Gioisci, o popolo: sono sopravvissuto alla due giorni di full immersion ecclesiastica!
Non avevo scritto nulla qui per non rovinare la sorpresa, ma lo scorso lunedì mi aveva chiamato il signor Procreatore per informarmi che il sabato appena trascorso uno dei miei cugini sarebbe stato ordinato prete. Inutile dirlo, con mia grande sorpresa mista a disappunto.
Perché di certo, ad un agnostico con tendenze pagane, darkettone, metallaro, fortemente anticlericale, che legge e scrive libri immorali, fa grande uso di yaoi e shoen-ai, pecca in tutto ciò che riesce con tutti gli annessi e connessi, avere un cugino che fa parte di quella che, a mio avviso, è l’istituzione contro natura per eccellenza non entusiasma. Per contro, sono certo che se il cugino prete in questione sapesse i vari dettagli della controparte malvagia (o, forse, di quella buona), ugualmente non sarebbe entusiasta.
Ad ogni modo, giusto per rimarcare un po’ la differenza che c’è fra noi e potermi comportare in maniera infantile, ho accettato di andare. Paventando un mio arrivo coi pantaloni stracciati con sotto il tessuto scozzese e la maglietta coi teschi o i pipistrelli, il Procreatore mi ha avvisato di presentarmi vestito elegante. “Nessun problema, papà, chiedi e ti sarà dato: indosserò i vestiti più eleganti che ho nell’armadio”.
Solo che per fare ciò, ho dovuto pianificare con cura tutto il sabato pomeriggio.
I piani originali prevedevano che io raggiungessi il Procreatore in paese venerdì pomeriggio e si andasse tutti assieme a Sassari – ove si sarebbe tenuta la celebrazione – il giorno dopo. Con una scusa, sono riuscito a rimandare la partenza al giorno successivo (per fortuna, dato che per nulla al mondo avrei voluto perdermi l’Uragano Baingio, come l’ha sagacemente battezzato Beatrice), e l’uragano mi ha decisamente aiutato: il pullman sarebbe arrivato cinque minuti prima dell’inizio della messa, e inventando un ramo pericolante caduto poco prima del nostro passaggio, ho finto che sarebbe dovuto arrivare un quarto d’ora prima ma ha tardato in attesa della rimozione dell’ostacolo.
Il motivo di tanti sotterfugi era il mio abbigliamento: in conseguenza all’avvertimento del Signore, (ed incoraggiato da una perfida Mater), indossavo i pantaloni in damasco nero, la camicia bianca con maniche ampie e pizzi ed il gilet in velluto rosso. La correzione della tempistica del mio arrivo in chiesa serviva in primo luogo a mettere Procreatore&Parenti di fronte al fatto compiuto, ed in secondo a farmi giungere quando la chiesa fosse già gremita.
La tempistica è stata pressoché perfetta, tant’è vero che son giunto che la messa stava per iniziare. Devo ammettere di aver avuto il fato dalla mia: la porta della chiesa scricchiolava, così al mio ingresso (durante il quale ho pensato, come promesso, a Frà) in molti si sono voltati. Senza aver fatto segno di croce o altre cose simili, e trattenendo a stento un sorriso divertito, ho percorso il centro della navata con passo trionfale scandito dalle suole degli anfibi, guardandomi intorno con non nonchalance alla ricerca del Procreatore - che avevo poco prima pregato, al telefono, di non aspettarmi e prender già posto - e della Ziaccia. Trovatili, mi sono seduto come se nulla fosse accanto a loro, accettando il messale che proprio in quel momento uno dei prelati stava distribuendo e prendendo immediatamente a sventolarmi con esso, come dopo una corsa o una camminata svelta, lasciandomi intendere che quello sarebbe stato il principale utilizzo che ne avrei fatto.
Dopo di che, si è aperto l’immaginario sipario e il teatrino ha avuto inizio.
