Non so. Sarà il clima di repressione che si respira in questo villaggio ai margini della civiltà; sarà il non potersi dare a quel po’ di sano autoerotismo quotidiano causa scarsità di privacy (sommate il sonno leggero dei vecchi, le loro porte perennemente spalancate, il vizio di ficcare il naso per vedere se mi sono addormentato, questo sconosciuto del verbo bussare che non esiste nemmeno a titolo formale, e lo sguardo vigile di Padre Pio che farebbe ammosciare anche Pavel Novotny); sarà che se non devi pensare a qualcosa per evitare di fare un’uscita gaia davanti ai parenti automaticamente non pensi ad altro… Il fatto sta che stanotte sono riuscito a fare non uno, ma ben tre sogni a sfondo omosessuale di fila. E non sogni qualsiasi, ma tutti rigorosamente ambientati nelle epoche storiche più disparate e fra l’altro a sfondo romantico più che sessuale. Insomma, una specie di Harmony yaoi!
Nel primo ero una specie di libertino del 1500 che capeggiava orge gaie in una specie di torre. Il mio amante era una specie di alto ufficiale delle milizie ducali, e ad una certa faceva irruzione con alcuni membri della Santa Inquisizione per arrestarci, forse per vendicarsi del fatto che nonostante lui fosse il mio uomo io mi dilettavo in situazioni del genere, forse perché mi amava e voleva salvare la mia anima peccatrice. Il fatto sta che per non essere catturato e torturato mi suicidavo, e rimanevo sotto forma di fantasma a cercare la mia vendetta, tentando di rovesciargli addosso tutto ciò che mi capitava a tiro (e questa è, fra le tante, l’unica volta che ricordo in cui ho davvero sognato di morire e non mi sono svegliato un istante prima).
Nel secondo sogno mi trovavo invece in un’enorme maniero vittoriano, ed ero nientemeno che Dorian Gray (quello biondo) in persona. C’era un grande ricevimento, e io avevo Lord Henry accanto. Ad ogni buona occasione tentavamo di imboscarci da qualche parte a pomiciare, ma c’era sempre qualcuno che ci disturbava. Non vedevamo l’ora che l’intera menata finisse per ritirarci nelle rispettive camere e approfittare della porticina che le metteva in comunicazione, ma niente, la festa andava avanti ad oltranza e per noi non c’era pace né nel sottoscala, né nella serra, né dietro le tende. È stato un sogno estremamente frustrante.
Il terzo ed ultimo è quello che ricordo meglio: ero un cortigiano di Versailles ai tempi di Luigi XVI. Non solo, ma ero addirittura l’amante del re. Per mia fortuna, però, al posto di quel simpatico omone pingue con la parrucca incipriata c’era il bel principe Marth di qualche post fa, sebbene fosse comunque Re di Francia, sposato con Maria Antonietta, inguaiato col popolo e tutto il resto. Ebbene, il ricordo più vivido di questo sogno era proprio l’emozione che provavo standogli accanto. Lo amavo. Lo amavo visceralmente, avrei ucciso per lui e averlo accanto era quanto di più bello potesse capitarmi. Ora, il bel sovrano e io ci ritroviamo ad amoreggiare in un luogo appartato contro una delle mura esterne della reggia, salvo che Maria Antonietta passa da lì e rischia di scoprirci. Allora il re suggerisce di appartarci in una specie di scantinato poco lontano in cui avvenivano dei furti di gioielli (non ricordo bene se connessi a lui stesso o meno). Quando ci avviciniamo, scopriamo che quella è una “notte delle Grazie”, ovvero una notte in cui le giovani e nobili debuttanti, ipnotizzate e vestite di bianco, andavano a danzare come le Grazie nel giardino e venivano derubate dei gioielli senza che se ne accorgessero. Il re si allontana in direzione dello scantinato, mentre io resto lì, sul piazzale ghiaioso, e noto che c’è una famiglia di nobili decaduti adagiati su una sporgenza del muro di una specie di tempietto barocco. Chiedo loro se hanno visto qualche Grazia, e loro mi rispondono di no, che c’è Lucia (e questa devo averla presa direttamente dalla giocata fatta poco prima con la Bloempje). Se non che, capisco che hanno intuito che il re è invischiato nell’affare e conosce la cantina, e dico loro che vado a recuperarlo. Scendo nella cantina per cercarlo, e qualcuno ci chiude dentro. La cassaforte dove venivano nascosti i gioielli è vuota e noi non sappiamo come uscire. A quel punto sentiamo un rumore, e guardando dalla serratura vedo che una famiglia di cinesi (??), che so essere i proprietari dello scantinato si sta avvicinando. Il re è terrorizzato all’idea che ci scoprano lì, sia per la nostra tresca che per l’affare dei gioielli, e a quel punto – e giuro, dopo questa al risveglio ho trovato guance, capelli e cuscino umidi – gli dico di non preoccuparsi, lo spingo contro il muro, gli prendo il volto fra le mani, lo bacio in maniera struggente come fosse l’ultima volta, e mentre la porta si apre mi allontano, gli prendo la mano e inizio a lamentarmi di avere dolore alla testa e che i nobili decaduti di cui prima ci avevano derubati e rinchiusi lì dentro, che erano loro gli autori delle Notti delle Grazie e il re li aveva scoperti ed ero andato a salvarlo. (In tutto ciò, per qualche strano motivo immaginavo che erano davvero immischiati). Arrivano i soccorsi e lì mi sveglio nelle condizioni di cui sopra.
