Mentre cenavo, sono giunto alla conclusione che la mia teoria cosmologica è più che corretta: la ricerca del Piacere muove la vita di ogni essere vivente e la paura del dolore la affligge. Il come è molto semplice: ho visto che l’inquilino che da qualche giorno abita con me, uno di quei ragni con le zampe lunghissime, era sceso fino quasi al tavolo. Ora, non avendo io cuore di uccidere una povera bestiola indifesa che non mi dà alcun fastidio (sottolineo quest’ultima parte, a scanso di equivoci, dato che le zanzare le uccido volentieri e altrettanto farei con certe persone), ho iniziato a soffiargli addosso per spingerlo a tornarsene nell’angolino in altro. Il risultato? Si è talmente terrorizzato che non riusciva nemmeno più a salire, scivolando ogni due secondi sul suo filo di cristallo e tentando poi quasi disperatamente di riarrampicarsi. Nel movimento frenetico di quelle piccole membra aggraziate ho letto un tale terrore di ricevere dolore fisico e morire che mi ha quasi fatto pentire del mio gesto.
Terrore, vero terrore di soffrire. A parte le amebe, alcuni altri esseri unicellulari e chi segue fedelmente le religioni monoteistiche, tutti ce l’hanno in natura. Dall’acetosella che accartoccia le foglie quando gli armenti iniziano a brucarla per apparire poco appetibile, all’uomo che ha inventato gli scarponi per evitare di vedere le dita dei piedi staccarsi dal freddo. È la goccia di veleno che rovina ogni singolo momento di chi vive.
Sempre il ragno mi ha fatto tornare in mente una storiella che avrò sentito nove o dieci anni fa al catechismo, una parabola raccontata da Gesù Cristo: un ragno che viveva sulla cima di un albero decise di scendere sui rami inferiori. Lì si stabilì e costruì la sua bella ragnatela, dimenticando presto la vita che faceva sulla cima. Così, quando vide un lungo filo che si arrampicava verso l’alto lo ritenne inutile e lo tagliò, causando così il crollo della sua nuova ragnatela. Il tutto a simboleggiare che, se si recide il legame con Dio, la vita prende una brutta piega. Oh well, caro Gesù: dopo che la ragnatela gli si è sfaldata, cosa pensi che abbia fatto, il nostro bravo ragno? Se ne sarà costruita una nuova. Non ci vuole mica molto. Idem dicasi per noi: premettendo che sono agnostico quindi la storiella la prendo come tale e quanto sto per dire lo scrivo in maniera assolutamente teoretica ed astratta, se anche recidere il cordone ombelicale con Dio ti fa crollare la fede e la vita, sai quanti altri appigli ci sono per iniziarne una nuova? Ovviamente il seguito della storia non l’hai raccontato, eh, vecchio volpone? D’altro canto, è proprio quello che ha fatto Lucifero: ha reciso il cordone ombelicale e, una volta precipitato nell’inferno, si è ricostruito un regno con le sue sole forze. Ammirevole, direi.
Smettendo di raccontare favole, a questo punto mi tocca smentire una delle cose che ho detto prima: i seguaci delle religioni monoteistiche sono i primi ad essere dominati totalmente dalla paura di soffrire. In vita abbracciano il dolore come fosse un vecchio amico, ma solo perché il loro cervello è talmente passato per il ciclo lungo della lavatrice religiosa che credono talmente fermamente che la vita non sia importante e tutto debba essere vissuto nell’ottica del dopo da preferire ottant’anni di sofferenza continua e certa sulla terra alla prospettiva di un’ipotetica eternità di dannazione all’inferno. Il che mi porta a dedurre: del loro prezioso dio non potrebbe importar loro una cippa, se non ci fosse lo spauracchio dell’inferno dove soffrire in eterno a tenerli buoni. L’ennesima conferma della mia teoria: la paura del dolore è uno dei principi cosmici, e certa gente furba ha saputo approfittarsene.
Tutto questo ispirato dalla musica dei Draconian: correte ad ascoltarli, sono ottimi per le riflessioni filosofiche.
Terrore, vero terrore di soffrire. A parte le amebe, alcuni altri esseri unicellulari e chi segue fedelmente le religioni monoteistiche, tutti ce l’hanno in natura. Dall’acetosella che accartoccia le foglie quando gli armenti iniziano a brucarla per apparire poco appetibile, all’uomo che ha inventato gli scarponi per evitare di vedere le dita dei piedi staccarsi dal freddo. È la goccia di veleno che rovina ogni singolo momento di chi vive.
Sempre il ragno mi ha fatto tornare in mente una storiella che avrò sentito nove o dieci anni fa al catechismo, una parabola raccontata da Gesù Cristo: un ragno che viveva sulla cima di un albero decise di scendere sui rami inferiori. Lì si stabilì e costruì la sua bella ragnatela, dimenticando presto la vita che faceva sulla cima. Così, quando vide un lungo filo che si arrampicava verso l’alto lo ritenne inutile e lo tagliò, causando così il crollo della sua nuova ragnatela. Il tutto a simboleggiare che, se si recide il legame con Dio, la vita prende una brutta piega. Oh well, caro Gesù: dopo che la ragnatela gli si è sfaldata, cosa pensi che abbia fatto, il nostro bravo ragno? Se ne sarà costruita una nuova. Non ci vuole mica molto. Idem dicasi per noi: premettendo che sono agnostico quindi la storiella la prendo come tale e quanto sto per dire lo scrivo in maniera assolutamente teoretica ed astratta, se anche recidere il cordone ombelicale con Dio ti fa crollare la fede e la vita, sai quanti altri appigli ci sono per iniziarne una nuova? Ovviamente il seguito della storia non l’hai raccontato, eh, vecchio volpone? D’altro canto, è proprio quello che ha fatto Lucifero: ha reciso il cordone ombelicale e, una volta precipitato nell’inferno, si è ricostruito un regno con le sue sole forze. Ammirevole, direi.
Smettendo di raccontare favole, a questo punto mi tocca smentire una delle cose che ho detto prima: i seguaci delle religioni monoteistiche sono i primi ad essere dominati totalmente dalla paura di soffrire. In vita abbracciano il dolore come fosse un vecchio amico, ma solo perché il loro cervello è talmente passato per il ciclo lungo della lavatrice religiosa che credono talmente fermamente che la vita non sia importante e tutto debba essere vissuto nell’ottica del dopo da preferire ottant’anni di sofferenza continua e certa sulla terra alla prospettiva di un’ipotetica eternità di dannazione all’inferno. Il che mi porta a dedurre: del loro prezioso dio non potrebbe importar loro una cippa, se non ci fosse lo spauracchio dell’inferno dove soffrire in eterno a tenerli buoni. L’ennesima conferma della mia teoria: la paura del dolore è uno dei principi cosmici, e certa gente furba ha saputo approfittarsene.
Tutto questo ispirato dalla musica dei Draconian: correte ad ascoltarli, sono ottimi per le riflessioni filosofiche.
All your project are so interessant, I hope that you will realize it for your happiness and don't worry for this terror, because a very important man had me to say a day "Happiness passes by Suffering because there is no joy without pain" :)
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