Ad essere sincero, non sono mai stato un grandissimo videogiocatore. Voglio dire, sin da ragazzino ci passavo su le ore e mi ci diverto un mondo, ma non sono mai stato particolarmente bravo. Come un po’ in tutte le cose che faccio, svolazzo su un livello di dignitosa mediocrità che mi permette di riuscirci e anche divertirmi, ma rimanendo ben al di sotto della gente davvero brava – come ad esempio Roberto e Vasco, i miei migliori amici delle elementari che puntualmente finivano tutti i giochi prima di me.
Del resto, fatta eccezione per Luigi’s Mansion (dove c’è poco da non finire) e i Pokémon, dei quali, finché ho giocato, ho completato almeno un gioco per generazione (gli altri erano il serbatoio per completare quello), da bambino e adolescente non ho mai finito un videogioco. Ok, non so quanto si possano considerare Yoshi’s Story e Final Fantasy VIII: del primo ho sbloccato tutti i livelli, ma ho raccolto il punteggio massimo solo in pochi; il secondo l’ho finito in lungo e in largo, ho svolto tutte le trame e sottotrame, parlato con chiunque, visitato ogni location, ma non ho mai sconfitto l’Omega Weapon. Me l’ero lasciata sulla lista delle cose da fare quando ci giocavo su pc nel 2009-2010, ma poi il computer ha reso l’anima, quello successivo pure, ho tirato a campare finché ho potuto con loro che si bloccavano con nulla (figurati mettere su un gioco) e poi ho preso il Mac, su cui dei dischi per Windows risalenti agli Anni Novanta non girano proprio.
Ebbene, due anni fa, durante le vacanze, ho finito Super Mario 64 per la prima volta. Esatto, il Super Mario del 1996 (e ok, io l’ho avuto nel 1999, ma la sostanza non cambia): nel mio file storico, quello che iniziai da bambino, avevo sconfitto Bowser e tutto, ma ero bloccato a 119 stelle su 120, senza capire dove fosse l’ultima. Avevo iniziato altri salvataggi nel corso degli anni, ma li avevo sempre abbandonati dopo un po’, fino a che non ne ho iniziato e portato avanti uno con ordine e metodo – non andavo avanti ai mondi successivi fino a che non avevo fatto tutto in quello attuale – e ho scoperto casualmente la stella che mi mancava (e per “casualmente” intendo una caduta in cui pensavo di schiattare, e invece). Ammetto che il file A l’ho completato più per puntiglio che per altro: quel 119 mi ha sempre dato un fastidio immenso (ero convinto di aver saltato un Toad e che una volta sbloccato il livello successivo non mi desse più la stella), perché in quel salvataggio c’è molto di non mio: alcune delle stelle più difficili, che nei salvataggi successivi sono riuscito a prendere, le avevano ottenute Roberto e Vasco quando ci trovavamo per passare i pomeriggi tutti insieme incollati allo schermo e col controller in mano. Perché, appunto, erano troppo per il mediocre me-videogiocatore di dieci anni.
Fra ieri e oggi ho invece finito Super Mario Sunshine (questo qui dopo solo dieci anni). Qui lo ammetto: è stata una questione di pigrizia. Il file A l’avevo abbandonato a 112 soli custodi e ne avevo iniziati altri nel frattempo, ma per mancanza di ordine e metodo non sono mai andato fino in fondo. A inizio mese ho deciso di mettermi sotto e farmene uno da cima a fondo, stavolta con ordine e metodo. In realtà, nell’A dovevo prendere solo qualche sole custode segreto sparso qua e là e raccogliere tutte le monete blu, per cui, una volta finito il C ieri notte, oggi mi sono messo d’impegno e ho finito anche quello storico, sempre per non lasciare le cose in sospeso (e che lavoraccio ricordarmi quali monete blu avessi già preso e quali no in ogni livello dopo anni). Non che questo mi renda improvvisamente un videogiocatore di talento, ma sono piccole soddisfazioni che volevo togliermi da quando ero piccolo. E, forse, in fondo non è mai troppo tardi per farlo. Dovrei ricordarlo in molte altre cose che non riesco a finire per paura che ormai sia troppo tardi.
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