Sunday 26 July 2009

The Morningstar

I’ve cried a river for you to swim,
To let you know the state we’re in.
I’ve sent a message throughout the stars,
For His kingdom is full of scars.
I am Lucifer, let us unite:
Come with me and leave His light!

I am the Light
That leads to Darkness.
I am the Night.
Behold Pandemonium!
Behold the Morningstar!
Behold Lucifer!
 


Diciamolo: ascoltare The Morningstar dei Draconian mentre si osserva il diretto interessato rifulgere circondato da una cornice di nuvole nel cielo orientale che va delicatamente stingendo dal blu di Prussia ad un azzurro fiordaliso mentre si aspetta l’alba sdraiati sull’estremità del Molo Audace di Trieste  ha indubbiamente il suo fascino. Si può perfino prendere un profondo respiro e credere, o meglio, illudersi che quel fulgore sia davvero il frutto di un uomo dall’aspetto bellissimo con grandi ali piumate e lunghi capelli neri che viene cacciato dal Paradiso per l’invidia di un dio malvagio che vuole assoggettare qualcosa di bello al proprio volere, e non delle nuvole di acido solforico che solcano l’atmosfera di anidride carbonica di un pianeta la cui temperatura superficiale supera i 500°C. D’accordo, entrambe le cose hanno un’evidente connessione con l’inferno, ma sinceramente è in momenti come questi che sono felice di essere un artista e non uno scienziato. E dire che ho passato dodici anni della mia vita,  dai quattro ai sedici, convinto del contrario.

Il perché di queste riflessioni è presto detto: ho fatto l’alba stamattina. Ieri notte siamo andati all’ultima Jota prima della mia partenza e siamo stati tutti assieme. Il copione è stranamente tornato alle volte precedenti alla Jotje, ovvero con me che non trovo nessuno che mi attirasse almeno vagamente, per cui non ho concluso niente, ma pazienza, rimandiamo tutto a settembre, al Decadence di Bologna in compagnia di Luisa. In compenso, mi è stato proposto di far parte di un progetto fotografico a settembre-ottobre, un vecchio con un’incipiente pelata ci ha ripetutamente provato con me nonostante non lo calcolassi di striscio, sono stato letteralmente sommerso di complimenti da una coppia di ragazze (e, voglio dire, i complimenti che piacciono a me: amo sentirmi dire che vado al di là della bellezza) e, incontrando una delle ragazze dell’altra volta, ho scoperto il nome dell’Austriaco cretino: Thomas (che, peraltro, vive a Londra). Oh well.

Da segnalare ancora c’è che ieri, dopo quasi tre anni di onorato servizio, il mio Nokia n70 ha deciso di rendere l’anima. Quando tento di accenderlo mi resta la schermata bianca e non carica nemmeno quella per l’inserimento del PIN. Non si accorge nemmeno del fatto che lo metto in ricarica, né si spegne se premo il pulsantino di sopra (per cui devo levare la batteria). Quel cellulare, che avrebbe compiuto 3 anni il 10 agosto, ha resistito a prove sovacellulariane, tipo i ripetuti voli post-litigio con la Bloempje, infinite cadute per la mia sbadataggine e simili. Si è arreso unicamente al caldo. Beh, ora come ora non ho tempo di spedirlo in assistenza, per cui mi sto arrangiando col glorioso Nokia 7210 (con ancora lo sfondo di Edea di Final Fantasy VIII), poi deciderò sul da farsi. Teoricamente, i miei precedenti cellulari sono tutti stati cambiati a distanza di tre anni l’uno dall’altro, per cui magari è giunta l’ora di rispettare la tradizione. Peccato che quest’anno non ci sarà la triennale release degli Evanescence in concomitanza.

Wednesday 22 July 2009

Battito d’ali

Così come una passeggiata di diciotto chilometri fatta assolutamente per nulla può avere i suoi risvolti positivi sotto forma di fotografie, se c’è una cosa bella di fare le sei del mattino al pc ascoltando musica è che la notte dona molta ispirazione: così sono riuscito a portare a buon punto il cimitero che farà da cornice a me che interpreterò Sua Eminenza il Re Malefico Lucifero in una delle photomanipulation ispirate ai Draconian che appariranno prossimamente sul mio deviantART. Questo lavoro mi sta richiedendo molto impegno perché sto praticamente ricreando un intero cimitero (e di grandi dimensioni) su alcune colline, ritagliando e incollando le tombe una ad una. È un lavoraccio, ma sta venendo su niente male: manca solo la mia foto col soprabito in broccato e qualche gioiello, a cui aggiungere le ali, ed ecco Lucifero.