Non mi soffermo sui dettagli dell’interminabile messa (due ore e mezza - e meno male che avevo anche sperato di poter fare un po’ di shopping, alla fine), limitandomi a dire che non appena il vescovo ha richiesto la prima interazione del pubblico, io ho serrato con decisione le labbra e le ho sporte leggermente in avanti in maniera dimostrativa, riaprendole solo per sbadigliare durante tutto l’arco della messa, e quando c’era da stare seduti accavallavo le gambe in maniera molto salottiera, quando c’era da alzarsi incrociavo le braccia e mi mettevo in una posa tutt’altro che umile, et cetera.
Fino a poco prima dell’omelia, ho seguito con curiosità il siparietto a tratti quasi comico, ma la tre quarti d’ora di discorso insensato ha sancito la mia definitiva andata a farfalle. A questo proposito, avrei una domanda interessante: ma se in chiesa mi piazzate un marcantonio alato strafigo in marmo tutto rigorosamente nudo se non per un misero drappetto che gli copre il pacco, come diavolo pretendete che io non faccia pensieri impuri, me lo spiegate? Mistero della fede? Bah.
Il fatto sta che, terminato il sermone, anche a causa dell’incipiente ipoglicemia, non sono più riuscito a degnare la celebrazione d’attenzione, annoiandomi e sbadigliando più frequentemente. Mi sono reso conto che il cugino era stato effettivamente ordinato solo quando ho visto la Ziaccia (lo ricordiamo, bigotta, zitella, e probabilmente pure vergine a settantapassa anni) afferrare la borsetta in cerca di un fazzoletto con cui asciugarsi le lacrime di commozione per un evento che sinceramente a me faceva venir sonno. E vabbuono.
Finisce il teatrino tragicomico, e dato che il vescovo prega tutti di aspettare che i neo-ordinati (erano tre) siano usciti dalla chiesa prima di buttarsi a far loro gli auguri, arriva il parentame che inizia a fare a me i complimenti per l’eleganza e l’esame d’ammissione superato. Missione compiuta: ho rubato la scena al prete. Quando poi sono andato a fargli molto freddamente gli auguri, invece che profondermi in complimenti gli ho semplicemente espresso la mia speranza ambigua che sapesse sempre ritrovare la strada nella vita, anche a seguito di inutili e dannose deviazioni ed errori.
Fine del primo giorno (dato che la mia ipoglicemia mi ha fornito la scusa per disertare il rinfresco).
Il secondo giorno non era previsto, ma ancora una volta il Fato mi è stato propizio.
Il signor cugino avrebbe celebrato la prima messa, a seguito della piccola processione che l’avrebbe accompagnato da casa alla chiesa. Così, per recarmi a casa del neo-prete, ho optato per un abbigliamento più gotico: pantaloni coi lacci, camicia gothic-lolito, anfibi in bella mostra e cappello a cilindro.
C’è da dire che lo zio-padre del neo-prete io non lo conoscevo nemmeno di vista poiché, per una storia tanto lunga quanto banale, non si parla né col Procreatore, né con la Ziaccia (infatti i due hanno fatto gli auguri al prete, ma non al padre). D’altro canto, suppongo che quella sia stata la prima volta in cui anche lui ha incontrato me. Ma dettagli. Il fatto sta che appena arrivo a casa del cugino, tutti gli occhi si voltano verso un punto imprecisato al di sopra della mia testa. Ops, il cilindro era appariscente. Faccio gli auguri allo zio, alla moglie dello zio, e si esce tutti assieme davanti a casa per lanciare il riso addosso al prete. La cosa mi ha fatto inarcare a turno entrambe le sopracciglia, dato che il povero sfigato è tutt’altro che sposato. Ma, di nuovo, dettagli.
Durante la mini-processione dalla casa alla parrocchia, io cammino con tutta la nonchalance del mondo e il capo bene eretto, e, naturalmente, con gli occhi dei passanti addosso a me invece che sul festeggiato. Arrivati in chiesa, si ripete press’a poco lo stesso teatrino del giorno prima, con una lista di santi esageratamente lunga da invocare, le stesse battute, gli stessi canti, i miei stessi sbadigli, le labbra serrate, le pose, e il cugino-neo-prete che di tanto in tanto mi lancia occhiate, probabilmente per vedere perché non partecipo alla celebrazione. O forse per capire dal labiale cosa canticchiassi in latino, dato che mentre loro si impegnavano in canti sacri io mormoravo sottovoce Venus dei Theatre of Tragedy. Sempre di canzone in latino si tratta, dopo tutto.
