Wednesday 20 November 2013

Incubi ricorrenti

Ultimamente mi sono reso conto di avere due incubi ricorrenti.

Il primo non è proprio un incubo, quanto un luogo ricorrente: è la casa della Ziaccia. Di volta in volta succedono cose diverse, come la gravidanza di Veronica o il cavolo che stava succedendo qui, o molte altre. Ma c’è una costante: non c’è mai via di fuga. Tutte le porte sono chiuse, tutte le finestre sono sbarrate, con gli scuri chiusi o le tapparelle abbassate. Da fuori non proviene mai nessuna luce, che è sempre affidata al lampadario del soggiorno, con uno di quei neon dal colore vagamente verdastro. Di solito anche il corridoio è buio e illuminato solo dalla luce che proviene dall’altra stanza.
Questo sogno è tutto sommato poco sorprendente: il brutto neon freddo è l’illuminazione che la casa ha nella realtà, mentre il fatto che sogni di essere praticamente intrappolato lì dipende dal fatto che ogni volta ci sto controvoglia e non vedo l’ora di andarmene al più presto. Ho dei ricordi molto brutti associati a quel posto, quindi penso sia normale che nei miei sogni è oscuro e senza via d’uscita. Chissà che un giorno sogni di trovare una chiave o di aprire quel portone.

Il secondo dei miei incubi ricorrenti è, per certi versi, molto più angosciante. È illuminatissimo, le finestre sono tutte aperte, ma il senso d’oppressione è perfino più intenso.
Mi trovo, infatti, nell’aula dove ho fatto gli ultimi anni del liceo nonostante sappia benissimo di essermi diplomato anni fa. Davanti a me c’è la professoressa di matematica che mi annuncia la bella notizia: una nuova circolare ministeriale retroattiva ha fatto sì che tutti i voti fossero ricalcolati con media matematica e, di conseguenza, mi sono ritrovato il debito in matematica al secondo anno (l’ho davvero rischiato, sono uscito con una sufficienza tiratissima). Sempre secondo la stessa circolare ministeriale, devo passare un esame riparativo il giorno stesso, altrimenti mi verrà revocato il diploma e dovrò rifare il liceo a partire dal secondo anno. E ovviamente, visto che sono passati anni, io non ricordo nulla. Non so nulla, è da troppo che non studio quelle cose e non vado a scuola!
E per quanto la implori, per quanto le dica che può anche abbuonarmi uno di quei vecchi compiti in classe perché sono passati tanti anni e comunque non studio nulla di matematico all’università, non la metterò mai in imbarazzo, lei resta irremovibile, o al massimo mi dice con compassione che non può farci nulla: devo fare l’esame.
Di solito ci sono anche vari miei compagni, e non so mai se anche loro devono fare l’esame o se sono lì solo per assistere alla mia umiliazione. Una volta dovevano sì fare l’esame, ma solo per colpa mia, perché tutti avevano passato l’anno senza debiti. Di solito, le uniche assenti sono Beatrice e Federica, gli unici volti amichevoli in quel viperaio.
Una piccola, occasionale variazione sul tema è che, semplicemente, torno a scuola dopo mesi di assenza e non ricordo più nulla: non so fin dove siano arrivati nel frattempo i miei compagni, cosa ci fosse da studiare per quel giorno, che compiti ci fossero da fare, e non posso nemmeno giustificarmi perché so che non c’era nulla che mi trattenesse dal frequentare e sono io che non mi sono preoccupato di mettermi in pari almeno per le lezioni di quel giorno.

Ora, chiaramente non mi sono ancora lasciato alle spalle il trauma del liceo, specie il rapporto non proprio ottimo con i miei compagni di classe. Ma continuare a sognare a distanza di cinque anni quella dannata stanza, quelle piastrelle bianche con finto motivo graffiato color avorio che le faceva sembrare perennemente sporche, quei muri di cartongesso, quei finestroni con i telai rossi che surriscaldavano la stanza… beh, inizia a essere ridicolo! Non che mi capiti ogni notte, ma di tanto in tanto il sogno torna, e ogni volta non riesco a rendermi conto del déjà-vu, di esser in un sogno per cambiare rotta.
Vorrei capire come lasciarmi questi dannati incubi alle spalle una volta per tutte.

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