La prima volta che sono stato a Torino fu nel 2005, come ultima tappa del viaggio di ritorno da Parigi. Di quella visita ricordo solo i portici e i negozietti, dato che pioveva e, con alle spalle una scolaresca, i professori e Giovanni attaccato al telefono con la sua allora ragazza, girare era fuori discussione. Come impressione è stata pressoché nulla, cosa normale per le gite scolastiche, anche perché alla fine io e Giovanni ci siamo trovati in ritardo per l’appuntamento al pullman e con le scarpe fradice per la pioggia e la sgridata ha rovinato tutto.
Il mio secondo contatto con Torino è stata una canzone dei Subsonica in un contesto particolare. Il Cielo Su Torino, il ragazzo torinese, e nove mesi di relazione che hanno fatto sì che ambientassi il mio racconto proprio in quella città anche prima di scoprire tutti gli intrallazzi magici che vi erano legati e che mi torneranno molto utili con lo svolgersi della trama.
Il mio secondo contatto con Torino è stata una canzone dei Subsonica in un contesto particolare. Il Cielo Su Torino, il ragazzo torinese, e nove mesi di relazione che hanno fatto sì che ambientassi il mio racconto proprio in quella città anche prima di scoprire tutti gli intrallazzi magici che vi erano legati e che mi torneranno molto utili con lo svolgersi della trama.
Eppure, è stato solo al terzo tentativo che finalmente ho fatto realmente conoscenza con Torino. Perché ogni città, per conoscerla, bisogna viverla. Magari anche girando per i luoghi da cartolina, ma vivendoli appieno, non solo visitandoli come fanno i turisti. E in questi giorni grazie a BriarRose sono riuscito a vivere almeno qualche momento di questa città, guardandola con gli occhi di chi più volte vi si è mosso con la mente, ascoltandola con le orecchie di chi vi ha immaginato delle voci, odorandola col naso di chi sa che ci sono altri profumi nascosti, assaporandola con le labbra di chi ha ambientato baci sotto i suoi portici, toccandola con mani che hanno scritto pagine e pagine su di lei.
Finalmente ho potuto conoscere in prima persona i luoghi in cui i protagonisti di Lotus vivono, camminano, amano, uccidono e ascoltano musica, dai portici di Porta Nuova alla fontana di Piazza Statuto, da Via Garibaldi al Palazzo Madama, fino ad arrivare al parcheggio di Via XX Settembre dove Dorian posteggia l’auto una sera. E il tutto è stato merito di BriarRose, che ha assecondato le mie manie di scrittore infervorato.
Il nostro Giro di Torino è iniziato giovedì mattina prima del concerto: abbiamo raggiunto Yue, il ragazzo di BriarRose, a Porta Susa, da dove ci siamo poi diretti in Piazza Statuto, il culmine della Magia Negativa, che volevo assolutamente visitare per vedere la statua di Lucifero. Posso dire di essere stato più che accontentato: il Principe dei Demoni, come ritratto sulla fontana, con la sua stella rovesciata sulla fronte, è di una bellezza radiosa, di quelle che ti fanno sospirare e chiederti perché mai debba essere di bronzo (specie perché ha due glutei scultorei, se mi si passa l’ironia). Ci ho girato intorno per un bel po’, cercando di scattare foto da tutte le angolazioni che la luce mi permetteva, prima di continuare finalmente verso Via Garibaldi, fino a Piazza Castello, culmine della neutralità, dove ho avuto il (dis)piacere di ammirare l’obbrobrio Neoclassico che hanno appioppato come facciata al castello medievale, oltre a Castore e Polluce a guardia del Palazzo Reale. A questo proposito, si dice che Palazzo Madama si chiami così perché la Madama vi sarebbe morta ed ora il suo fantasma infesterebbe il palazzo. Beh, sfido io a rimanere in vita di fronte a quello scempio in marmo infilato nei mattoni rossi, chiunque morirebbe d’indignazione!
Ad ogni modo, il giro è praticamente finito lì causa concerto, dato che dovevamo ancora prepararci: lungo la via del ritorno siamo passati ancora in Piazza San Carlo, il salotto di Torino, e davanti a Porta Nuova, con la sua magnifica facciata in Stile Liberty, ma poi dritti sul tram e a casa.
