Thursday 14 January 2021

Quando il meme non fa più ridere

Ho appena letto un articolo su Elizabeth from Knoxville, Tennessee, in cui la chiamavano “la manifestante che brandiva una cipolla”.
Nonostante avessi guardato e riguardato il video perché per me era già il meme dell’anno, non ho colto subito il riferimento. Osservandolo meglio, mi sono accorto che quello che avevo pensato fosse un asciugamano bagnato con cui Elizabeth si tamponava la faccia perché, pora stella, le avevano spruzzato lo spray al peperoncino in faccia mentre tentava di fare la rivoluzioneh!, in realtà conteneva una cipolla.
In sostanza, mentre piagnucolava in camera che non le avevano lasciato fare quel che le pareva, si stava strofinando la cipolla sugli occhi per rendere credibile la storia di essere stata peperonata.

E niente, il meme non fa più ridere.
Perché il divertimento era tutto nell’incredulità di Elizabeth, nel fatto che sembrasse non capire perché mai le avessero spruzzato il peperoncino in faccia mentre compiva un reato federale, che fosse talmente entitled da pensare che fosse ok prendere d’assalto il Campidoglio solo perché non era d’accoro col risultato elettorale, e che fosse addirittura offesa che la legge non fosse dalla sua.
Ecco: se invece ha finto tutto, la musica cambia. Ciò che emerge non è più una ragazzina viziata che non capisce perché la maestra non la lascia uscire da scuola all’ora che vuole, ma una stronza che sa di potersi permettere di fingere che la polizia sia stata brutale perché, conscia del suo privilegio in quanto bianca, è sicura che non le capiterebbe mai per davvero.
Improvvisamente, l’intera situazione è diventata grottesca ma non in senso buffo. Elizabeth from Knoxville, Tennessee, non è più divertente, è disgustosa.

C’è poi anche lo Sciamano del Campidoglio e la copertura mediatica che la stampa nostrana gli ha riservato. Per i giornali americani è Jacob Chansley, mentre i giornali italiani si sono subito fiondati su “Jake Angeli”, calcando la mano sulla sua presunta ascendenza italiana, definendolo in alcuni casi italo-americano nonostante nelle fonti in inglese non abbia trovato nulla di simile. Tuttora non è chiaro e se “Angeli” sia un nome d’arte, quello della madre, del padre, del patrigno o cosa (le fonti sono in disaccordo), quindi forse un po’ di prudenza non sarebbe stata una cattiva idea.
Qualunque sia la verità, comunque, è vero che l’idea dell’imbecille italo-americano col costumino con le corna si presta bene alla battuta sul leghista confuso che, da Pontida, è finito a Washington DC a fangirlare Trump ancora agghindato a festa. Ma come ha giustamente fatto notare Katia, fa meno ridere quando a lanciare l’aggettivo “italiano” sul primo imbecille che spopola sul web sia la stessa gente che ancora fa finta che non siano italiani i figli di stranieri nati e cresciuti qui, che hanno frequentato le scuole qui e parlano con l’inflessione della regione in cui sono vissuti tutta la vita.

Forse però è meglio così. Forse il ceffone della falsità di Elizabeth from Knoxville, Tennessee, mi serviva per smettere di ridere come uno scemo e prendere sul serio la situazione penosa in cui versa la nostra società se è capace di produrre simili fenomeni. Anche perché non bisogna mai dimenticare, ad esempio, il fiasco di Io Sono Giorgia: nata come satira tagliente, ha finito col normalizzare la figura di quel mostro, renderla giocosa, quasi simpatica, trasformarsi in un jingle prontamente sfruttato da lei e il suo partito per aumentare la sua popolarità. Forse anche Elizabeth from Knoxville, Tennessee, e Jake Angeli dovrebbero rimanere nella coscienza collettiva per i mostri che sono, non come gli inoffensivi giullari che vorremmo che fossero.

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