A questo proposito, ci terrei a sottolineare una cosa: non ho un vistoso debole per Lucifero perché è il Male. Ce l’ho per lo stesso motivo per cui mi viene sempre un debole per qualcuno: perché è il più Bello. Colui che Portatore la Luce, il più Splendente. Non c’è da sorprendersi se abbia suscitato l’invidia di Dio, che ha colto la scusa giusta per farlo precipitare dal paradiso. D’altro canto, apprezzo notevolmente il fatto che Lucifero non si sia fatto mettere i piedi in testa da quel cretino e si sia ribellato pur di non esserne lo schiavo.
Inoltre, vorrei far notare che secondo me è una cavolata che gli angeli non hanno sesso: solo le forme di vita inferiori sono asessuate, non vedo perché gli Angeli, che sono addirittura superiori agli uomini, dovrebbero esserlo. Per fortuna gli artisti, che sono gente di buon senso, l’hanno capito, ed ecco che alcuni li ritraggono col seno, altri coi pettorali (come i due bellissimi angeli del Cimitero Protestante di Roma: uno, l’Angel of Grief, è palesemente una donna, anche se il seno è nascosto dal basamento a cui è appoggiata, mentre quello figo che io e Gin ci litighiamo da anni è palesemente un uomo, e pure con delle bellissime natiche!).

Ok, dovrei smettere di combinare Angel Sanctuary e i Draconian: diventa troppo facile credere che Dio esista e, con lui, anche Lucifero e gli Angeli. Ma magari loro possono anche esserci: in fondo, sono precedenti al monoteismo e ne sono stati assorbiti. I quattro Arcangeli, per esempio, ci sono pure nel paganesimo. Dopo tutto, le cose belle hanno tutto il diritto di esistere.

Monday 20 July 2009

Help!

In quanto povero genitore che non riesce più a trovare la sua bimba, lancio un appello disperato:

Che fine ha fatto la Bloempje Sandiego?
Che fine ha fatto la Bloempje Sandiego?

Sunday 19 July 2009

Una piacevole passeggiata

Il titolo del post viene da una frase pronunciata dalla Nipota mentre il suo cellulare squillava per via della chiamata di sua mamma.
“Sara, ma che le dici?”
“Ehm... che stiamo facendo una piacevole passeggiata!”
Eh sì, anche perché... piacevole passeggiata un corno. Ma andiamo con ordine.

Come accennato due post fa, il motivo della mia trasferta bolognese era un raduno degli utenti del forum di Epica Italy organizzato nei pressi di Ferrara. I quali pressi di Ferrara, conformati nello squallido paesino di Bondeno, ospitavano una sagra celtica alla quale, su iniziativa di un gruppetto sparuto di tre utenti appassionati, ci saremmo dovuti trovare. Ora, la Nipota si era informata per tempo, ed aveva scoperto che a) la sagra non sarebbe iniziata prima delle 7 di sera, e b) non si trovava a Bondeno, ma bensì a Stellata, un altro villaggio dell’hinterland ferrarese, in riva al Po e al confine fra Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Ma questo i nostri Epilli organizzatori (che mica hanno controllato) non lo sapevano, dato che il sito web della manifestazione non l’avevano più controllato da almeno marzo. E infatti il ritrovo era fissato a Bondeno per l’ora in cui saremmo arrivati tutti, salvo che, a metà strada, i tre, che erano in macchina, hanno scoperto la fregatura e hanno informato Luisa, e quindi me e la Nipota, che sarebbero andati dritti a Stellata, mentre noi eravamo, naturalmente, appiedati.

Così, buttati sulle seggiole della sala d’attesa della stazione, siamo rimasti ad attendere ulteriori notizie via sms, tentando, quando queste non sono arrivate, di contattare noi i tre filo-celtici, senza nessun risultato. Così, chiedendo in giro, abbiamo scoperto che non solo di sabato non ci sono autobus per Stellata, ma anche che i taxi erano carissimi. E, soprattutto, che l’unica alternativa per raggiungere il posto in questione era farsi la strada a piedi. Ah, ah, ah, ah. Ovviamente, i nostri tentativi di contattare l’autista dell’altro gruppo per farci venire a prendere sono stati nulli, cosa che ci ha costretti a valutare seriamente l’ipotesi di vagare per le campagne ferraresi in cerca della Rocca di Stellata.

Fortunatamente, le indicazioni erano piuttosto chiare: attraversare i binari, scavalcare la rete, passare davanti alla casa diroccata sperando che non ci cascasse una tegola in testa, e poi su per l’argine a seguire la strada lungo il fiume per cinque chilometri circa. Così, i nostri tre intrepidi eroi, invece che tornarsene a Ferrara e passare il pomeriggio sdraiati sull’erba all’ombra degli alberi in Piazza Ariostea, si sono incamminati. Le missioni 1 e 2, ovvero attraversare i binari senza farci investire e trovare il buco nella rete da cui scavalcare, non sono state impegnative – d’altronde, che treni potevano passare in quel buco? – e nemmeno attraversare il campo nel quale c’erano le due case diroccate (su una delle quali troneggiava la scritta “Casa Pericolo”, sembrava il cognome!), e le difficoltà maggiori incontrate sono state vincere il cattivo umore per gli altri che se ne fregavano di noi, cosa per la quale le battute della Nipota sono state indispensabili. Arrivati sull’argine, la cui sommità era, se non altro, asfaltata, ci siamo accorti con sollievo che il sole era ben velato e che tirava un bel vento fresco… che presto è diventato tanto forte da farci sbandare. Ma almeno non abbiamo sofferto il caldo.

