Monday 23 August 2021

Red Nostalgic Hood

Stasera ho guardato Red Riding Hood, il film del 2011 con Amanda Seyfried, per la prima volta. Con solo dieci anni di ritardo, ma in compenso l’ho fatto (senza nemmeno pensarci, sulle prime) durante una notte di luna piena, come ulteriore bonus. Per essere un film col punteggio del 10% su Rotten Tomatoes, mi ha lasciato con un mucchio di pensieri in testa e sensazioni nel petto che sento la necessità di dipanare scrivendoci un po’ sopra.


Probabilmente è perché, come film, è moltissimo figlio del suo tempo. Nei primi Anni Dieci le versioni “adulte” e gotiche delle fiabe classiche andavano fortissimo: pochi mesi dopo Red Riding Hood iniziava la messa in onda della prima, gloriosa, bellissima stagione di Once Upon A Time; l’anno successivo uscivano ben due film su Biancaneve, l’ottimo Mirror Mirror e il pessimo Snow White And The Huntsman; Maleficent, che uscì tre anni dopo, era già in produzione, e… un momento. Per qualche strano motivo ho le idee molto confuse sulla timeline di quel periodo – in che senso il film di Twilight era uscito tre anni prima e per allora eravamo già a Breaking Dawn?
Beh, dicevo, ho odiato con passione Alice In Wonderland di Tim Burton quando l’ho visto (anche lui postumo) qualche anno fa ma, pur essendo un film tremendo che ha fatto un pessimo lavoro nel rendere “adulta” la storia originale, è uscito nel 2010 e devo quindi probabilmente rendergli atto di aver fatto da apripista a questo filone.
Side note, credo che la mia confusione temporale dipenda dal fatto che nella mia testa il 2006 è la fine del decennio precedente mentre il 2008 è già nella nuova decade, probabilmente perché è stato l’anno in cui mi sono trasferito a Trieste ed è quindi stato un momento di passaggio per me. Per questo ho sempre l’impressione (sbagliata) che ciò che è successo intorno a quell’anno sia successo molto dopo. Ma divago.

Dicevo, quindi, che il film è, almeno tematicamente, una capsula del tempo di quel periodo che, come ho già scritto di recente, mi è molto caro. Fra l’altro, questo film in particolare va a toccare una corda specifica della mia nostalgia, perché l’episodio con cui mi sono appassionato a Once Upon A Time è stato proprio Red-Handed, che Deborah stava guardando mentre trascorrevo il pomeriggio con lei uno dei week end che ero andato a Milano. Un po’ me lo immaginavo, un po’ ho avuto la conferma stasera, ma Red-Handed è stato praticamente ricalcato da questo film, dettaglio più dettaglio meno, con considerevoli modifiche al plot twist finale. Ma a prescindere, mi è piaciuto così tanto che mi ha fatto innamorare della mia prima serie dai tempi di Charmed, ed è stato poi facendo leva su Once Upon A Time che Katia mi ha introdotto all’intero mondo delle serie TV.

A proposito di Katia, ho scoperto che ama molto questo film per gli stessi motivi per cui è piaciuto a me – su cui tornerò dopo, però, perché al momento c’è altro da eviscerare.
La curiosità di guardarlo mi era salita l’anno scorso quando, sulla scia di Dark, avevo iniziato ad ascoltare Fever Ray, che ha scritto una canzone, The Wolf, specificamente per questo film (oltre ad aver concesso la magnifica Keep The Streets Empty For Me). Però il seme dell’interesse era stato piantato molto, molto prima.
Un’immagine che associo vividamente a questo film è un assolato pomeriggio a casa di Mariolina, nella sua cucina, nel 2012. Ricordo che si stava zappingando in TV e di aver visto una scena di Red Riding Hood, da qualche parte nel mezzo, ma le avevo chiesto di cambiare perché mi aveva colpito e volevo guardarlo dall’inizio senza spoiler. Poi me ne sono dimenticato, ma il punto è un altro: sono quasi sicuro che, delle due volte che ero andato a trovarla quell’anno, fosse in autunno perché faceva abbastanza fresco da stare in piedi. Quindi era la volta in cui lei mi aveva convinto a iscrivermi a Fatum Heredis e avevo creato il mio PG, Florian, decidendo di farlo ibrido vampiro con prestavolto Ben Barnes invece che half-veela con Chris Colfer. E oh boy, le ramificazioni positive di quella scelta.
Forse è anche per questo, perché mi è tornato in mente quell’episodio, che il film “è rimasto con me” dopo che l’ho visto.
 