Harmony yaoi, come avevo detto! Mi chiedo da dove cavolo la mia mente le tiri fuori, queste uscite, perché da sveglio mi rifiuterei anche solo di pensarle. Ah, secondo me la zia mette qualcosa di strano nel ripieno delle seadas!
Nel primo ero una specie di libertino del 1500 che capeggiava orge gaie in una specie di torre. Il mio amante era una specie di alto ufficiale delle milizie ducali, e ad una certa faceva irruzione con alcuni membri della Santa Inquisizione per arrestarci, forse per vendicarsi del fatto che nonostante lui fosse il mio uomo io mi dilettavo in situazioni del genere, forse perché mi amava e voleva salvare la mia anima peccatrice. Il fatto sta che per non essere catturato e torturato mi suicidavo, e rimanevo sotto forma di fantasma a cercare la mia vendetta, tentando di rovesciargli addosso tutto ciò che mi capitava a tiro (e questa è, fra le tante, l’unica volta che ricordo in cui ho davvero sognato di morire e non mi sono svegliato un istante prima).
Nel secondo sogno mi trovavo invece in un’enorme maniero vittoriano, ed ero nientemeno che Dorian Gray (quello biondo) in persona. C’era un grande ricevimento, e io avevo Lord Henry accanto. Ad ogni buona occasione tentavamo di imboscarci da qualche parte a pomiciare, ma c’era sempre qualcuno che ci disturbava. Non vedevamo l’ora che l’intera menata finisse per ritirarci nelle rispettive camere e approfittare della porticina che le metteva in comunicazione, ma niente, la festa andava avanti ad oltranza e per noi non c’era pace né nel sottoscala, né nella serra, né dietro le tende. È stato un sogno estremamente frustrante.
Il terzo ed ultimo è quello che ricordo meglio: ero un cortigiano di Versailles ai tempi di Luigi XVI. Non solo, ma ero addirittura l’amante del re. Per mia fortuna, però, al posto di quel simpatico omone pingue con la parrucca incipriata c’era il bel principe Marth di qualche post fa, sebbene fosse comunque Re di Francia, sposato con Maria Antonietta, inguaiato col popolo e tutto il resto. Ebbene, il ricordo più vivido di questo sogno era proprio l’emozione che provavo standogli accanto. Lo amavo. Lo amavo visceralmente, avrei ucciso per lui e averlo accanto era quanto di più bello potesse capitarmi. Ora, il bel sovrano e io ci ritroviamo ad amoreggiare in un luogo appartato contro una delle mura esterne della reggia, salvo che Maria Antonietta passa da lì e rischia di scoprirci. Allora il re suggerisce di appartarci in una specie di scantinato poco lontano in cui avvenivano dei furti di gioielli (non ricordo bene se connessi a lui stesso o meno). Quando ci avviciniamo, scopriamo che quella è una “notte delle Grazie”, ovvero una notte in cui le giovani e nobili debuttanti, ipnotizzate e vestite di bianco, andavano a danzare come le Grazie nel giardino e venivano derubate dei gioielli senza che se ne accorgessero. Il re si allontana in direzione dello scantinato, mentre io resto lì, sul piazzale ghiaioso, e noto che c’è una famiglia di nobili decaduti adagiati su una sporgenza del muro di una specie di tempietto barocco. Chiedo loro se hanno visto qualche Grazia, e loro mi rispondono di no, che c’è Lucia (e questa devo averla presa direttamente dalla giocata fatta poco prima con la Bloempje). Se non che, capisco che hanno intuito che il re è invischiato nell’affare e conosce la cantina, e dico loro che vado a recuperarlo. Scendo nella cantina per cercarlo, e qualcuno ci chiude dentro. La cassaforte dove venivano nascosti i gioielli è vuota e noi non sappiamo come uscire. A quel punto sentiamo un rumore, e guardando dalla serratura vedo che una famiglia di cinesi (??), che so essere i proprietari dello scantinato si sta avvicinando. Il re è terrorizzato all’idea che ci scoprano lì, sia per la nostra tresca che per l’affare dei gioielli, e a quel punto – e giuro, dopo questa al risveglio ho trovato guance, capelli e cuscino umidi – gli dico di non preoccuparsi, lo spingo contro il muro, gli prendo il volto fra le mani, lo bacio in maniera struggente come fosse l’ultima volta, e mentre la porta si apre mi allontano, gli prendo la mano e inizio a lamentarmi di avere dolore alla testa e che i nobili decaduti di cui prima ci avevano derubati e rinchiusi lì dentro, che erano loro gli autori delle Notti delle Grazie e il re li aveva scoperti ed ero andato a salvarlo. (In tutto ciò, per qualche strano motivo immaginavo che erano davvero immischiati). Arrivano i soccorsi e lì mi sveglio nelle condizioni di cui sopra.
Harmony yaoi, come avevo detto! Mi chiedo da dove cavolo la mia mente le tiri fuori, queste uscite, perché da sveglio mi rifiuterei anche solo di pensarle. Ah, secondo me la zia mette qualcosa di strano nel ripieno delle seadas!
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