È
così iniziata la nostra avventura attraverso l’aperta capagna: come Celti, abbiamo sfidato le intemperie, cantato canzoni a squarciagola ed io ho iniziato a tirare avanti e indietro la Figliola per scattare foto, tanto che alla fine ho deciso di tenerla fuori in pianta stabile: se non altro è uscito fuori un photobook di Luisa e Sara che camminano, dal quale trarrò una serie per deviantART. Naturalmente, non sono mancati degli episodi esilaranti ai limiti del demenziale, tipo gli alberi che la Nipota voleva farmi fotografare a tutti i costi, le uscite da fangirl di yaoi, le mele rubate da un albero sul ciglio della strada e una grandissima scoperta: i Punti! Eh sì, perché non stavamo percorrendo una stradina qualsiasi, ma il “Percorso bondenese”, sul quale si trovavano sei punti d’interesse segnalati da cartelli, sui quali c’erano delle mappe. Il primo punto era più indietro della stazione, per cui ce lo siamo perso, ma abbiamo scoperto che il secondo era a più della metà del nostro tragitto, cosa che ci ha infuso nuova speranza per quel viaggio senza fine. E così, di punto in punto (gli altri erano più ravvicinati), siamo finalmente arrivati al Forte di Stellata, attorno al quale si sarebbe svolto il festival. E, voglio dire, che forte: era più piccolo delle torri della fu cinta muraria di Alghero. Wow.

Insomma, una volta arrivati alla meta ci siamo fiondati a cercare del cibo: peccato che tutti gli stand fossero chiusi perché la manifestazione iniziava davvero alle sette del pomeriggio, e non alle undici del mattino come i nostri fellows pensavano. Quindi, accontentatici di un miserrimo Cucciolone a testa, ci siamo messi a cercarli. Dopo aver girato in lungo e in largo il boschetto di pioppi, fra tende piantate nella polvere, pelli di animali, tatuaggi di dubbio gusto, wanna-be celti, uomini vecchi a torso nudo, donne con addosso tovaglie o la versione cheap dei costumi di Sharon den Adel, e chi più ne ha più ne metta, abbiamo scoperto che i tre, a cui si era aggregata un’amica, erano impegnati nella lunga e ineressante atività di visitare il forte. Così, finalmente, eccoci tutti lì radunati: meno di un quinto degli utenti attivi del forum. E anche qui c’è da dirlo: che raduno! Tempo cinque minuti, e i nostri quattro organizzatori sono partiti per la tangente ad esplorare le bancarelle che stavano aprendo senza calcolarci di striscio, così che noi, dopo averli seguiti di stand in stand, abbiamo deciso di sederci a riposare i nostri piedi stanchi e lasciarli andare per i cavoli loro. Dato che nessuno di noi tre ha particolare passione per le rievocazioni, non avevamo chissà quante cose da fare, e così abbiamo preso dei panini e abbiamo deciso di ripartire per Bondeno per prendere il treno e tornarcene a casa. Siamo andati a salutare gli altri, anche nella speranza che si svegliassero e decidessero di darci un passaggio (in macchina avrebbero fatto in cinque minuti ciò che noi abbiamo fatto in due ore e passa), ma ovviamente non sono stati molto ricettivi (o hanno fatto gli gnorri). Così, ci siamo incamminati indietro per i cinque chilometri, solo per scoprire un’agghiacciante sorpresa: un cartello vicino a Stellate indicava che la distanza di Bondeno era di ben 8,6 chilometri! Ovvero, considerando il chilometro fra la rocca e il bivio, quasi il doppio di ciò che pensavamo!

Insomma, siamo riusciti a non perderci d’animo e abbiamo percorso i quattro punti più vicini in poco tempo, e ci siamo poi incamminati lungo il tratto di strada più lungo. Stavolta, niente soste né pause, solo tante battute, molte delle quali al vetriolo verso i nostri simpatici amici, e la fretta di recuperare il treno precedente a quello che avevamo pensato per tornarcene al più presto alla civiltà. Ogni volta che riconoscevamo qualche dettaglio (i pioppi della Sara, i fiori fotografati, la casa col rampicante, il pozzo con le rose, la rete sul fiume) gioivamo, perché significava che ci avvicinavamo sempre più alla meta, finché…

Kyaaaaaaaaah!”. Era proprio lui, un tipico “kyaaaah” da fangirl che veniva dalla vegetazione. Da un becco, per l’esattezza. E fu così che, top dei top della giornata, scoprimmo l’esistenza del mitico Uccello-Fangirl! (Mentre, di solito, sono più comuni le Fangirl dell’Uccello).

Insomma, abbiamo riattraversato il campo di Casa Pericolo, e abbiamo visto un treno che ripartiva in direzione Ferrara. Giunti finalmente in stazione, ci siamo fiondati a controllare gli orari per vedere quale era il primo treno utile. E come se non avessimo patito abbastanza, abbiamo fatto la meravigliosa scoperta che Stellata era la fermata successiva a quella dove eravamo scesi. E che, di conseguenza, la strada che avevamo fatto a piedi era stata perfettamente inutile, e non solo, se fossimo partiti in treno saremmo arrivati a Bondeno esattamente nello stesso momento, ma avremmo proseguito per Ferrara un’ora prima risparmiandoci un numero imprecisabile di punture delle zanzare che proliferavano felici nel vicino fiume. Naturalmente, dato che l’appuntamento era a Bondeno, eravamo scesi lì senza controllare le fermate successive: sarebbe stato quantomeno carino per gli altri rispettare l’appuntamento e trovarsi con noi in stazione prima di proseguire, e magari darci pure un passaggio. Ma naturalmente no.

