Bon, detto fatto: dopo tutto, un
post del genere fa più figura qui che su Facebook. Prendete qualcosa da
mangiucchiare, saranno due post abnormi data la quantità mastodontica di
uscite.
Dato che le release proprio da buttare e quelle che se la cavicchiano senza lode né infamia sono relativamente poche, le metto tutte assieme e aggiungo anche una lista di non pervenuti e di menzioni d’onore ma fuori concorso perché sono singoli o canzoni randomiche uscite qua e là. Enjoy!
Dato che le release proprio da buttare e quelle che se la cavicchiano senza lode né infamia sono relativamente poche, le metto tutte assieme e aggiungo anche una lista di non pervenuti e di menzioni d’onore ma fuori concorso perché sono singoli o canzoni randomiche uscite qua e là. Enjoy!
Il cassonetto
Symphonies Of The Night – Leaves’ Eyes
Lo ammetto, l’album ha superato le mie bassissime
aspettative, e nel complesso è solo generico e stereotipato, ma non
totalmente brutto. Ha perfino qualche momento godibile che riesce ad
emergere dal mare di cliché tipico dei Leaves’ Eyes. Il problema? Da una
parte, l’orchestrina sintetizzata che fa davvero baraccone di quarta
categoria e va a rovinare anche le canzoni che seguono il trend del
sound orecchiabile à la Delain che sta andando tanto forte in questi
anni; poi c’è un violino assolutamente inascoltabile in più di una
canzone; e infine Liv. Liv è diventata una cosa insopportabile, andrebbe
abbattuta come atto di pietà. Quando usa il suo tono normale è
diventata nasale da far spavento, ma sono solo rari sprazzi in mezzo a
un mare di vibrati slabbrati e ingolamenti nel tentativo di scurire il
timbro. Per la maggior parte sembra che abbia una mela incastrata in
gola e stia cercando di buttarla fuori. Avete presente la gag del pene
incastrato ne La Cosa Più Dolce? Ecco, solo con una fragile
vecchietta al posto di Selma Blair. Tolta lei e le sue lyrics mielose,
l’album potrebbe essere uno dei meno peggio dei Leaves’ Eyes, con delle
canzoni anche ben scritte, ma resta intercambiabile con Njord o
qualsiasi altro, per cui a preferenza, se proprio preso da istinto
masochistico di ascoltare i Leaves’ Eyes, rispolvererei uno di quelli.
Meno peggio: non ricordo nulla di particolarmente salvabile.
Showtime, Storytime – Nightwish
Meno peggio: non ricordo nulla di particolarmente salvabile.
Showtime, Storytime – Nightwish
E
vabbè, sono i Naituiss. Aspettarsi qualcosa di musicalmente
significativo da loro nel 2013 è come sperare che Lindsay Lohan faccia
un buon film fra una pista di coca e un arresto, o che Brooke e Taylor
discutano con valide argomentazioni la dialettica di Hegel mentre si
litigano Ridge in Beautiful. La Pavimenta era chiaramente in una
serata no al karaoke: oltre a cantare mediocremente manca talmente di
interpretazione che sono arrivato a rimpiangere la Tamarrja (per non
dire Anette sui pezzi nuovi, Storytime fa pietà). E la chitarra
soffoca tutto il resto incluse le solite orchestrine preregistrate che
su un album live mi lasciano sempre insoddisfatto. E poi, sul serio? Amaranth? Wish I Had An Angel? Romanticide? Mancano giusto Tutankhamen e Nymphomaniac Fantasia e c’è il peggio del peggio (in cui includo ovviamente la pacchianissima Ghost Love Score, mentre Song Of My Huge Ego And Accordingly Small Dick
gliela abbuono perché è il delirio di onnipotenza più recente ed era
quindi imprescindibile). Oh, complimenti alla Pavimenta, ci vuole
talento per inanellare due release così negative in un solo anno, vedesi
sotto. (Ammetto di averlo scaricato dopo essere inorridito davanti a
qualche spezzone su YouTube solo per poter dire di averlo stroncato a
ragion veduta; cancellato subito dopo).
Meno peggio: il momento in cui finisce.
Meno peggio: il momento in cui finisce.
Wild Card – ReVamp
Quest’album
è proprio brutto, fine della storia. Metal a tutti i costi, caotico nel
songwriting, Floor che non ne azzecca una nonostante tenti di
scimmiottare qualsiasi stile canoro dal growl al falsettone
pseudo-lirico, e nessuna, dico nessuna canzone davvero sufficiente.