Alla fine, ci si alza per fare gli auguri al signorino, e salta fuori il fatto che, udite udite, avrei dovuto baciargli l’anello. Ma… stiamo scherzando, vero? Naturalmente, dato che siamo nel 2008 e non nell’Alto Medioevo, io mi sono rifiutato, e quando è stato il mio turno gli ho stretto gelidamente la mano con un sorriso di cortesia, mentre lui mi ringraziava per essere venuto (sinceramente non so in che percentuale con sincerità perché non si aspettava la presenza del cugino dark, algherese e figlio dello zio con cui il padre non parla, e in quale con sarcasmo perché attiravo l’attenzione più di lui… ma questa parte potrebbe anche essersela inventata il mio ego che in quel momento era decisamente oversize).
Dopo di che, secondo giro di saluti ed auguri ai genitori del prete, e alla sorella, la cui esistenza spunta fuori solo in quel momento (anche se lei come persona l’avevo già notata poco prima… e meno male che non avevo commentato il suo trucco orrendo con gli altri parenti).
E con questo, si è concluso il secondo giorno di full-immersion (ed era il caso di dirlo: alleluia). Direi che ne ho avuto abbastanza per il resto dell’anno, di chiese e preti, per cui ciaociao cuginetto, fattela da solo la prossima messa, io non ti vengo più a sentire.
Non avevo scritto nulla qui per non rovinare la sorpresa, ma lo scorso lunedì mi aveva chiamato il signor Procreatore per informarmi che il sabato appena trascorso uno dei miei cugini sarebbe stato ordinato prete. Inutile dirlo, con mia grande sorpresa mista a disappunto.
Perché di certo, ad un agnostico con tendenze pagane, darkettone, metallaro, fortemente anticlericale, che legge e scrive libri immorali, fa grande uso di yaoi e shoen-ai, pecca in tutto ciò che riesce con tutti gli annessi e connessi, avere un cugino che fa parte di quella che, a mio avviso, è l’istituzione contro natura per eccellenza non entusiasma. Per contro, sono certo che se il cugino prete in questione sapesse i vari dettagli della controparte malvagia (o, forse, di quella buona), ugualmente non sarebbe entusiasta.
Ad ogni modo, giusto per rimarcare un po’ la differenza che c’è fra noi e potermi comportare in maniera infantile, ho accettato di andare. Paventando un mio arrivo coi pantaloni stracciati con sotto il tessuto scozzese e la maglietta coi teschi o i pipistrelli, il Procreatore mi ha avvisato di presentarmi vestito elegante. “Nessun problema, papà, chiedi e ti sarà dato: indosserò i vestiti più eleganti che ho nell’armadio”.
Solo che per fare ciò, ho dovuto pianificare con cura tutto il sabato pomeriggio.
I piani originali prevedevano che io raggiungessi il Procreatore in paese venerdì pomeriggio e si andasse tutti assieme a Sassari – ove si sarebbe tenuta la celebrazione – il giorno dopo. Con una scusa, sono riuscito a rimandare la partenza al giorno successivo (per fortuna, dato che per nulla al mondo avrei voluto perdermi l’Uragano Baingio, come l’ha sagacemente battezzato Beatrice), e l’uragano mi ha decisamente aiutato: il pullman sarebbe arrivato cinque minuti prima dell’inizio della messa, e inventando un ramo pericolante caduto poco prima del nostro passaggio, ho finto che sarebbe dovuto arrivare un quarto d’ora prima ma ha tardato in attesa della rimozione dell’ostacolo.
Il motivo di tanti sotterfugi era il mio abbigliamento: in conseguenza all’avvertimento del Signore, (ed incoraggiato da una perfida Mater), indossavo i pantaloni in damasco nero, la camicia bianca con maniche ampie e pizzi ed il gilet in velluto rosso. La correzione della tempistica del mio arrivo in chiesa serviva in primo luogo a mettere Procreatore&Parenti di fronte al fatto compiuto, ed in secondo a farmi giungere quando la chiesa fosse già gremita.