Ieri pomeriggio, invece, la pioggia ci ha costretti a casa, e ne abbiamo approfittato per scattare qualche foto in interno, una per la serie dei Signori dell’Inferno e le altre ispirate ad Emilie Autumn. La sera, invece, siamo usciti a mangiare in centro in un grazioso ristorante cinese, approfittandone poi per fare un giro per la Torino Notturna: siamo tornati a Piazza Castello per poi proseguire sotto i portici di Via Po verso la parte positiva della città. In breve, siamo arrivati davanti alla chiesa della Grande Madre, culmine dell’energia positiva, dove ho scattato qualche foto notturna, per poi tornare indietro e concludere la visita, dopo una capatina intorno alla Mole Antonelliana e le sue bellissime stelline in facciata (e fortunatamente senza quegli obbrobriosi numeri luminosi) ed una tappa d’obbligo al Grom, mitica gelateria delle meraviglie (che per mia fortuna ha aperto anche a Trieste, dato che serve dei gelati squisiti!), con il magnifico Palazzo Carignano (che di notte fa un effetto spettacolare), il Museo Egizio visto dall’esterno.
Oggi, invece, è spuntato il sole e ci siamo preparati per il tanto atteso set fotografico al Parco del Valentino, pluricelebrato anche nel mio racconto. Con gran calma abbiamo visitato il Borgo Medievale, fermandoci in ogni punto che ritenessimo adatto come set fotografico, e siamo giunti fino al Giardino Roccioso, per poi continuare lungo Viale Virgilio, ormai dimentichi delle foto e presi nella nostra passeggiatina vittoriana a braccetto con tanto di parasole. La cosa divertente è che durante tutto il tempo che abbiamo trascorso al Valentino, BriarRose ed io abbiamo parlato simulando un parodistico accento aristocratico con tanto di erre moscia, per far risaltare la quale sceglievamo con grande cura tutte quelle parole che contenessero quante più erre possibile, col risultato che “ci piace” è diventato “lo Viteniamo gVadevole”, “mio dio” “nostVo cVeatoVe” e così via, in una spiVale di cVescente stVambeVia duVante la quale eVavamo costVetti a feVmaVe il discoVso con estVema fVequenza peV tVovaVe paVole sempVe alteVnative che pVesentasseVo la eVVe.
Deciso di comune accordo di abbandonare la parlantina snob all’uscita del parco (con scaVsi Visultati, poveVi noialtVi), abbiamo deciso di fare qualche giro per negozi, fra dark e vintage, col risultato che ho comprato un delizioso basco blu scuro a dieci euro in un negozio dell’usato ed una cravatta sottile, come piacciono a me, da Inferno, un negozio gothic. Altra tappa al Grom per assaporare il gusto del mese che ci eravamo fatti sfuggire la sera prima (cioccolato con scorze di agrumi candite), passando però per la Galleria San Federico (e io le Gallerie le adoro tutte, sono così splendidamente Art Nouveau!).
E questo è suppergiù tutto. Purtroppo non ho avuto modo di visitare tutti i luoghi che m’interessavano, ma questo è nient’altro che il pegno di un’altra capatina, prima o poi.
Fra le stranezze da segnalare c’è che a Piazza Statuto ero tutto esaltato e allegro (indipendentemente dai bei glutei di Lucifero), mentre durante la visita alla Gran Madre mi sentivo estremamente nervoso e a disagio, tanto che saltavo ad ogni minimo movimento ai lati del mio campo visivo e avevo addirittura una mezza angina al petto. Che sia la conferma che sono totalmente negativo? Mah, neanche ne servissero altre.
Oh,immaginarsi due persone che passeggiano pavlando in quel modo e cevcando pavole che contengano la evve è fantastico,sai? *.*
ReplyDeleteNon posso darti torto! E presto pubblicherò qualche foto di Briar quel pomeriggio, così ti fai un'idea del look. ;P
ReplyDeleteImmagino.. XD
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