci anni dopo

Sono passati dieci anni e credo sia il caso di parlare di Evanescence.
Non la band, non l’EP del 1998, ma l’album che porta questo titolo perché – lo sostengo ancora – Pescy & co. non avevano idea di cosa inventarsi.
Del resto, ho postato per il decennale del mio primo ascolto di Fallen, per quello dell’uscita di The Open Door, quindi perché rompere la tradizione? Dieci anni fa ad oggi Evanescence veniva diffuso illegalmente su internet (con un mesetto buono di anticipo rispetto alla pubblicazione, cosa che mi fece sghignazzare non poco) e sento di aver qualcosa da dire a riguardo.
 
Ovvero, col senno di poi ammetto che potrei essere stato eccessivamente duro con quell’album. Almeno un pochino.
Con questo no, Stefano, non sto dicendo che Evanescence fosse segretamente un bell’album fin dall’inizio: resto fondamentalmente dello stesso parere che espressi ai tempi (qui rifinito e approfondito come recensione vera e propria per Armonie Universali), al massimo alleggerirei un po’ il giudizio su un paio di brani. Però sarei sleale a non ammettere che lo espressi in maniera molto più dura del necessario e misi fin troppa enfasi sui lati negativi delle canzoni per pura Schadenfreude e pettiness.
Evanescence non è un buon album, ma non è la macchia indelebile sulla cultura musicale occidentale che cercai di farne all’epoca. A volte, vuoi per le circostanze, vuoi per stanchezza artistica, vuoi per la fretta, una band pubblica un album brutto: pace, ce ne si fa una ragione e si spera in quello successivo. Perché, quindi, tutta quell’acredine?

Beh, con dieci anni di maturità in più posso ammettere che il mio principale problema con Evanescence è che detesto non avere ragione. La sua stessa esistenza, a prescindere dal contenuto, mi urta perché ha smentito le mie teorie secondo le quali Pescy volesse lasciar morire gli Evanescence di incuria per dedicarsi al progetto solista, che ero pronto a sbattere in faccia con somma soddisfazione alla gentaglia del fanclub.
Che poi l’album fosse oggettivamente carente è stata una fortunata (quanto prevedibile) coincidenza, un bonus che mi ha permesso di ammantare di validità e critica musicale seria un’antipatia viscerale e personale. Per questo ho spolpato e rosicchiato la critica a quel disco con lo stesso gusto che riservavo alle alette di pollo dei Mastri d’Arme: perché avevo la scusa perfetta per farlo a pezzi a ragion veduta senza essere tacciato di parzialità. Ma sì, il vero motivo per cui criticare quella produzione opaca e cacofonica, quel songwriting insipido, quel sound generico e quegli arrangiamenti superficiali mi portava così tanto piacere è che rosicavo perché non avevo avuto ragione sul futuro della band. Quello, più il desiderio segreto di convincere quanta più gente possibile che quel disco non fosse necessario, così da sentirmi dire: “Cavolo, Alessandro, quanto sarebbe stato meglio se avessi avuto ragione e si fossero sciolti davvero!”. O che l’evidente mediocrità del prodotto fosse il colpo di grazia e la band si sciogliesse subito dopo.
Beh, a riguardarla dopo tutti questi anni, l’intera situazione era piuttosto ridicola. Me l’ero presa a morte per una futilità incredibile – se anche Pescy avesse messo la band in pausa a tempo indeterminato per fare le cose da solista, anche cinque, sei anni di silenzio non ne avrebbero necessariamente decretato la fine. E comunque, non fu poi molto tempo dopo che i miei gusti musicali maturarono e io stesso giunsi alla conclusione che un suo album solista synthpop sulla Luna (sempre per citare Stefano) sarebbe stato molto interessante.
 
Comunque sia andata con il non-split della band, ci tengo a sottolineare che in retrospettiva ho avuto ragione su praticamente tutto il resto circa il disco, come le interviste di Pescy hanno man mano rivelato esplicitamente o tra le righe: lei voleva dedicarsi al progetto solista, è stata la label a richiamarla (verosimilmente per via dei We Are The Fallen), le ha tirato dietro il materiale solista che aveva riconvertito di corsa ad album degli Evanescence, e poi hanno dovuto riscrivere tutto in fretta e furia – e da qui il disco è uscito com’è uscito.
 
Volendo dare un giudizio meno caustico, avrei comunque fatto fuori Siccoviroll Siccoviroll e The Other Side perché sono indegne, Made Of Stone continua a non potersi sentire (e non capisco perché i fan la adorino tanto), e Erase This avrebbe avuto bisogno di un vero ritornello.
Per il resto, se spengo il cervello e faccio finta forte forte che sia un’altra band, quasi quasi perfino Du Uocciuocciuon non è così insopportabile; buttata in radio ci sta, e forse non mi farebbe più perdere l’erezione per poterci alzare senza dare nell’occhio dalla panchina di Parco Sempione su cui stavamo limonando quella volta.
Sono anche abbastanza deciso a salvare Say You Will: non è un granché, ma nemmeno attivamente offensiva (perlomeno finché Pescy non tenta di cantarla live).
Droppate quelle tre canzonacce e incluse invece le quattro bonus track, avrebbe potuto essere un album decente degli Evanescence: non il loro migliore, sempre prodotto malissimo, ma ben sopra la sufficienza risicatissima che gli diedi ai tempi.
 
Quanto alla band, col senno di poi, sono tutto sommato contento di non aver avuto ragione: una volta fatta pace con Pescy, non mi sarei privato per nulla al mondo né di Synthesis, specie per come ha riportato in vita le canzoni di Evanescence, né tantomeno di The Bitter Truth.
Comunque, ritengo che l’intera epopea de La Pescivendola e dell’album peggiore di una delle mie band preferite sia una delle esperienze che più mi ha fatto crescere come fan e ascoltatore di musica: ho imparato che gli artisti hanno diritto a un loro arbitrio e una loro vita privata, che le loro creature possono anche sparire, ma i ricordi rimarranno sempre, che evolversi e cambiare idea è positivo, e che l’industria musicale è più complessa di “Ommioddio, se gli Evanescence non fanno un altro album entro tot tempo non avranno più i soldi per fare dei bei videclip e dovranno rassegnarsi a Pescy che fa jogging sul Brooklyn Bridge la sera per smaltire il matrimonio” (perché un rancore è per sempre, DeBeers™).

Ps, lo ribadisco per Stefano e Lukas: io sono stato perfido, ma Evanescence continua a essere un album brutto.
E per controbilanciare a questo mio momento di sincerità, ricordiamoci di quella volta che Pescy è cascata come una pera cotta sul palco.
DU UOCCIUOCCI– SBAM!


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