Tuesday, 14 May 2019

The Mad Queen, parte 2


Il post precedente non è bastato a sfogare il mio… diasgio? delusione? frustrazione? Insomma, la sensazione di incompletezza che il penultimo episodio di Game of Thrones mi ha lasciato dentro. Una sensazione che è diversa dal vuoto della fine, del viaggio terminato, del perdere un personaggio verso cui provavo un odio che mi teneva caldo la notte, ma al cui destino ero comunque interessato.
Ribadisco, la morte di Cersei, specie come si è svolta, mi ha soddisfatto intellettualmente; eppure c’è qualcosa che continua a mancarmi emotivamente.
Poi, rileggendo il post, mi sono accorto che avevo anche scritto cosa mi è mancato: non ero interessato solo alla morte in sé, ma alla giustizia per i Tyrell. E quella non c’è stata.

I’m the Queen of the Seven Kingdoms”, chiosa Cersei nella premiere della settima stagione. “Three Kingdoms at best”, risponde Jaime, nonostante non sia mai stato il coltello più affilato del cassetto. “I’m not sure you understand how much danger we’re in.
Ecco, io ho guardato le ultime due stagioni di Game of Thrones per quello. Game of Thrones, lo show in cui ogni scelta politica, anche la più piccola, ha conseguenze concrete e pesanti. Cioè, quando uscì il finale della sesta stagione, scherzando, feci questo meme:


Cersei Lannister ha compiuto un’atrocità con pochi precedenti perfino in un mondo gretto come quello di Westeros. Ha distrutto una porzione consistente della capitale dei Sette Regni, con le relative vittime nobili e popolane. Ha fatto saltare in aria l’equivalente del Vaticano in una società che è ancora fortemente permeata di religiosità. Ha preso il potere contro ogni consuetudine o legge feudale, senza una sola delle istituzioni tradizionali di Westeros a sostenerla. E ha decimato quella che era la famiglia più ricca dei Sette Regni, una delle più influenti, con parenti sparsi in due terzi delle famiglie minori della loro regione, con in mano la maggior parte delle risorse alimentari della nazione, nonché, probabilmente, la famiglia più amata dalla popolazione.
Cosa è stato di tutto ciò nelle ultime due stagioni?

È facile immaginare come abbia messo le mani sulla corona: con la morte di Tommen, nel caos, nello sbigottimento e nel terrore generali, si è installata sul trono perché nessuno era fisicamente nella posizione di impedirglielo. Ma, nonostante questo, il suo potere effettivo ha dei grossi limiti: le Crownlands, storicamente non autosufficienti, le Stormlands, da anni senza una chiara situazione governativa, le Westerlands, che campano solo del buon nome che le loro miniere ormai vuote non potranno più dare a lungo, e le Riverlands, completamente devastate dalla guerra e, probabilmente, in preda all’anarchia ora che i Frey sono stati spazzati via.
Una situazione del genere va oltre mezzo commento da Jaime: il popolo di Cersei ha ben poco da mangiare, specie nella capitale (che pure è l’unico territorio che può effettivamente controllare). Anche contando Euron e le Iron Islands, che pure sono in piena guerra civile, cosa può portare in tavola se non il bottino di qualche ruberia?
Perfino dopo il modo ridicolo in cui è stato risolto l’assedio di Highgarden, quando la Danana dà fuoco a tutte le provvigioni del Reach in arrivo a King’s Landing ed è messo in chiaro che il popolo di Cersei non avrà più nulla da mangiare, non abbiamo nessuna scena che menziona la cosa. Sappiamo solo che l’oro è arrivato e la Iron Bank è stata pagata, poi stop. La volta successiva che vediamo la popolazione della capitale è quando Cersei ne fa entrare parte nella Red Keep per “proteggerli” dalla Danana, senza preoccuparsi minimamente che, senza le mura della fortezza a dividerli, quelli possano agguantarla e smembrarla per il suo malgoverno.
Verosimilmente, ciò che tiene insieme il regno di Cersei per due stagioni è il terrore che possa esserci un’altro Tempio di Baelor. È la Montagna zombie che spacca le teste. Sono le guardie che reprimono qualsiasi malcontento. Ma la popolazione dev’essere per forza stremata, affamata e pronta a ribellarsi, altro che tirare verdure in faccia a Ellaria e Tyene Sand e nascondersi da Daenerys, l’invasore!

Eppure, tutto ciò passa in secondo piano. Nelle poche vedute panoramiche di King’s Landing, il cratere lasciato dall’esplosione del Tempio di Baelor nemmeno si vede. Lì, dimenticato. Perché ricordare anche solo quello avrebbe reso assurdo che il regno di Cersei non stesse implodendo prima ancora che la Danana arrivasse a King’s Landing. Le azioni di Cersei non hanno potuto avere conseguenze perché, altrimenti, il minimo che gli abitanti di King’s Landing avrebbero potuto fare sarebbe stato ammazzare quante più guardie possibile e spalancare le porte per la Danana. È impossibile immaginare che chiunque fosse arrivato sarebbe stato peggio di ciò che avevano già.
Ma per rendere la Danana la Regina Pazza che ha riversato inenarrabili orrori sulla popolazione, lo show ha dovuto ignorare che, di Mad Queen, ne aveva già una.
Metatestualmente, un po’ è stato bene a Cersei, essere ridotta a un’ubriacona che si lamenta degli elefanti, guarda fuori dal balcone e non fa praticamente nulla per tutta la stagione. Ma il suo personaggio si meritava di meglio. Soprattutto perché, sparite le conseguenze della distruzione del Tempio di Baelor, è sparita anche la soddisfazione di vederla pagare per ciò che ha fatto ai Tyrell. E dubito fortemente che l’ultimo episodio rimedierà a questa mancanza.

Bene, con questo spero di aver sfogato tutto ciò che ancora avevo da dire su Game of Thrones: al momento, ho delle cose molto più importanti a cui dedicarmi (ne parlerò presto) e ho bisogno della mente sgombra. E una parte di queste cose più importanti sarà anche un omaggio segreto a Margaery.

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