Ergo, in sostanza il raduno in quanto tale non c’è stato, abbiamo fatto tanta strada inutile, il festival era carino ma nulla che ci interessasse davvero e… beh, se non altro siamo stati noi tre assieme e siamo riusciti a ridere un sacco. Il prossimo raduno non lo lasceremo organizzare alle stesse persone, poco ma sicuro.

Saturday 18 July 2009

Voglia d'inverno (e di Lucifero)

Angel Sanctuary: LuciferoI will darken these exhaulted summers
And let you dwell in the blissful cold!
Heal yourself into pure realities,
Explore the light from the other seal.

Whispering like the silent mouth of tomorrow,
Please give a cure for my sorrow!

Your radiance sparkles like fiery dust,
Blisters in the wind of the absolute.
The satin web of thy imprisonment
Shackles the muse of dreams come true.

Your theatre stands empty now,
So we have lost you anyhow!

Luciferi – Eden’s rapture!
Luciferi – Nighttime Angelicah!
Luciferi – Eden’s rapture!
Luciferi – Nighttime Angelicah!

The Garden bloomed in bright colours
And no angel passed through the silent tunnel.
The tears I weep lies frozen cold;
You’ve slipped away in the fire.
Embrace me now, in my final breath;
Continue to grow, my flower of death!

Life is death’s theatre,
A flame of silent winter
Where you left me alone.
In the desolation of a broken promised land,
You’ve slipped away in it’s fire, in the fire.

In sadness, your mirthless winter.
I bring gold to those who dread the sun.
Within my tears grows a flower of truth,
And I gave my love to the eventide.

O Amaranth, bloom in my heart,
They shall never keep us apart!

Luciferi – Fallen from Heaven!
Luciferi – Nighttime Angelicah!
Luciferi – Fallen from Heaven!
Luciferi – Nighttime Angelicah!

The Garden bloomed in bright colours
And no angel passed through the silent tunnel.

Luciferi!

[Silent Winter – Draconian]


Un bacio forte da Bologna alla Bloempje perché mi manca tanto.

Friday 17 July 2009

Fatti di varia natura

Dopo un’attenta ricerca fra gli utenti di Splinder aventi il tag “yaoi” nel profilo, ne è emerso che, tolto me e forse un altro, sono tutte fanciulle, ad eccezione di un quindicenne e di quattro account maschili che hanno delle caratteristiche talmente simili, fra cui tag identici, stessa provenienza e tutti blog non funzionanti eccetto uno, oltre ad essere tutti e quattro amici fra di loro, da farmi pensare che dietro si celi un’unica persona, e presumibilmente pure donna. Insomma, era pura curiosità, e mi sono fatto quattro risate.

Ciò detto, sono rientrato in una fase di assenza di post notevoli, per il semplice fatto che le vacanze non portano alcuna novità con sé. Domani faccio una capatina a Bologna da Luisa, per cui si prevede un po’ di shopping al mercatino, al negozio di cd usati, alla Feltrinelli bolognese, in fumetteria, e probabilmente una capatina al Transilvania (il che è un piccolo problema: asciugandosi con questa umidità, i miei capelli saranno ingestibili). Sabato, invece, andremo nei pressi di Ferrara per un raduno degli utenti del forum di Epica Italy, al quale porterò la Nipota come special guest. E prevedo che il viaggio sarà allietato dalla mia ultima scoperta musicale, i Draconian, che ho sentito quasi sotto minaccia, ma dei quali mi sono innamorato seduta stante: la voce di Lisa è semplicemente fatata, ed il growl si Andres è molto… sensuale. Lo so, sensuale non è proprio il primo aggettivo che viene in mente pensando ad un growl, ma il suo lo è, giuro!

Per il resto, da segnalare c’è solo che fa un caldo insopportabile, tanto che la chiavetta si surriscalda subito e internet è di una lentezza insostenibile, io non riesco nemmeno a respirare ed ogni movimento mi costa fatica e nemmeno la finestra aperta è di alcun aiuto, dato che fra dentro e fuori la stanza non c’è una differenza di temperatura sufficiente a creare correnti d’aria – d’altro canto, questo pomeriggio il termometro della farmacia segnava quaranta gradi. E al pensiero di scendere a casa della Mater, in quel forno che è Alghero, mi viene voglia di trasferirmi in Norvegia. Magari a Stavanger, così mi do alla caccia di Santa Vibeke e la convinco a tornare sul palco.

Wednesday 15 July 2009

Skydancer

Angel Sanctuary: Michael


(Imagination needs no eyes:
Shut your eyes to look inside.)

Outside the wind is roaring,
Beyond control or melody,
A frantic composition,
Void of vision, harmony.
Pick a leaf to lead the dance
To higher skies:
Perceive perfection,
Chain reaction, trigger me.

Break free from gravity.
Soar away to mountains and the seas.
I adjust to trust in my ability
To dance among the clouds
(And feel free).

Imagination needs no eyes:
Shut your eyes to look inside
Carried by the wind
To spin within the symphony.
Reborn to the sky,
Over clouds of gold I glide,
Just one reflection,
The last connection, symmetry.

