I’ve cried a river for you to swim,
To let you know the state we’re in.
I’ve sent a message throughout the stars,
For His kingdom is full of scars.
I am Lucifer, let us unite:
Come with me and leave His light!
I am the Light
That leads to Darkness.
I am the Night.
Behold Pandemonium!
Behold the Morningstar!
Behold Lucifer!
To let you know the state we’re in.
I’ve sent a message throughout the stars,
For His kingdom is full of scars.
I am Lucifer, let us unite:
Come with me and leave His light!
I am the Light
That leads to Darkness.
I am the Night.
Behold Pandemonium!
Behold the Morningstar!
Behold Lucifer!
Diciamolo: ascoltare The Morningstar dei Draconian mentre si osserva il diretto interessato rifulgere circondato da una cornice di nuvole nel cielo orientale che va delicatamente stingendo dal blu di Prussia ad un azzurro fiordaliso mentre si aspetta l’alba sdraiati sull’estremità del Molo Audace di Trieste ha indubbiamente il suo fascino. Si può perfino prendere un profondo respiro e credere, o meglio, illudersi che quel fulgore sia davvero il frutto di un uomo dall’aspetto bellissimo con grandi ali piumate e lunghi capelli neri che viene cacciato dal Paradiso per l’invidia di un dio malvagio che vuole assoggettare qualcosa di bello al proprio volere, e non delle nuvole di acido solforico che solcano l’atmosfera di anidride carbonica di un pianeta la cui temperatura superficiale supera i 500°C. D’accordo, entrambe le cose hanno un’evidente connessione con l’inferno, ma sinceramente è in momenti come questi che sono felice di essere un artista e non uno scienziato. E dire che ho passato dodici anni della mia vita, dai quattro ai sedici, convinto del contrario.
Il perché di queste riflessioni è presto detto: ho fatto l’alba stamattina. Ieri notte siamo andati all’ultima Jota prima della mia partenza e siamo stati tutti assieme. Il copione è stranamente tornato alle volte precedenti alla Jotje, ovvero con me che non trovo nessuno che mi attirasse almeno vagamente, per cui non ho concluso niente, ma pazienza, rimandiamo tutto a settembre, al Decadence di Bologna in compagnia di Luisa. In compenso, mi è stato proposto di far parte di un progetto fotografico a settembre-ottobre, un vecchio con un’incipiente pelata ci ha ripetutamente provato con me nonostante non lo calcolassi di striscio, sono stato letteralmente sommerso di complimenti da una coppia di ragazze (e, voglio dire, i complimenti che piacciono a me: amo sentirmi dire che vado al di là della bellezza) e, incontrando una delle ragazze dell’altra volta, ho scoperto il nome dell’Austriaco cretino: Thomas (che, peraltro, vive a Londra). Oh well.
Da segnalare ancora c’è che ieri, dopo quasi tre anni di onorato servizio, il mio Nokia n70 ha deciso di rendere l’anima. Quando tento di accenderlo mi resta la schermata bianca e non carica nemmeno quella per l’inserimento del PIN. Non si accorge nemmeno del fatto che lo metto in ricarica, né si spegne se premo il pulsantino di sopra (per cui devo levare la batteria). Quel cellulare, che avrebbe compiuto 3 anni il 10 agosto, ha resistito a prove sovacellulariane, tipo i ripetuti voli post-litigio con la Bloempje, infinite cadute per la mia sbadataggine e simili. Si è arreso unicamente al caldo. Beh, ora come ora non ho tempo di spedirlo in assistenza, per cui mi sto arrangiando col glorioso Nokia 7210 (con ancora lo sfondo di Edea di Final Fantasy VIII), poi deciderò sul da farsi. Teoricamente, i miei precedenti cellulari sono tutti stati cambiati a distanza di tre anni l’uno dall’altro, per cui magari è giunta l’ora di rispettare la tradizione. Peccato che quest’anno non ci sarà la triennale release degli Evanescence in concomitanza.
Il perché di queste riflessioni è presto detto: ho fatto l’alba stamattina. Ieri notte siamo andati all’ultima Jota prima della mia partenza e siamo stati tutti assieme. Il copione è stranamente tornato alle volte precedenti alla Jotje, ovvero con me che non trovo nessuno che mi attirasse almeno vagamente, per cui non ho concluso niente, ma pazienza, rimandiamo tutto a settembre, al Decadence di Bologna in compagnia di Luisa. In compenso, mi è stato proposto di far parte di un progetto fotografico a settembre-ottobre, un vecchio con un’incipiente pelata ci ha ripetutamente provato con me nonostante non lo calcolassi di striscio, sono stato letteralmente sommerso di complimenti da una coppia di ragazze (e, voglio dire, i complimenti che piacciono a me: amo sentirmi dire che vado al di là della bellezza) e, incontrando una delle ragazze dell’altra volta, ho scoperto il nome dell’Austriaco cretino: Thomas (che, peraltro, vive a Londra). Oh well.
Da segnalare ancora c’è che ieri, dopo quasi tre anni di onorato servizio, il mio Nokia n70 ha deciso di rendere l’anima. Quando tento di accenderlo mi resta la schermata bianca e non carica nemmeno quella per l’inserimento del PIN. Non si accorge nemmeno del fatto che lo metto in ricarica, né si spegne se premo il pulsantino di sopra (per cui devo levare la batteria). Quel cellulare, che avrebbe compiuto 3 anni il 10 agosto, ha resistito a prove sovacellulariane, tipo i ripetuti voli post-litigio con la Bloempje, infinite cadute per la mia sbadataggine e simili. Si è arreso unicamente al caldo. Beh, ora come ora non ho tempo di spedirlo in assistenza, per cui mi sto arrangiando col glorioso Nokia 7210 (con ancora lo sfondo di Edea di Final Fantasy VIII), poi deciderò sul da farsi. Teoricamente, i miei precedenti cellulari sono tutti stati cambiati a distanza di tre anni l’uno dall’altro, per cui magari è giunta l’ora di rispettare la tradizione. Peccato che quest’anno non ci sarà la triennale release degli Evanescence in concomitanza.
No comments:
Post a Comment