Sì, lo confermo: ieri notte ero un tantino preso male. Per questo mi sono sfogato con quattro post di fila sul blog.
Oggi sono preso meglio. Ma non tanto.
Oggi sono preso meglio. Ma non tanto.
In primo luogo, non mi sento più il collo perché ieri pomeriggio, al concerto di una band locale a cui sono andato come favore ad un amico, mi sono dato all’headbanging senza alcun tipo di preparazione fisica, col risultato che ora ho più acido lattico che carn… ahem, più acido lattico che ossa dalla nuca in giù.
In secondo luogo, la signora (beh, signorina, a 75 anni) Zia mi ha scartavetrato le palle sin dal risveglio (coinciso col pranzo) per il fatto che sono troppo magro. Ora, essendo sceso a 47 chili (per, lo ricordiamo, 180 centimetri), non è che possa darle tutti i torti, ma cosa posso farci se più di tot non riesco ad infilarci, nello stomaco? Non è mica la tasca quadridimensionale di Doraemon.
In terzo luogo, finito di leggere ciò che stavo leggendo, non ho un’emerita cippa da fare. Potrei rileggerlo, ma a) è lungo, e b) è virtuale e non cartaceo. Se fosse stato lungo ma cartaceo, in modo da poterlo leggere nei momenti morti senza piccì, sarebbe stato un altro conto, ma dato che i momenti morti con il piccì ce li ho solo qui a casa del signor padre (?), come ampiamente dimostrato dal fatto che a casa la lettura andava non a rilento, ma di più, è perfettamente inutile che mi metta a rileggerlo ora. Non ne avrei il tempo.
In quarto luogo, il test d’ammissione incombe e io non ho affatto voglia di pensarci. Non perché mi faccia paura un test d’inglese, ma perché qualsiasi cosa più o meno remotamente connessa al futuro rappresenta un problema che non voglio pormi. Fosse per me, farei benissimo a meno di una laurea. Fosse per me, mi basterebbe avere un mucchio di soldi da spendere nel mio intrattenimento per quanto tempo possibile, dopo di che saluti e baci. Anche se non dovessero durare altri diciannove anni e due mesi e spiccioli (sì, siamo tornati al piano A), chissenefrega, non è un decennio in più che mi cambia la vita, dato che me la sono goduta. Ma dato che questa parte rientra nel verbo “sogna”, la laurea mi serve, e parto già senza un minimo di voglia. Mah, se dopo cinque anni di impegno non-più-dello-strettamente-necessario sono uscito con quasi il massimo (perché sì, se mi fossi davvero sforzato sarei uscito con cento e fottuta lode, dal liceo), la laurea non dovrebbe certo rappresentare un problema: dato che ho tanto tempo a disposizione e pochi soldi per impiegarlo in modi a me congeniali, alla fine credo che mi darò allo studio, pur di ovviare alla noia.
In quinto luogo, a ben vedere, la mia scelta dell’indirizzo di studi l’ho fatta con un criterio tutt’altro che incoraggiante, ovvero per esclusione. Dato che sono pessimo in tutto il resto ad eccezione dei campi senza speranza (ovvero quelli artistici, perché lì si può essere bravi quanto si vuole, ma non danno da mangiare), ho ripiegato sull’unica cosa alla quale non facessi schifo, ovvero le lingue. Mah, altri cinque anni di vitto garantito con la scusa degli studi ce l’ho, per cui posso continuare a sopravvivere senza eccessivi sforzi fino ad allora, poi si vedrà.
In sesto luogo, sì, sono tornato ad essere il sedicenne depresso che scriveva in piena fase di crisi esistenziale nel 2006 (ok, ne avevo già diciassette, quando ho aperto il Santuario, ma non cambia), e la cosa mi irrita da morire. È come se non solo non ci fosse stato quest’ultimo anno, ma nemmeno il precedente. Mi sento tanto bambino in questi ultimi giorni, e la cosa mi urta da morire. Sono infantile, e scrivo cose di nessuna importanza per il gusto di sfogarmi, ed è una colossale idiozia. Una meraviglia, eh?
Condivido le motivazioni della scelta dell'Università.
ReplyDeleteNon condivido il Piano A né le scenette da sedicenne: questi due anni ci sono stati, che tu te ne renda conto o no. Sei cresciuto, e non puoi andare avanti a lasciarti bistrattare.
Ti capisco perfettamente( zia rompi palle e hedbanging a parte). Soprattutto per l'università. Ti ho mai detto che non ne ho voglia?
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