Break free from gravity.
Soar away to mountains and the seas.
I adjust to trust in my ability
To dance among the clouds
(And feel free).

Break free from gravity.
Soar away to mountains and the seas.
I adjust to trust in my ability
To dance among the clouds
(And feel free).

(Imagination needs no eyes:
Shut your eyes to look inside.)

There is no symmetry, no time for tomorrow:
There’s just me in my skyscraping dream.

Break free from gravity.
Soar away to mountains and the seas.
I adjust to trust in my ability
To dance among the clouds
(And feel free).

Break free from gravity.
Soar away to mountains and the seas.
I adjust to trust in my ability
To dance among the clouds
(And feel free).



[ Autumn ]

Sunday 12 July 2009

Jotje

Let me speak again,
Pursue the praise – not too soon –
In two yields construed by me and you.
Tracing the cause and case
As we stand here face to face.
Simple twofoldness is our brace
That makes it feel like you and me.

Opportunity isn’t what we lost:
We have lost our senses.

Sono rincasato che il sole sta già sorgendo alle spalle delle colline, ed illumina la parte più occidentale di Trieste, quella verso il mare, dalla quale ho fatto la lunga scarpinata che mi ha ricondotto a casa.

Questa è stata in definitiva la serata gaia meglio riuscita da quando sono a Trieste. È vero, non era una vera e propria Jota, era una festa post-sfilata di alcuni modelli della Diesel, tanto che l’abbiamo definita una “Jotje”, aggiungendo il suffisso del diminutivo neerlandese, ed è anche iniziata in maniera terribilmente fiacca con la gente che è arrivata dopo l’una e mezza, e la Fra non stava bene, ma mi sono divertito sul serio. Molto più delle altre volte.
Da sinistra: Jane, nonricordoilnome, Fra, Antonio, Luca e Giulia
In primo luogo, perché io e i miei amici abbiamo dato una mano con i preparativi, dato che Antonio, l’organizzatore della Jota, ha lodato il mio trucco gotico e mi ha chiesto di dargli una mano col suo (anche se poi è arrivato il truccatore ufficiale e mi sono salvato da un potenziale disastro), e perché avevamo dei posti riservati nel privé. Ed anche perché nel suddetto privé sono andato a faccia tosta a chiedere a Viktoria Cabello (sì, c’era pure lei!) di fare una foto con me. Purtroppo il flash ha massacrato il tutto, ma è sempre un ricordo carino. Appena la recupero – la fotocamera non era la mia – la metto.

Poi è stato divertente darsi alla caccia collettiva di un’unica preda: Luca che correva appresso al “Cravatta”, e noialtri – io, la Giulia e Roberto – che ci facevamo in quattro per rintracciarlo in mezzo alla folla danzante. Appena ci avvicinavamo, ecco che questo spariva: è stato un inseguimento eterno! Immagino che fra lui e i suoi amici fossero aperte le scommesse su chi di noi gli stava sbavando dietro. E quando finalmente la Giulia è partita in avanscoperta per chiedergli che tendenze avesse, salvo scoprire che era genericamente “impegnato” (e non era nemmeno questa gran bellezza). Game Over.

Il tempo di passare davanti al bancone del bar per andare alla toilette, ed ecco che io adocchio la mia preda: un aitante uomo presumibilmente più vicino ai trenta che ai venti, con lunghi capelli lisci e castani che incorniciavano uno dei visi più belli che abbia mai visto, in un completo elegante composto da camicia, giacca, pantaloni e cravatta. Insomma, non c’era dubbio: era di certo uno dei modelli! Il tempo di accompagnare gli altri in bagno e vedere se ero ancora presentabile, ed ecco che era sparito. L’ho ritrovato nel privé, ed ecco che io e Giulia ci siamo ingegnati per farmelo rimorchiare. Mentre lui faceva lo scemo contro la balaustra, guardando alla pista da ballo di sotto, mi sono appoggiato anche io, con lui che mi ha salutato con un “Ciao” dall’accento straniero. Mi ci è voluta la seconda chance per attaccare bottone, dopo una doverosa attesa terminata con lui che si avvicinava e mi chiedeva se era mio il pacchetto di sigarette caduto per terra che aveva riversato sulla moquette il suo contenuto, e poi io che gli ho chiesto se era un modello professionista. Ebbene no, è un grafico. Il quale, anzi, pensava che io fossi un modello. Insomma, il flirt purtroppo si è concluso con il bell’austriaco che mi ha offerto da bere e mi ha presentato ad alcune ragazze che ha consociuto lì, una delle quali indossava una spettacolare giacca gotica che ho scoperto essere un pezzo originale del Diciannovesimo secolo, facente parte di un vestito da funerale vittoriano. Peccato che sembrava essere piuttosto intimo con il mio bello. Oh well, mi ha pagato da bere e mi ha fatto dei complimenti, se non altro. Ammetto che la sua mano sulla schiena, mentre mi conduceva verso il bar, se da una parte mi ha dato dei piacevolissimi brividi, dall’altra mi ha messo un po’ di ansia: e se… la cosa fosse andata a buon fine? La lingua in bocca gliel’avrei messa ben volentieri, ma poi? Insomma, forse ero troppo impacciato io, forse era troppo alticcio per capire che ci stavo provando, forse avevo semplicemente capito male, ma la cosa è nata e morta lì, senza nemmeno una presentazione. Pazienza, rimarrà “Il Bell’Austriaco Senza Nome”, ma almeno mi ha movimentato la serata. O meglio, la mattinata. È stato divertente, sì. E mi ha fatto giungere a due conclusioni fondamentale: 1) io sono bello anche nella versione di cellule, oltre che in quella di pixel; 2) esistono ancora uomini in carne ed ossa tanto belli da piacermi.