L’unica carina, Distorted Lullabies, viene rovinata a metà dalle
immancabili sfuriate tVue che in una semi-ballad come quella suonano
proprio buttate lì tanto per non smentirsi. Da segnalare, se non altro,
un leggero miglioramento delle doti di lyricist di Floor (anche se le
ciofeche che ha scritto in passato, specie Invisible Circles, non sono un gran metro di paragone). Per il resto, proprio no. Zero.
Meno peggio: Distorted Lullabies
Il limbo
Meno peggio: Distorted Lullabies
Il limbo
Loud Like Love – Placebo
Ora, diciamolo: non è un brutto album. Si fa ascoltare, ha dei bei momenti (gli archi di Hold On To Me, per dirne uno), poi A Million Little Pieces e Bosco
sono due piccoli capolavoro… però il resto non sa di niente. Con gli
ascolti migliora, ma di base resta un po’ un tipico album dei Placebo,
che richiama qua e là qualche buon momento del passato, ma senza quel
qualcosa di particolare che lo faccia spiccare dopo Sleeping With Ghosts, Meds o Battle For The Sun.
Sembra un compito che, per quanto indubbiamente ben eseguito, è stato
fatto più per racimolare un voto in più che con vero interesse. Non lo
considero un fallimento, ma nemmeno particolarmente interessante.
Preferite: A Million Pieces, Bosco
Retrospect – Epica
Preferite: A Million Pieces, Bosco
Retrospect – Epica
Buona
performance, buona produzione del suono, la Simona che tira via bene
nonostante la fatica per la lunghezza dello show e la gravidanza. E poi
arriva una tracklist che wtf più grande non si poteva. E va bene, passi Cry For The Moon che senza non si può stare, passi Blank Infinity perché la adoro, passi The Divine Conspiracy che finalmente hanno proposto in una versione ascoltabile. Ma a parte il riciclo dei brani di Miskolc, che sinceramente The Imperial March avrebbe anche rotto le palle, davvero Never Enough? E Quietus? E Twin Flames? E mi lasciano fuori Requiem For The Indifferent, di nuovo Mother Of Light, Avalanche? Ma che palle, Epica!
Preferite: The Phantom Agony versione tamarra finalmente in DVD vince tutto: are you ready for a party?!
Colours In The Dark – Tarja
Preferite: The Phantom Agony versione tamarra finalmente in DVD vince tutto: are you ready for a party?!
Colours In The Dark – Tarja
Sorpresa
sorpresa: a questo giro l’album della Tamarrja è decente. È un po’ la
solita sinfonicata rockettara post-Naituiss e c’è un po’ di
sconclusionatezza qua e là (Liusid Djrimma per dirne una), ma in generale le canzoni offrono una certa varietà e, accanto a episodi davvero brutti come Victim Of Rrrrrrricciual, Niver Inaff e Niverlait, ce ne sono anche alcuni piacevoli (500 Letters, orecchiabile senza essere scontata, e Darkness, che a dispetto del titolo sperimenta parecchio, per gli standard della Tamj), o addirittura pregevoli (Mystique Voyage).
Se non si perdesse in un paio di deliri di onnipotenza di troppo per
essere metal e/o sinfonico a tutti i costi, e soprattutto fosse cantato
decentemente, sarebbe addirittura un bell’album. Peccato che la
performance vocale della Tamarrja sia sempre quella che è, un mattonazzo
di una pesantezza tremenda che si snoda fra un alternarsi di
intubamenti e suoni sguaiati, finti virtuosismi che la fanno sembrare
addirittura stonata, interpretazione inesistente e costellata da tanti
di quegli errori di pronuncia che ho perso il conto a metà della seconda
canzone, per cui la media si abbassa vertiginosamente.
Preferite: Mystique Voyage, Darkness
Alienation – Morning Parade
Preferite: Mystique Voyage, Darkness
Alienation – Morning Parade
Ascoltato
su Soundcloud a 128 kb/s perché la casa discografica lo rende
disponibile solo in UK e USA, non sono proprio riuscito a farmene
un’idea coerente. Ci sono alcuni buoni spunti, ma mi dà ancora un senso
di genericità e anonimato, di rock fatto bene ma come se ne sente molto
in giro. Non saprei nemmeno paragonarlo al debut eponimo della band, ma
di sicuro l’ho trovato inferiore ai singoli pre-album che sono usciti
fino al 2011. Per ora lo mantengo nel limbo, magari una versione a
qualità decente rivelerà qualche sorpresa.
