Friday 28 August 2009

Angelo per caso

Step back, watch me closely
As my
crimson snow-white
wings unfold
You see me as I am...
Fase di preparazione alla partenza. Prima di impacchettare la roba era necessario raccattare tutta l’immondizia e buttarla, con particolare attenzione alle bottiglie di plastica perché qui in Germania, se le porti al supermercato e le infili in un’apposita macchina, ti danno 25 centesimi a bottiglia. Infilo i jeans, le converse e la maglietta nera con le ali disegnate sulla schiena, lego le buste, prendo iPod e chiavi, esco di casa, salgo sul tram, esplico le mie faccende e vado alla fermata per tornare a casa. Mentre attendo, osservo il panorama: la fermata si trova su un ponte sotto il quale corrono i binari della stazione di Düsseldorf-Derendorf. Il sole sta tramontando, in lontananza si vede il solito ponte autostradale e le solite ciminiere, dall’altra parte qualcuno aspetta il tram nella direzione opposta. Ed è in quel momento che lo noto: un piccolo coniglio grigio che zompetta sul ciglio della strada contro l’orlo del marciapiede, diretto chissà dove. In quel momento passa una macchina e lui si accuccia tremante, incapace di proseguire. Su quella strada il traffico è bello pesante, così il poveretto non ha un attimo di tregua e non riesce a proseguire. Perché un coniglio zompettasse a piede libero in un posto così poco ospitale non è dato saperlo. Ad ogni modo, faccio del mio meglio per guardare altrove e farmi gli affari miei.

Uno sguardo.
Non sono fatti tuoi, Ale, continua ad ascoltare la musica.
Un altro sguardo.
Fa tutto parte della vita. In natura gli animali muoiono in più modi, e dato che anche l’uomo ne fa parte, se una macchina ci passa sopra è comunque una conseguenza naturale.
Un terzo sguardo, la creaturina trema.
E se lo soccorri? Che cambia? Devi darlo ai Taubert. Ok, hanno altri conigli in casa, ma se i suoi nuovi compagni non lo accettano e lo uccidono? Magari lo condanni a morte.
Sguardo al tabellone del tram: accidenti a lui, è in ritardo. Intanto il coniglietto trema. La signora con i bambini continua ad occuparsi dei bambini, la coppia anziana continua a farsi gli affari suoi, le due ragazzine continuano a scimmiottare davanti alle macchine che passano.
E il coniglio trema. Un’altra vittima della paura del dolore.
Tutti gli altri se ne stanno fregando: fallo anche tu. Quell’animale non è tuo, nessuno penserà che sei crudele se te ne torni a casa e lo lasci lì.
Il coniglio trema, il tram arriva.
Al che corro, aggiro il tram, attraverso la strada e prendo la bestiola fra le mani, mentre alle mie spalle il tram riparte. Oh well.

Il prossimo è dopo venti minuti, a piedi arrivo prima. Inizio a camminare con la bestiola fra le mani e un grande senso di tristezza nel petto. Tanto meglio, gli occhioni lacrimosi faranno sicuramente colpo quando andrò a suonare dai Taubert.
In quel momento, il coniglio inizia a dimenarsi. Ora, non ho mai avuto un coniglio e non ho simpatia per i roditori generali. Temendo che mi morsicasse il dito, d’istinto lo lascio andare e questo cade (malamente di schiena) sul marciapiede. Il tempo di gettarmi a riprenderlo che passa dal buco di una rete di recinzione e si infila in un’aiuola piuttosto malconcia che a meno di mezzo metro scoscende verso la strada sottostante. Lui se ne sta lì, in mezzo al cespuglio, e non ho modo di recuperarlo. Fine della storia.

Beh, se non altro l’ho salvato da una brutta morte per il terrore del rumore delle auto e dei treni. Se non altro, magari ora zampetterà fino ai giardini delle case di sotto e qualcuno lo soccorrerà. E di certo, nessuno lo investirà. Se non l’ho salvato, almeno ho impedito che morisse nella mezz’ora successiva.

Il risultato? Mi tocca farmela a piedi e lungo la strada attacco a piangere come una fontana. Perché? Non perché il piccolo bastardo mi è sgusciato fra le mani e ora chissà cosa gli sarebbe successo, ma perché prima i gettarmi a salvarlo ho atteso fino all’ultimo. L’ho lasciato in balia del terrore fino a che non ho più potuto sopportarlo io stesso. Se l’avessi lasciato lì, nessuno avrebbe pensato che ero crudele, certo. Ma l’avrei saputo io. E lui sarebbe morto per colpa del mio cinismo. Del mio, come di tutti quelli che sono saliti su quel tram senza prestargli attenzione, ma la mia coscienza non avrebbe certo diviso il senso di colpa fra tutti. Detesto questo mio lato sensibile.

Epitomo: mai indossare una maglietta con le ali bianche sulla schiena, poi si finisce a fare gli angeli.

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