We’re nothing but debris
Floating on a silver lake.
There’s nothing left to take
As we slowly fall apart.
We unite you through me
As we separate with fate.
We’re nothing but debris.

Friday 10 July 2009

Fine della sessione estiva

Ebbene sì: per la prima volta in quattordici anni di studi, ho ingoiato l’orgoglio e sono andato a strisciare ai piedi di un professore per poter strappare una sufficienza. Nella fattispecie, si tratta del temibile esame di Attiva Neerlandese nel quale mi  ero ritirato la prima volta ed ero stato bocciato la seconda - quello per il quale dovevamo imparare sette testi belli lunghetti a memoria, per intenderci, dato che dovevamo tradurre dall’italiano al neerlandese, per esempio, un articolo di cronaca nera su un aereo che si schianta, dove figurava l’espressione “compagnia di bandiera turca”, in neerlandese “turkse nationale luchtwaartmaatschappij”.

Strategicamente, due giorni prima dell’esame vado a chiedere alla prof, che di nome fa Dolores (un nome molto appropriato, dato che è stata il Dolores della mia esistenza, in queste ultime settimane), di farmi vedere il precedente esame. Parlando e correggendo, le chiedo quanto dovrei tradurre per arrivare alla sufficienza. Lei inizia a dire che dipende dagli errori e blabla, ma che comunque, dato che Traduzione Attiva ha solo due CFU, non avrebbe compromesso la media. Al che io, con un sorrisetto triste accompagnato dagli occhi da Bambi-con-la-zampetta-nella-tagliola, le faccio: “Oh, quello non è un problema. Mi preme maggiormente passarlo, non posso permettermi il lusso di fare lo schizzinoso con i voti. Purtroppo, con i moduli mi trovo con l’acqua alla gola per i crediti, perché anche se ho superato molti esami non me li possono riconoscere finché non supero gli ultimi tre, e rischio di perdere la casa dello studente”. Il colpo va a segno, e lei mi dice che potrebbe capitare questo e questo testo, mentre “le pare di” non aver messo quest’altro.

Ebbene, all’esame capita in effetti il testo che mi ha suggerito, ma assieme a quello mette lo stesso che aveva messo ai due appelli precedenti. Io mi ero detto: “dai, non è così sadica, non lo metterà per la terza volta”. Sbagliato! E quando ieri stesso escono i voti e vedo che ho preso 18, la cosa inizia a puzzarmi. Così oggi, quando vado a registrare il voto, mi sono già preparato all’umiliazione suprema, che arriva puntuale: senza mezzi termini, mi dice che è un 18 - - - che mi ha messo per quel fatto della casa dello studente. Sorrido e ringrazio, attendo che salga a bersi il caffè mentre controllo il compito (del quale non mi frega una mazza, e anzi, inganno il tempo sperando che il caffè le vada di traverso come ad una certa persona di conoscenza della Bloempje), dopo di che registro, faccio due chiacchiere col sorriso perfettamente finto sulle labbra e me ne esco.

Naturalmente, mi sono guardato bene dal dirle che dei suoi crediti non me ne facevo più nulla perché ieri, mentre stavo in atrio, è arrivato quello di Attiva Inglese, aka il Rigattiere, col pollice alzato per dirmi che ho passato l’esame e pure con un buon voto (che vedrò questo pomeriggio): non ho intenzione di studiare ancora quei maledetti testi e continuare a ritentare l’esame fino a esaurimento appelli. Mi basta così, anche perché di media mi è uscito un bel 24 pieno. E questo è quanto. Non avevo strisciato neppure davanti a quella di scienze quando, in quarta, mi ha messo l’unica insufficienza che ho mai avuto in pagella perché avendo la Mater operata non avevo studiato e mi ero beccato un 2, ma, purtroppo, c’è sempre la prima volta. A volte, è il caso di ignorare il proprio orgoglio ed abbassarsi ai mezzucci. Ne conseguirà, ovviamente, che l’orgoglio calpestato si rifarà con la prossima questione d’amore, ergo lo sciorinerò come dose extra al prossimo flirt che mi si presenterà, con le ovvie conseguenze: ignorerò il tutto. Oh well.

