Sunday, 5 January 2020

The Phantom Limb

Truly, madly, deeply, sadly
Dead and gone.
Canvas burning, spark a yearning,
Carry on.

I feel, yet I reach into thin air.
You heal to your heart’s content.

A volte, quando la notte mi alzo per andare in cucina a bere mentre sono qui ad Alghero, mi ritrovo ad allungare la mano verso il divano. Quando Murka era viva, la cercavo delicatamente a tentoni nel buio finché non la trovavo acciambellata: allora le accarezzavo la pancina, lei magari si svegliava, sbadigliava, mi annusava e si riaddormentava. Solo dopo tornavo in camera e mi ricoricavo.
Non passava notte in cui non lo facessi: semplicemente, non riuscivo a contemplare l’idea di essere nella stessa stanza con Murka senza darle attenzioni, senza almeno accarezzarla, anche se stava dormendo.

Searching deep within you for strength to continue
Through sinew and bone.
Never mind mending damaged nerve endings,
I’m accident-prone.

I feel, yet I reach into thin air.
You heal to your heart’s content.

In questi piccoli momenti, sento ancora la presenza di Murka. È simile ma al tempo stesso diverso, ad esempio, dalla volta della busta di carta: il senso di disorientamento è uguale, ma mentre lì mi prendeva un tuffo al cuore ogni volta che realizzavo che la sagoma che vedevo con la coda dell’occhio non era Murka, quando mi allungo a cercarla nel buio la realizzazione è graduale e subentra la rassegnazione.
Un paio di volte l’ho fatto deliberatamente: ho affondato le dita nella stoffa del divano, fredda, vuota, per sentire che Murka non era lì. Lo sapevo, che non l’avrei trovata: non ero in trance, mezzo addormentato, convinto che ci sarebbe stata, ero sveglio, cosciente, consapevole che è morta da cinque anni. Ma ho comunque voluto portare a termine quel movimento, che ho iniziato senza davvero pensarci, nonostante il risultato diverso.

I have had a thousand days to wither,
Missed the point of no return.
I have made my changes for the bitter
And watched your painted likeness burn.
It could not save me, nor you,
The passers-through, no matter
Who might make it to the end,
It did not save you.

È un attimo di automazione, un gesto che ho abituato il mio corpo a fare, come camminare, respirare, suonare il pianoforte. Il mio braccio ricorda ancora che, nel buio, andando in cucina, era suo dovere accarezzare Murka. È diventato parte di ciò che sono.
Murka è un po’ un mio arto fantasma: ha fatto parte di me da sempre, e la consapevolezza della sua assenza non può cancellare in un secondo tutte le azioni che ero programmato a fare per lei. Così come quando si perde un braccio si tenta ancora di muoverlo, a volte si sente addirittura prurito, solletico o dolore là dove non c’è più nulla.
E la cosa un po’ mi consola: magari significa che a strada per guarire dal dolore della sua perdita è ancora lunga, ma almeno non la dimenticherò. Fa parte di me in una maniera troppo viscerale perché possa accadere.

I stare at the limb as its precious skin becomes illusion.
These bones are at home and I’ll keep on cherishing them.

I feel, yet I reach into thin air.
You heal to your heart’s content.
I still feel, yet I reach into thin air.
You heal to your heart’s content, heart’s demand.

No comments:

Post a Comment