Saturday, 26 December 2009

In the Merilandian depths

Ed infine eccomi qui, parcheggiato a casa del Procreatore senza nulla da fare, talmente disperato per la noia da mettermi a scrivere un post non in linea che verrà retrodatato al giorno e l’ora corretti grazie alle funzionalità della nuova versione di Splinder, e con nelle orecchie i Dejafuse che, mi perdonino Nienke e i suoi fan, con il loro hard rock piuttosto monocorde non aiutano un granché a svagarsi. Addirittura, è il primo giorno di reclusione e ho già esaurito tutti i parenti da visitare, ottenendo in cambio null’altro che una fastidiosa quanto persistente puzza di gamberi sui capelli appena lavati (che sono miracolosamente tornati morbidi e setosi dopo il crespo stopposo dei giorni scorsi). Ora l’unica cosa che posso fare è chiedermi mestamente come impiegherò i prossimi quattro giorni.

L’incontro col degno signore dopo quasi un anno di silenzio è andato meglio del previsto: la conversazione si è attestata subito su un cortese tono semi-formale ed è andata liscia e senza intoppi. D’altro canto, l’interazione col Procreatore richiede un impegno minimo: basta buttare lo sguardo su che tempo fa, sciorinare i risultati accademici e commentare gli ultimi avvenimenti tenendo conto che tutto è sempre e comunque una manovra politica, tutti complottano contro i poveri Sardegnoli ed ogni cosa è in ultima istanza colpa dell’America. Tutto questo finché non si arriva a casa e si sente il tono d’avvio di Windows XP nell’altra stanza. Sua sorella è ancora più facile da gestire: è qui che legge mansueta il suo libro sui santuari di preghiera croati con la messa di Radio Maria in sottofondo da una parte e ciò che esce dai miei auricolari dall’altra, e quando si scrolla dal suo stato di mummificazione basta sorridere, annuire, non parlare male del Papa (che è caduto! Ahah!) e dirle quanto è bella Trieste. Il resto del parentame è la solita solfa: quando sei arrivato, quanto stai, com’è Trieste, come va l’università, vuoi un cioccolato, vuoi un bitter, un succo di frutta, un mirto, un colpo di pistola in testa (ah no, quello anche se lo voglio non me lo offrono).

La cosa più irritante di questa menata è che ormai si sono abituati al mio look. A casa di cugino+moglie+cognati+zii ero l’unico che, in mezzo ad una fiumana di gente adulta e bambina rigorosamente in tuta sportiva, sfoggiava capelli lunghi e curati, anfibioni a metà polpaccio e un paltò in broccato di velluto nero corsettato sulla schiena e nessuno, dico nessuno si è degnato di notarlo. E io che mi ero preparato a fare una sfilata di moda, accidenti a loro! Del resto, lo stesso Procreatore non ha fatto caso a nulla di tutto ciò, essendo fin troppo entusiasta per la sua ultima creazione, che mi ha mostrato non appena arrivati a casa: 53 interminabili minuti di documentario su come funzionava il caseificio da lui fondato in Siria, il tutto filmato da lui con una compatta e montato da un laboratorio grafico con didascalie spandimiele e canzoni che sarebbero piaciute tantissimo al mio ex vicino di stanza (e che dunque a me facevano saltare i nervi). Tutto ciò sotto il romantico titolo de “Il Sogno si è avverato”. E ah, sì, un lungo commento in sovrimpressione alla fine che si concludeva con “Ho un solo rimpianto, ma di questo parlerò nella prossima vita”, sul quale ho preferito non indagare perché ho idea abbia a che fare con me. Ovviamente, ho lodato la produzione e fatto domande pertinenti sulla lavorazione del formaggio fingendo anche di mostrarmi molto interessato. Ah, che cosa non si fa per pochi euro in più… Mammon portami via.

Al pensiero che mi aspettano dai tre ai quattro altri giorni così mi si raggela il sangue nelle vene.

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