Tuesday 7 July 2009

Maledetti rigattieri

Nella terribile lotta per l’esistenza cerchiamo di aver qualcosa che duri, e ci riempiamo la testa di cianfrusaglie e fatti nella sciocca speranza di conservare le nostre posizioni. L’uomo che sa tutto: ecco l’ideale moderno. E la mente dell’uomo che sa tutto è spaventosa: è come la bottega di un rigattiere, tutta mostruosità e polvere, ogni cosa con un prezzo superiore a quel che vale.
[ Il Ritratto di Dorian Gray, capitolo I – Oscar Wilde ]

Ora, domanda da un milione di euro: perché mai questa citazione di Lord Henry mi ricorda tanto il mio professore di Inglese Attiva? Forse perché pretende che per il suo stramaledetto esame io debba conoscere a memoria tutte le capitali del mondo, tutti i re o presidenti, tutti i primi ministri, i laghi e i fiumi più grandi del mondo, e un mucchio di altre cose dalla più perfetta inutilità. Posso capire che voglia che io sappia chi compone il Governo di Sua Maestà, e anche la Cabinet di Obama. Ma della capitale e del presidente dello Zimbabwe che mi frega, sinceramente? Perché mai, anche se faccio una traduzione da trenta e lode non deve tenerne conto se non rispondo a dodici delle sue venti maledette domande di cultura generale? E soprattutto, che me ne faccio della sua cultura generale? La cultura è un fatto strettamente privato, e dato che lo spazio nel cervello e limitato (e diminuisce pure, visto che i neuroni che muoiono non vengono sostituiti), dovrei essere io a scegliere come riempirlo. Non sono un ignorante, non lo sono mai stato né ho intenzione di diventarlo. Amo leggere, amo ascoltare la musica e ho una conoscenza enciclopedica di buona parte del Female Fronted Metal, amo la geografia (capitali a parte), la filosofia, entro certi limiti pure la storia, ho conoscenze astronomiche non indifferenti, sono in grado di distinguere una trentina delle ottantotto costellazioni che sono ripartite fra i due emisferi, so pure che le costellazioni sono ottantotto, notare bene, ricordo puntualmente interi pezzi dei libri che leggo per piacere, e ricordo pure molte cose che ho studiato al liceo ma non rientravano nei miei interessi come gli autori italiani, ricordo perfino come è fatta una cellula e come funzionano gli elementi chimici e la tavola periodica, so cosa provoca una combustione e come si propaga il calore, ho delle discrete conoscenze informatiche, e bene o male parlo il triplo delle lingue dell’italiano medio (che, lo riconosco, non è un buon termine di paragone) e ho una padronanza della mia lingua madre molto superiore a buona parte dei miei coetanei. Ergo, il mio bagaglio culturale ce l’ho.

Questo fatto mi ricorda un’osservazione fatta dal professore di italiano delle medie al mio non saper rispondere ad una data domanda: “Alessandro, ormai, non si interessa più di tutto ciò che gli capita intorno, ma seleziona con cura le informazioni che vuole immagazzinare”. Non ricordo il resto del contesto, ma mi pare che il suo tono fosse di rimprovero. E perché mai, di grazia? Perché dovrei interessarmi di cose che sono lontane mille miglia dai miei gusti? Soprattutto quando non ce n’è alcun bisogno contingente. Cosa crede, ora, quel pallone gonfiato, che gli interpreti abbiano la scienza infusa nel cervello? Ovvio che, come del resto fanno tutti i miei futuri colleghi sensati e ragionevoli, se mi capiterà mai di fare da interprete ad una delegazione della Tanzania, la settimana prima tirerò fuori l’atlante e guarderò come si chiama il villaggio di quattro capanne che conta capitale, cercherò su google il nome del capotribù che conta presidente e darò pure un’occhiata al governo. Ma fino ad allora, non sapere delle notizie per me così triviali non mi fa né caldo né freddo! Anzi, per quanto mi riguarda il re della Tanzania e del resto della savana potrebbe benissimo essere Simba, e non farebbe una piega! È o non è lui il Re Leone? Ecco!

La tentazione di andare domani e scrivergli il quotone di Wilde sul foglio d’esame è enorme, lo ammetto, ma purtroppo devo piegare il capo e ingoiare la foglia. Mi sono sinceramente pentito di non essere andato al primo appello, dato che avrei potuto copiare con molta più facilità. Ma ormai what’s done is done, per cui posso solo tentare di farmi onore. Tanto, un minimo di cultura generale ce l’ho, e non mi ci è voluto nulla, l’altra volta, per scrivergli che il fiume più lungo d’Europa fuori dalla Comunità Europea è il Volga. Tie’! Peccato non aver saputo la capitale del dannato Bangladesh. Ma a questo turno, speriamo vada meglio. A questo punto, preferisco di gran lunga l’esame di Passiva Inglese: almeno lì la roba da studiare era tanta - tutti i termini di inglese commerciale con relative traduzioni e definizioni - ma limitata e, soprattutto, concretamente utile.

A questo proposito, ecco una perfetta citazione di Conan Doyle. Non già del nobile sfaccendato come Lodr Henry, ma messa in bocca al borghesissimo, praticissimo, professionale Sherlock Holmes: “Il cervello di un uomo è come una soffitta vuota: la si deve riempire con mobilio a nostra scelta. L’incauto vi immagazzina tutto ciò che si trova fra i piedi, cosicché le nozioni utili finiscono per non trovare più spazio o, nella migliore delle ipotesi, si mescolano con cianfrusaglia inutile, cosicché diviene difficile reperirle. Viceversa, lo studioso accurato seleziona con cura ciò che immagazzina nella soffitta del suo cervello, mettendoci soltanto gli strumenti utili al suo lavoro, ma in vasto assortimento e in perfetto ordine. È un errore illudersi che quella stanzetta abbia pareti elastiche che si allungano a dismisura: viene sempre il momento in cui ogni nuova nozione ne fa dimenticare una vecchia. È dunque importantissimo che un assortimento di fatti inutili non scalzi quelli utili. Lei dice che la Terra gira intorno al Sole. Se anche girasse intorno alla Luna, non cambierebbe nulla per me o il mio lavoro.

