Thursday 14 June 2018

Storm the sorrow

Believe yourself and look away from all that’s right within you,
Leave all your worries at the door and drift away.
I’ve tried to peer into the core, but could not storm the sorrow.
My hollow heart has bled me dry, left me to stray.

Uno dei lati negativi di pretendere da se stessi tutto e subito è che non mi riconosco il diritto di elaborare il lutto – anche lutto in senso lato. Fosse per me, non importa cosa succede, dovrei essere in grado di continuare come se nulla fosse, dopo un momento, massimo due di raccoglimento. Processare un avvenimento richiede del tempo, quindi dovrei semplicemente prenderne atto come se non mi toccasse affatto.
Nessuna sorpresa, quindi, se finisco per farmi travolgere dalle cose: dato che subire un colpo senza conseguenze è irrealistico, il meglio che riesco a fare è reprimere i miei stati d’animo finché poi non esplodono col doppio della distruttività.

Martedì notte mi è morto l’iPod. Dopo nove anni di servizio ininterrotto, botte, cadute, caldo, freddo, bora, afa, ha ceduto a una tempesta tropicale, una bomba d’acqua che mi ha fatto tornare a casa letteralmente fradicio fino alle mutande e con le braccia piene di lividi per la grandine. E sì, dalla tasca l’avevo spostato nella borsa, ma pure quella era ancora fradicia fino al giorno dopo, c’era poco da fare.
E non era un iPod qualsiasi: era il Classic da 160 GB, fuori produzione da tempo immemore. Adesso la Apple produce ancora solo il Touch, che costa uno sproposito per un sacco di servizi di cui non mi frega nulla e l’80% della capienza. La mia unica speranza sembra essere eBay, ma vai a trovare un venditore affidabile, con un prezzo umano, e che spedisca in tempi utili, prima che debba scendere giù. Che poi, che faccio? Aspetto e lo mando direttamente lì? Mi sbrigo e lo faccio arrivare qui, per affrontare serenamente il viaggio a Vinci? Che casino.

Il succo è che sono due notti che non dormo, due giorni che ho attacchi di panico prima di uscire di casa, e quando lo faccio rientro il prima possibile. Ma non che in casa vada molto meglio: rientro per ascoltare musica e non riesco a farlo perché qualsiasi canzone mi ricorda immediatamente la perdita che ho subito.
E ovviamente mi arrabbio con me stesso per questo, senza fermarmi a considerare che senza iPod l’intera mia quotidianità è persa: ascolto musica in ogni singolo momento di solitudine; lo tengo in tasca per scandire il tempo mentre pulisco o lavo i piatti; ci gioco a Klondike quando vado in bagno; e soprattutto, sincronizzandolo con iTunes tengo il counter della libreria in ordine e parallelo agli scrobble di last.fm, qualcosa che non potrei fare con un qualche lettore mp3 random.
Ho perso dall’oggi al domani nove anni di routine e mi aspetto di uscirne indenne, non perderci notti di sonno e non sentirmi smarrito nel quotidiano: che mostro mi sono convinto di essere?

Ma no, invece che affrontare apertamente i miei sentimenti ed elaborare il lutto, cosa faccio? Mi colpevolizzo per cose o non dipendono affatto da me, o lo fanno in maniera marginale perché non posso prevedere il futuro e non ho certe competenze tecniche. Se solo non fossi uscito quella sera. Se avessi fatto un giro meno lungo invece che andare a prendere le palestre del porto. Se avessi previsto l’intensità del temporale. Se non avessi avuto la seduta dallo psichiatra e fossi uscito il pomeriggio invece che la sera. Se non fossi andato, prima di cena, a scattare la foto del portone con l’uva, non avessi perso tempo a editarla e fossi uscito e, quindi, rientrato prima. Se avessi aspettato che l’iPod si asciugasse prima di provare ad accenderlo e collegarlo alla corrente, cosa che gli ha probabilmente dato il colpo di grazia.

Se, se, se, e come al solito è toccato a Katia raccogliermi col cucchiaino – e suggerirmi di metterlo nel riso perché assorbe l’umido da dentro. Giuro che ero convinto che fosse una leggenda metropolitana nata con la battuta razzista sui cinesi che arrivano nottetempo per mangiarlo e, già che ci sono, riparano l’apparecchio.

Non so cosa fare della mia vita adesso. Giuro, mi sento completamente paralizzato. Ma se non altro so che dovrei affrontare il marasma che ho dentro invece che far finta di nulla, lasciarlo marcire e implodere con lui. Forse una volta che avrò elaborato il lutto riuscirò anche a trovare una soluzione attuabile a un problema che, in questo momento, mi sembra insormontabile.

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