La tempistica è stata pressoché perfetta, tant’è vero che son giunto che la messa stava per iniziare. Devo ammettere di aver avuto il fato dalla mia: la porta della chiesa scricchiolava, così al mio ingresso (durante il quale ho pensato, come promesso, a Frà) in molti si sono voltati. Senza aver fatto segno di croce o altre cose simili, e trattenendo a stento un sorriso divertito, ho percorso il centro della navata con passo trionfale scandito dalle suole degli anfibi, guardandomi intorno con non nonchalance alla ricerca del Procreatore - che avevo poco prima pregato, al telefono, di non aspettarmi e prender già posto - e della Ziaccia. Trovatili, mi sono seduto come se nulla fosse accanto a loro, accettando il messale che proprio in quel momento uno dei prelati stava distribuendo e prendendo immediatamente a sventolarmi con esso, come dopo una corsa o una camminata svelta, lasciandomi intendere che quello sarebbe stato il principale utilizzo che ne avrei fatto.
Dopo di che, si è aperto l’immaginario sipario e il teatrino ha avuto inizio.
Non mi soffermo sui dettagli dell’interminabile messa (due ore e mezza - e meno male che avevo anche sperato di poter fare un po’ di shopping, alla fine), limitandomi a dire che non appena il vescovo ha richiesto la prima interazione del pubblico, io ho serrato con decisione le labbra e le ho sporte leggermente in avanti in maniera dimostrativa, riaprendole solo per sbadigliare durante tutto l’arco della messa, e quando c’era da stare seduti accavallavo le gambe in maniera molto salottiera, quando c’era da alzarsi incrociavo le braccia e mi mettevo in una posa tutt’altro che umile, et cetera.
Fino a poco prima dell’omelia, ho seguito con curiosità il siparietto a tratti quasi comico, ma la tre quarti d’ora di discorso insensato ha sancito la mia definitiva andata a farfalle. A questo proposito, avrei una domanda interessante: ma se in chiesa mi piazzate un marcantonio alato strafigo in marmo tutto rigorosamente nudo se non per un misero drappetto che gli copre il pacco, come diavolo pretendete che io non faccia pensieri impuri, me lo spiegate? Mistero della fede? Bah.
Il fatto sta che, terminato il sermone, anche a causa dell’incipiente ipoglicemia, non sono più riuscito a degnare la celebrazione d’attenzione, annoiandomi e sbadigliando più frequentemente. Mi sono reso conto che il cugino era stato effettivamente ordinato solo quando ho visto la Ziaccia (lo ricordiamo, bigotta, zitella, e probabilmente pure vergine a settantapassa anni) afferrare la borsetta in cerca di un fazzoletto con cui asciugarsi le lacrime di commozione per un evento che sinceramente a me faceva venir sonno. E vabbuono.
Finisce il teatrino tragicomico, e dato che il vescovo prega tutti di aspettare che i neo-ordinati (erano tre) siano usciti dalla chiesa prima di buttarsi a far loro gli auguri, arriva il parentame che inizia a fare a me i complimenti per l’eleganza e l’esame d’ammissione superato. Missione compiuta: ho rubato la scena al prete. Quando poi sono andato a fargli molto freddamente gli auguri, invece che profondermi in complimenti gli ho semplicemente espresso la mia speranza ambigua che sapesse sempre ritrovare la strada nella vita, anche a seguito di inutili e dannose deviazioni ed errori.
Fine del primo giorno (dato che la mia ipoglicemia mi ha fornito la scusa per disertare il rinfresco).
Il secondo giorno non era previsto, ma ancora una volta il Fato mi è stato propizio.
Il signor cugino avrebbe celebrato la prima messa, a seguito della piccola processione che l’avrebbe accompagnato da casa alla chiesa. Così, per recarmi a casa del neo-prete, ho optato per un abbigliamento più gotico: pantaloni coi lacci, camicia gothic-lolito, anfibi in bella mostra e cappello a cilindro.