Preferite: non pervenute.
Non pervenuti:
The Circus At The End Of The World – Abney Park: ragazzi, fanno uscire un album all’anno, non riesco a star loro dietro. Ultimamente non sono troppo dell’umore per loro, per cui ascolterò assieme a quello dell’anno scorso nelle prossime settimane dopo che avrò sviscerato Goldfrapp e Kerli, per ora proprio non ce la faccio.
Darkest White – Tristania: purtroppo non ho proprio ancora avuto tempo di ascoltare Rubicon, figurarsi questo. Ah, crazy, busy life.
Avril Lavigne – Avril Lavigne: ho sentito qualcosa ma non ho particolare urgenza di approfondire.
Prism – Katy Perry: se va sulla stessa linea dei singoli ho sinceramente di meglio da fare.
Menzioni d’onore fuori concorso:
Over The Love – Florence + The Machine ; Into The Past – Nero ; Together – The xx ; Back To Black – Beyoncé ; Kill And Run – Sia
Insieme perché sono uscite tutte dalla colonna sonora del Grande Gatsby e sono di una bellezza sconcertante. In generale, l’intera colonna sonora è ricca di ottime canzoni (accanto ovviamente ad altre trascurabili), e perfino Lagna fa una figura quasi decente, ma queste tre sono dei veri e propri capolavori, fine della storia. L’unico appunto è alla Beyonciona, che avrebbe dovuto cantare la canzone da sola, perché Andre 3000 ci azzecca come il goulash col tè delle cinque.
Calling – Dama
EDDAI BARBARA, fallo uscire quest’album! Mi hai messo addosso uno hype che non t’immagini.
E.V.O.L ; Just Desserts ; Electra Heart – Marina & The Diamonds
Per terminate degnamente la Electra Heart era, Santa Marina Evangelista ci ha sganciato la title track, forse non all’altezza del resto dell’album ma sicuramente amabilissima, una E.V.O.L in cui narra il segreto più profondo della vita, e una Just Desserts tutta da dedicare alle queen bitch delle sfrante milanesi.
Why So Lonely – Kari Rueslåtten
Aka la ruffianata dell’anno, ma una che ha funzionato straordinariamente bene. Fare un comeback con un classico della tua primissima band e invitare a suonare un musicista che fa evaporare le mutandine delle cretinette metal (la Tommasina Holopaina, per chi non lo sapesse) richiederebbe una bacchettata sulle mani di Kari, ma visto che il risultato è ottimo, l’arrangiamento davvero pregevole, la performance vocale perfino migliore dell’originale e cazzo, Kari, ti aspettavamo da otto anni, direi che un occhio sul dubbio gusto dell’operazione di marketing lo si può chiudere. E poi dai, non si bacchettano le mani di Kari… se no ci cosparge di benzina e dà fuoco a tutti.
Paradise (What About Us?) ; Dangerous – Within Temptation
Ok, tirare fuori la Tamarrja e farle fare da corista è senza dubbio una mossa commerciale per mettere a tacere i bimbiminkia darkettini che si sono inalberati per le cover, ma quest’anno si è visto di peggio (il tira e molla dei Naituiss con Floor vocalist, per dire?), e considerando che è stata inserita in un contesto musicale fresco e valido si può anche chiudere un occhio. Stranamente, la Tamarrja non è troppo invasiva e fastidiosa, e visto che la canzone è davvero bella – un singolo fresco che reinterpreta la tradizione sinfonica dei WT in chiave moderna – il tutto supera la sufficienza. Dangerous, il secondo singolo, e le tre demo rilasciate con l’EP di Paradise mantengono una linea simile, pur essendo canzoni molto diverse fra loro: i Within Temptation attingono dal passato e lo trasformano in influenze su un sound moderno, che ha saputo anche imparare dall’esperienza delle cover guadagnando eterogeneità. Aspettiamo il disco per sentire le versioni definitive, ma date le premesse ci si può aspettare qualcosa di sensazionale da Hydra.
This Means War – Sleepthief feat. Joanna Stevens
Non il miglior singolo di Sleepthief, né la mia canzone preferita con Joanna, ma è comunque un buon appetiser per l’album, che speriamo non tardi troppo ad uscire. Da Sleepthief è anche arrivata una certa delusione, cioè la mancata traccia natalizia con Phildel, ma confidiamo nel futuro, si sa mai.
A seguire, il piedistallo.
No comments:
Post a Comment