Per quanto riguarda il film in sé, una volta fatto pace con i personaggi un po’ sottili, alcuni dialoghi un po’ scontati e una storia che avrebbe potuto avere uno sviluppo più profondo, ha delle estetiche davvero magnifiche, una cinematografia davvero bella e delle atmosfere di grande effetto. E questa è una cosa che apprezzo, tanto da soprassedere su altri difetti, che comunque qui non sono esagerati. Il mistero su chi fosse il lupo mi ha genuinamente tenuto inchiodato, forse in parte per il confronto inconscio con Red-Handed che mi ha fatto trascurare eventuali indizi (ero convinto che qui il lupo fosse Peter, visto che era il depistaggio su Once Upon A Time).
Oltretutto, l’ho trovato nettamente superiore sia a Alice In Whateverland e Maleficent, sia a Bellaswan e il CacciaThòr. Forse perché, nel suo voler dare un tono più adulto e gotico alla fiaba, almeno non tenta di darsi troppa importanza. La storia ha un’estensione modesta, copre un piccolo villaggio e i suoi piccoli drammi, e i personaggi riescono a trasportarla bene; per contro, i ritagli di carta velina che popolano gli altri tre film rimangono del tutto schiacciati sotto il peso di profezie, guerre epiche, macchinazioni politiche e destini di interi mondi. Bellaswan e il CacciaThòr, in particolare, è un ottimo termine di paragone perché, in teoria, anche quello è un film che si regge su delle belle estetiche (per quanto riciclate da destra, manca e centro); solo che anche quelle fanno parte del suo sforzo di darsi più importanza del necessario, di darsi un tono epico e grandioso, e finiscono quindi per evidenziare ancora di più quanto labile sia la storia, inconsistenti i personaggi e sprecata Charleze Theron, invece che risultare godibili a prescindere da tutto quello.
Red Riding Hood è invece come Mirror Mirror: un film che, pur non privo di difetti, comprende la semplicità archetipica della sua fonte, trova un modo personale di reinterpretarla e inserisce elementi che la rendono più interessante di una semplice fiaba per l’infanzia, ma senza aggiungere pesantezza non necessaria. E poi, presenta il tutto in una confezione visiva davvero magistrale che fa gustare ogni singolo fotogramma dall’inizio alla fine, con in più una colonna sonora davvero bella.

Se proprio devo trovarle una pecca, Red Riding Hood è una di quelle storie che avrebbe beneficiato tanto dal finire in One True Threesome: Valerie aveva chimica sia con Peter che con Henry, e Peter e Henry avevano ancora più chimica tra di loro. Per cui accetto il mio nuovo headcanon che Henry sia tornato dalle sue imprese e sia andato a vivere con loro nella casetta del bosco con la magnifica scala intagliata in un unico tronco d’albero, in tre in un letto con scambio generale di effusioni.
In fondo, non che io mi stia riaffacciando nel tunnel delle fanfiction or anything. O che, nove anni dopo, mi sia tornata la voglia di realizzare qualcuna di quelle serie fotografiche / simil-editoriali a tema “Fiabe contemporanee” che stavo concettualizzando i primi tempi in cui guardavo Once Upon A Time.
 
Ho decisamente nostalgia dell’inizio dello scorso decennio.

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