Saturday, 3 March 2018

Esercizi di cucina


Oggi ho provato a fare i biscotti. Primissima volta nella mia vita: ho sempre pensato che gli impasti – tutti gli impasti – fossero cose da professionisti, al di là della mia portata.
A convincermi è stata Katia, che aveva trovato (e provato) una ricetta non troppo complicata, con la promessa di assistermi passo per passo via Skype, come aveva fatto la prima volta che ho provato a replicare la cheesecake che avevamo preparato semi-insieme a casa sua (“semi” perché ero cotto dal sonno, dall’alcool, dalla maratona di Vinci e dall’ansia per il volo della mattina dopo; lei ha fatto il grosso, io ho fatto la cheerleader).
La cosa interessante è come mi ha convinto a farli: mi ha praticamente messo un ultimatum dicendomi di scegliere un giorno. ^_^ E per non farmi inventare una scusa e far saltare tutto, mi ha detto che avrebbe rimandato la preparazione di vari cibi al pomeriggio, invece che la mattina come fa di solito, per farmi compagnia. ^_^
Perché Katia non è né stupida, né ingenua: secondo me sa benissimo che tutte le ricette che mi passa finiscono in una cartella sul mio computer perché sono belle e interessanti e mi fanno ipersalivare ma, sebbene in teoria mi entusiasmino, non le proverò mai perché ho paura che mi escano men che perfette. Al primo tentativo. Perché se il primo tentativo con una ricetta con cui ho zero familiarità non produce risultati stellari, sono io che sono un fallito.
Immaginate la mia testa stile sala di controllo di Inside Out, ma con i giudici di MasterChef Italia in una giornata no al posto delle emozioni.
Ah, e comunque il ^_^ l’ho intuito dal tono della tua voce, Katia: ammettilo, era lì.

Long story short, ho ripescato i frammenti di guscio d’uovo dalla ciotola (infilandoci le dita di cattiveria, e sticazzi il mio schifo delle cose viscide), poi i semi del limone, ho scoperto che i limoni è meglio prima grattugiarli e poi spremerli, ho impiegato un secolo a grattugiare pure quello non spremuto ma, a parte questo, l’impasto è uscito inaspettatamente buono. Davvero, sia come sapore sia come consistenza. Il mio primo impasto. Né troppo dolce, né troppo acido per il limone, soffice e friabile come da ricetta, senza che asciugasse la bocca o si potesse usare per battere i chiodi. In qualche modo ho dosato bene gli ingredienti, ho lavorato la pasta al punto giusto, ho lasciato lievitare il tanto che bastava, nessuno mi ha spostato il panetto dal frigorifero all’abbattitore causando l’eliminazione della povera Manuela e fatto delle belle porzioni uniformi.
Ma poi il forno mi ha completamente fregato: la parte di sopra dei biscotti è cotta perfettamente, ma i fondi sono usciti neri. Non bruciacchiati, proprio neri.

Ed eccomi qui: sto lottando con me stesso per considerarlo un successo all’80% invece che un fallimento e basta. La ricetta l’ho imbroccata bene, la lavorazione ha prodotto dei risultati che non mi sarei mai aspettato, ma ho sbagliato un passaggio. Uno che comunque ha compromesso solo parte del lavoro – tagliando via una base, due terzi di ogni biscotto sono mangiabili e anche buoni. Ma è così che sono fatto: sono pessimo a riconoscere ciò che faccio bene e mi concentro su ciò che sbaglio gonfiandolo a dismisura.
Ma stavolta non ci sto. Stavolta non voglio solo riconoscere questo mio difetto a parole, mi sto impegnando attivamente per contenerlo. Perché la Mater mi ha poi detto che il forno non è molto affidabile sulle temperature; e da quell’errore ho imparato che, con la cucina a gas, è meglio mettere questo genere di preparati più sopra della metà del forno, in modo che la fiamma sia lontana e sia l’aria calda a cuocerli. E soprattutto perché ho passato un bel pomeriggio.
Cucinare mi piace; mi rilassa, mi fa sentire produttivo, mi rende orgoglioso dei risultati che, nel mio piccolo, riesco a conseguire. Una volta che la teglia era pronta per il forno, la prima cosa che Katia ha notato nonostante i lag della webcam è stata la mia espressione soddisfatta e orgogliosa, una cosa che ho raramente. E in effetti, dovrei essere orgoglioso non solo della parte di lavoro che mi è venuta bene, ma già del fatto di essermi convinto a superare la paura di non saper fare a priori un impasto e di rovinarlo in forno. Ci ho provato e ci sono quasi riuscito. La mia paura degli insuccessi spesso mi paralizza in partenza e, stavolta, ho deciso di non ascoltarla.
Ed è una battaglia che sto vincendo: invece che convincermi di essere un fallito che non sa nemmeno fare i biscotti (perfetti al primo tentativo) e abbandonare l’impresa, ho intenzione di riprovare appena li finisco: ripetere (e magari perfezionare) ciò che ho già azzeccato, imparare dall’errore che ho fatto per evitarlo e non compromettere il lavoro.
Magari un po’ mi secca che la cheesecake mi sia uscita perfetta al primo tentativo mentre qui debba passare per il secondo, ma anche questo è un ottimo esercizio: per ottenere dei buoni risultati serve allenamento, non devo pretendere da me stesso di essere nato imparato.

E comunque, grattando via il fondo, quei biscotti spaccano.

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