Monday 6 July 2009

Midsummertears

La Mort Plane Sur Ces Contrées Glacées by GothicNarcissus


Winternight,
Conceal thy precious angellore.
I secrete my soul
Under thy wings of sorrow.
Ebbene sì: il caldo è arrivato. Dopo un giugno magnificamente fresco e piovoso – a parte qualche sporadica giornata afosa e soleggiata – sembra che Luglio abbia deciso di scatenarsi. Fa talmente caldo che la chiavetta mi ha fatto cadere la connessione dopo essere diventata incandescente. Fa talmente caldo che non viene nemmeno voglia di mangiare cioccolato. Fa talmente caldo che non mi viene nemmeno da scrivere sul blog. E, assieme al caldo, l’umidità: è da tre sere che si vede solo la sagoma nera della collina di San Giusto stagliata contro l’umidità resa giallognola dalle luci artificiali. Perfino l’acqua fredda della bacinella nella quale tengo i piedi in ammollo è ormai diventata caldissima.

Ancora una volta, viva quel folle di Morten Veland: lui, perennemente impegnato nell’elogio dell’inverno. Chi può osare dagli torto? E dire che l’opinione pubblica considera questo periodo orrido e torrido come il più bello dell’anno, e se osi dire che lo odi e non vedi l’ora dei grigi cieli di Ottobre, delle brezze fresche e delle foglie che cadono ti guardano come fossi folle. E tutto per cosa? Per poche ore di sofferenza sotto il sole in una striscia di sabbia che si appiccica alla pelle.

Ripensando a quando ci andavo io, al mare, la cosa che mi entusiasmava era principalmente costruire i castelli di sabbia e giocare nell’acqua con la mamma. Cosa che, a ben vedere, era una semplice variazione sul tema di giocare con i lego e con la mamma a casa. Per questo odiavo profondamente gli scogli. E quando invece ero più grande, ho iniziato ad odiare la sabbia che si attaccava alla mia pelle, ed il divertimento stava nell’esplorazione degli scogli con Giovanni, il che era, a ragion veduta, un’altra variazione, stavolta sul tema dell’esplorazione del giardino abbandonato del complesso di Santa Chiara. L’abbronzatura non è mai stata il mio obiettivo – infatti da piccolo avevo regolarmente la schiena abbronzata e la pancia bianca per quanto stavo prono a giocare coi castelli – né lo è mai stato nuotare - da piccolo non facevo che sguazzare, e da più grandicello, dopo un anno di lezioni ho continuato ad essere la schiappa che ero. Ma ora che non ho più né l’età per giocare con i lego, né quella per esplorare giardini abbandonati, che interesse può rivestire per me il mare? Di cosa può diventare un surrogato? Questo a prescindere dal mi odio per il sole, l’abbronzatura e tutto il resto. Non vedo proprio una ragione valida per andare al mare: in spiaggia la sabbia si appiccica e da fastidio e le tracine stanno sempre in agguato sotto il fondale, pronte a massacrarti il piede con le loro pinne velenose; agli scogli si rischia di tagliarsi, infilarsi spine di riccio nel piede e c’è puzza di alghe e molluschi. Cosa dovrei trovarci di divertente? Molto, molto meglio godermi il fresco all’ombra delle foglie gialle sotto un cielo grigio carico di sublime malinconia, o osservare la candida neve che imbianca ogni cosa col suo mantello.

Per concludere: non avrei mai pensato di trovare una grande verità scritta su un pacchetto di sigarette, nella fattispecie le Chesterfield:
Pleasure is experienced on many levels across the senses.
It takes time to discover the richness of true enjoyment.

Wednesday 1 July 2009

S.

Perché adoro il tuo modo di chiamarmi “Piccolo”. Perché, detto da te, è bello perfino “Patatino”. Perché mi chiamavi sempre “Capriccio” e “Fogliolina”. Perché amo quando mi chiami “Passerotto” per arruffianarmiti. Perché adoro quando fai i capricci e metti il muso per attirare la mia attenzione. Perché ci sei sempre quando ho bisogno di te. Perché con te ci sono cresciuto. Perché senza di te non so dove sarei, e le cose sarebbero senza dubbio più tristi e più brutte. Perché ti voglio bene in modo trascendentale, puro e a priori. Per la telepatia. Perché sei la mia musa. Per Dorian e Frisson. Perché non ho intenzione di dirti che sorpresa ti sto preparando. Perché se il cellulare ha fatto il cretino e non ti è arrivato il messaggio a mezzanotte in punto, c'è sempre questo post che lo sostituisce, perché io devo essere il primo, ecco.

Per tutti questi motivi, sì: oggi è un giorno da festeggiare. Perché senza di te, il mondo sarebbe un posto più brutto.

Auguri, Bloempje.