C’è da dire che lo zio-padre del neo-prete io non lo conoscevo nemmeno di vista poiché, per una storia tanto lunga quanto banale, non si parla né col Procreatore, né con la Ziaccia (infatti i due hanno fatto gli auguri al prete, ma non al padre). D’altro canto, suppongo che quella sia stata la prima volta in cui anche lui ha incontrato me. Ma dettagli. Il fatto sta che appena arrivo a casa del cugino, tutti gli occhi si voltano verso un punto imprecisato al di sopra della mia testa. Ops, il cilindro era appariscente. Faccio gli auguri allo zio, alla moglie dello zio, e si esce tutti assieme davanti a casa per lanciare il riso addosso al prete. La cosa mi ha fatto inarcare a turno entrambe le sopracciglia, dato che il povero sfigato è tutt’altro che sposato. Ma, di nuovo, dettagli.
Durante la mini-processione dalla casa alla parrocchia, io cammino con tutta la nonchalance del mondo e il capo bene eretto, e, naturalmente, con gli occhi dei passanti addosso a me invece che sul festeggiato. Arrivati in chiesa, si ripete press’a poco lo stesso teatrino del giorno prima, con una lista di santi esageratamente lunga da invocare, le stesse battute, gli stessi canti, i miei stessi sbadigli, le labbra serrate, le pose, e il cugino-neo-prete che di tanto in tanto mi lancia occhiate, probabilmente per vedere perché non partecipo alla celebrazione. O forse per capire dal labiale cosa canticchiassi in latino, dato che mentre loro si impegnavano in canti sacri io mormoravo sottovoce Venus dei Theatre of Tragedy. Sempre di canzone in latino si tratta, dopo tutto.
Alla fine, ci si alza per fare gli auguri al signorino, e salta fuori il fatto che, udite udite, avrei dovuto baciargli l’anello. Ma… stiamo scherzando, vero? Naturalmente, dato che siamo nel 2008 e non nell’Alto Medioevo, io mi sono rifiutato, e quando è stato il mio turno gli ho stretto gelidamente la mano con un sorriso di cortesia, mentre lui mi ringraziava per essere venuto (sinceramente non so in che percentuale con sincerità perché non si aspettava la presenza del cugino dark, algherese e figlio dello zio con cui il padre non parla, e in quale con sarcasmo perché attiravo l’attenzione più di lui… ma questa parte potrebbe anche essersela inventata il mio ego che in quel momento era decisamente oversize).
Dopo di che, secondo giro di saluti ed auguri ai genitori del prete, e alla sorella, la cui esistenza spunta fuori solo in quel momento (anche se lei come persona l’avevo già notata poco prima… e meno male che non avevo commentato il suo trucco orrendo con gli altri parenti).
E con questo, si è concluso il secondo giorno di full-immersion (ed era il caso di dirlo: alleluia). Direi che ne ho avuto abbastanza per il resto dell’anno, di chiese e preti, per cui ciaociao cuginetto, fattela da solo la prossima messa, io non ti vengo più a sentire.
ahah
ReplyDeleteHo perfettamente la scena in testa, quasi fossi stata lì.
ReplyDeleteChe dire? Geniale! *.*
e poi.. Quel marcantonio alato strafigo sarà un mistero della fede, ma mi hai fatto proprio ridere! ahahaha! xD
u_u
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ReplyDeleteio mi chiedo solo perchè capitino sempre e solo tutte a te x°D anche se ammetto che immaginare la scena, tu, e tu nella scena è stato faticoso ma appagante, basterebbe anche solo quello a farmi ridere se non fossi già ubriaca u.u ma una cosa è confermata: la classe non è acqua brò! ti amo, nnuit
Beh, innanzitutto sentite condoglianze per il tragico evento, non ti preoccupare, capita anche nelle migliori famiglie.
ReplyDeleteHo più o meno soffocato dal ridere riguardo la descrizione del bacio dell'anello e dell'atteggiamento in chiesa (posso concedermi una faccina emo? XD )
Una diabolicità da dieci e lode rubare la scena al cugino sposo di dio (era per quello il riso? che tristezza) e soprattuto per la frase sulla retta via, ahahaah, quella è stata grandiosa.
Nuovamente condoglianze per due giorni così...così..così bigotti.