Thursday 18 February 2010

House of Flying Daggers

So che suona decisamente strano scritto da me, ma ho visto un film che mi è piaciuto. E no, non mi sto riferendo al pluricelebrato Avatar, ma all’ormai datato House of Flying Daggers, che per qualche ragione non meglio identificata i nostri traduttori hanno intitolato in italiano La Foresta dei Pugnali Volanti (dove la foresta, a differenza della house, non ci azzecca poi molto).
Che io mi decida a trascorrere due ore della mia vita davanti a uno schermo senza interagire è un evento piuttosto raro, in questo caso derivante unicamente dal fatto che trovandomi a Torino per il concerto di Emilie Autumn ospite di BriarRose, le abbia detto che ho un vistoso debole per Lovers, il tema principale della colonna sonora del film. Così, tempo dieci minuti e ci siamo messi a vederlo, mentre lei, impegnata con ago e filo, dava gli ultimi ritocchi al corpetto per il concerto di Emilie Autumn di stasera.
Che definisca buono ciò che mi sfila davanti agli occhi, poi, è ancora più raro, data la scarsissima considerazione che ho della pseudo-arte cinematografica. Eppure, questo film mi ha colpito.
Diciamocelo, le sue pecche le ha tutte: a partire da un intreccio che è il più banale, trito e ritrito concepibile (triangolo meets a letto col nemico), continuando con i personaggi assurdamente agili e forti, molti effetti speciali pacchiani e improbabili come le stoffe prensili che ti acchiappano la spada, i pugnali volanti stile cerchio di Xena che prima di colpire il nemico fanno un volo tale che hanno il tempo di pulirti casa e portarti la spesa, i combattimenti sugli alberi di bambù con soldati che spuntano da tutte le parti possibili e immaginabili... Mei che rovina puntualmente ogni singola scena romantica scattando su al grido di “ci sono i soldati!”. Sì, da questo punto di vista può sollevare molte perplessità.
Ciò nonostante, ha un pregio tale da compensare tutto ciò: un’estetica squisita. Sbilanciandomi nel fare un paragone, direi che questo film potrebbe essere un equivalente cinematografico di À Rebours, in cui la forma della narrazione riesce a valorizzare la non-trama. E questo film un vero piacere per gli occhi lo è eccome, ad iniziare dalla radiosa bellezza di due dei tre protagonisti, continuando con magnifiche stoffe utilizzate, gli scenari magnifici sia per gli interni che gli esterni e gli effetti visivi impressionanti (laddove non sono eccessivi).
Ma ciò che colpisce davvero di questo film è l’uso magistrale dei colori. Ogni scena ha il suo colore-tema che la caratterizza, unico e che non si ripete praticamente mai e le dona una propria atmosfera, ispirati alla teoria del Wu Xing: nero per l’acqua, verde o blu per il legno, rosso per il fuoco, giallo per la terra e bianco per il metallo. A parte che, ad esempio, nella scena della foresta (legno) il colore era stato caricato tanto da aver reso verde perfino il nero, quest’effetto enfatizza in maniera spettacolare le atmosfere, i sentimenti e le azioni dei protagonisti, incantando lo spettatore (beh, almeno quelli dotati di cervello) e completando l’insieme.
Poi magari dipenderà anche dal fatto che ultimamente sono molto in vena di atmosfere orientali (infatti vorrei anche comprare qualche vestito orientaleggiante, giusto per aggiunger qualcosa di diverso al mio guardaroba), ma ribadisco che è un film che mi è piaciuto molto. E per piacere a me ce ne vuole.

2 comments:

  1. o.o allora non ce l ho solo io la fisima di comprarmi un furisode o uno yukata!!
    Ne ho addocchiato uno su ebay che è stupendo, devono solo rientrarmi dei soldini per averlo addosso.



    P.S.: meglio la tigre e il dragone, sarà pure la solita storia d amore "andata storta", però almeno parlano di tai chi...

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  2. Direi di no, cara, ma forse siamo davvero casi patologici. XD
    Se non fossi naturalmente allergico ai film magari potrei provarlo a vedere... Chissà. XD

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