Sunday 12 July 2009

Jotje

Let me speak again,
Pursue the praise – not too soon –
In two yields construed by me and you.
Tracing the cause and case
As we stand here face to face.
Simple twofoldness is our brace
That makes it feel like you and me.

Opportunity isn’t what we lost:
We have lost our senses.

Sono rincasato che il sole sta già sorgendo alle spalle delle colline, ed illumina la parte più occidentale di Trieste, quella verso il mare, dalla quale ho fatto la lunga scarpinata che mi ha ricondotto a casa.

Questa è stata in definitiva la serata gaia meglio riuscita da quando sono a Trieste. È vero, non era una vera e propria Jota, era una festa post-sfilata di alcuni modelli della Diesel, tanto che l’abbiamo definita una “Jotje”, aggiungendo il suffisso del diminutivo neerlandese, ed è anche iniziata in maniera terribilmente fiacca con la gente che è arrivata dopo l’una e mezza, e la Fra non stava bene, ma mi sono divertito sul serio. Molto più delle altre volte.
Da sinistra: Jane, nonricordoilnome, Fra, Antonio, Luca e Giulia
In primo luogo, perché io e i miei amici abbiamo dato una mano con i preparativi, dato che Antonio, l’organizzatore della Jota, ha lodato il mio trucco gotico e mi ha chiesto di dargli una mano col suo (anche se poi è arrivato il truccatore ufficiale e mi sono salvato da un potenziale disastro), e perché avevamo dei posti riservati nel privé. Ed anche perché nel suddetto privé sono andato a faccia tosta a chiedere a Viktoria Cabello (sì, c’era pure lei!) di fare una foto con me. Purtroppo il flash ha massacrato il tutto, ma è sempre un ricordo carino. Appena la recupero – la fotocamera non era la mia – la metto.

Poi è stato divertente darsi alla caccia collettiva di un’unica preda: Luca che correva appresso al “Cravatta”, e noialtri – io, la Giulia e Roberto – che ci facevamo in quattro per rintracciarlo in mezzo alla folla danzante. Appena ci avvicinavamo, ecco che questo spariva: è stato un inseguimento eterno! Immagino che fra lui e i suoi amici fossero aperte le scommesse su chi di noi gli stava sbavando dietro. E quando finalmente la Giulia è partita in avanscoperta per chiedergli che tendenze avesse, salvo scoprire che era genericamente “impegnato” (e non era nemmeno questa gran bellezza). Game Over.

Il tempo di passare davanti al bancone del bar per andare alla toilette, ed ecco che io adocchio la mia preda: un aitante uomo presumibilmente più vicino ai trenta che ai venti, con lunghi capelli lisci e castani che incorniciavano uno dei visi più belli che abbia mai visto, in un completo elegante composto da camicia, giacca, pantaloni e cravatta. Insomma, non c’era dubbio: era di certo uno dei modelli! Il tempo di accompagnare gli altri in bagno e vedere se ero ancora presentabile, ed ecco che era sparito. L’ho ritrovato nel privé, ed ecco che io e Giulia ci siamo ingegnati per farmelo rimorchiare. Mentre lui faceva lo scemo contro la balaustra, guardando alla pista da ballo di sotto, mi sono appoggiato anche io, con lui che mi ha salutato con un “Ciao” dall’accento straniero. Mi ci è voluta la seconda chance per attaccare bottone, dopo una doverosa attesa terminata con lui che si avvicinava e mi chiedeva se era mio il pacchetto di sigarette caduto per terra che aveva riversato sulla moquette il suo contenuto, e poi io che gli ho chiesto se era un modello professionista. Ebbene no, è un grafico. Il quale, anzi, pensava che io fossi un modello. Insomma, il flirt purtroppo si è concluso con il bell’austriaco che mi ha offerto da bere e mi ha presentato ad alcune ragazze che ha consociuto lì, una delle quali indossava una spettacolare giacca gotica che ho scoperto essere un pezzo originale del Diciannovesimo secolo, facente parte di un vestito da funerale vittoriano. Peccato che sembrava essere piuttosto intimo con il mio bello. Oh well, mi ha pagato da bere e mi ha fatto dei complimenti, se non altro. Ammetto che la sua mano sulla schiena, mentre mi conduceva verso il bar, se da una parte mi ha dato dei piacevolissimi brividi, dall’altra mi ha messo un po’ di ansia: e se… la cosa fosse andata a buon fine? La lingua in bocca gliel’avrei messa ben volentieri, ma poi? Insomma, forse ero troppo impacciato io, forse era troppo alticcio per capire che ci stavo provando, forse avevo semplicemente capito male, ma la cosa è nata e morta lì, senza nemmeno una presentazione. Pazienza, rimarrà “Il Bell’Austriaco Senza Nome”, ma almeno mi ha movimentato la serata. O meglio, la mattinata. È stato divertente, sì. E mi ha fatto giungere a due conclusioni fondamentale: 1) io sono bello anche nella versione di cellule, oltre che in quella di pixel; 2) esistono ancora uomini in carne ed ossa tanto belli da piacermi.

We’re nothing but debris
Floating on a silver lake.
There’s nothing left to take
As we slowly fall apart.
We unite you through me
As we separate with fate.
We’re nothing but debris.

2 comments:

  1. SoloDallaMente12 July 2009 at 15:10

    Io volevo vedere in realtà, altre due foto:



    1) tu davanti alla giacca del cadavere del diciannovesimo secolo.



    2) tu davanti al tipo, che ti appoggi alla stessa ringhiera.





    Umh, alla tipa della giacca, poi, dovevi chiedere che detersivo usa °_°

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  2. Certo che sei bello XD

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