Avevo promesso che ne avrei parlato, ed ora che non ho più un computer che fa i capricci posso farlo liberamente.
Ricordo di aver iniziato a collezionare i volumi di God Child esattamente dal numero 11, ovvero l’ultimo, che ho comprato a Ferrara durante la gita scolastica del quinto liceo. Lentamente, in circa un anno e mezzo sono riuscito a reperire tutti gli altri tranne i primi due: questi li ho trovati solo al Lucca Comics 2009 assieme alla serie completa. Beh, dato che il venditore ha fatto un errore molto grossolano nel dirmi il prezzo, dandomeli praticamente per il costo effettivo degli undici volumetti invece che maggiorato come si fa di solito con le serie complete con alcuni numeri introvabili, non ci ho pensato due volte, col proposito di rivendere quelli che già avevo da parte. Insomma, era un’occasione, altroché.
Ricordo di aver iniziato a collezionare i volumi di God Child esattamente dal numero 11, ovvero l’ultimo, che ho comprato a Ferrara durante la gita scolastica del quinto liceo. Lentamente, in circa un anno e mezzo sono riuscito a reperire tutti gli altri tranne i primi due: questi li ho trovati solo al Lucca Comics 2009 assieme alla serie completa. Beh, dato che il venditore ha fatto un errore molto grossolano nel dirmi il prezzo, dandomeli praticamente per il costo effettivo degli undici volumetti invece che maggiorato come si fa di solito con le serie complete con alcuni numeri introvabili, non ci ho pensato due volte, col proposito di rivendere quelli che già avevo da parte. Insomma, era un’occasione, altroché.
In tutto ciò, però, il problema principale è stato un dettaglio non indifferente: qualcuno che non ricordo mi aveva spoilerato nientemeno che la fine della serie. Di conseguenza, la mia voglia di leggerla non riusciva proprio a decollare (sia per il fatto in sé di conoscerne la conclusione, sia per come si conclude), ed ho quindi esitato e posticipato la lettura fino a quando il piccì non mi ha dato forfait e ho dovuto trovare un modo alternativo per impiegare il mio tempo. (A questo proposito, vale la pena di aprire una piccola parentesi: per qualche motivo che non riesco a capire, conoscevo il finale di God Child già nel 2006, come dimostrato da un post di dicembre).
Nonostante le premesse tutt’altro che rosee, però, God Child è riuscito a dimostrarsi una lettura estremamente coinvolgente e godibile. Anche non sapendo come va a finire, le situazioni che si vanno a creare sono tali che la lettura diventa quasi compulsiva e l’adrenalina entra prepotentemente in circolo. Un grande merito che va invece a Kaori è di essere riuscita a creare una trama talmente convincente da avere un turning point che mescola totalmente le carte in tavola e lascia talmente sconvolti che nemmeno spoiler successivi guastano il piacere della lettura, perché davvero si inizia a non sapere più cosa aspettarsi (ovviamente, però, se si conosce questo turning point le cose iniziano ad andare davvero male). Ma d’altro canto, la Sensei Yuki è ben nota per non creare mai delle trame banali (almeno dal quinto volume di Angel Sanctuary in poi, che considero più o meno l’inizio della sua età d’oro sia come sviluppo della storia che come disegni), per cui una storia coinvolgente è garantita, sia per quanto riguarda le trame dei singoli episodi che quella generale che li accomuna. Mirabile è stato inoltre come molti dettagli di God Child siano riusciti a mettere in un’altra prospettiva anche episodi occorsi nei volumi di cui questa serie è il sequel, ovvero Juliet, Suoni, Kafka e Il Sigillo, mantenendo la continuità narrativa e attribuendo importanza anche a fatti e persone che magari potevano essere considerati secondari.
Nonostante le premesse tutt’altro che rosee, però, God Child è riuscito a dimostrarsi una lettura estremamente coinvolgente e godibile. Anche non sapendo come va a finire, le situazioni che si vanno a creare sono tali che la lettura diventa quasi compulsiva e l’adrenalina entra prepotentemente in circolo. Un grande merito che va invece a Kaori è di essere riuscita a creare una trama talmente convincente da avere un turning point che mescola totalmente le carte in tavola e lascia talmente sconvolti che nemmeno spoiler successivi guastano il piacere della lettura, perché davvero si inizia a non sapere più cosa aspettarsi (ovviamente, però, se si conosce questo turning point le cose iniziano ad andare davvero male). Ma d’altro canto, la Sensei Yuki è ben nota per non creare mai delle trame banali (almeno dal quinto volume di Angel Sanctuary in poi, che considero più o meno l’inizio della sua età d’oro sia come sviluppo della storia che come disegni), per cui una storia coinvolgente è garantita, sia per quanto riguarda le trame dei singoli episodi che quella generale che li accomuna. Mirabile è stato inoltre come molti dettagli di God Child siano riusciti a mettere in un’altra prospettiva anche episodi occorsi nei volumi di cui questa serie è il sequel, ovvero Juliet, Suoni, Kafka e Il Sigillo, mantenendo la continuità narrativa e attribuendo importanza anche a fatti e persone che magari potevano essere considerati secondari.
Ma parliamo invece dei personaggi, che rientrano nella categoria delle ciambelle che non sempre escono col buco alla Kaori. Finalmente, dopo un Angel Sanctuary in cui arrivati a 3/4 della storia la pecca principale sono ancora i due protagonisti (che lasciano poche speranze di miglioramento per il futuro), scialbi, irresponsabili e irritanti più che mai affiancati da personaggi corollari sempre pronti a rubar loro la scena perché sono decisamente meglio riusciti, e fronteggiati da cattivi talmente convincenti da farsi odiare senza appello o essere tanto affascinanti da conquistare i lettori, ecco che Kaori è riuscita a tirar fuori una cricca di protagonisti a cui il lettore si riesce ad affezionare al volo. Cain, Riff, Meryweather, e così il loro entourage (Dominic Cleador su tutti, talmente figo che ci ho fatto un sogno erotico sopra la notte stessa) non si può fare altro che amarli. Chi più e chi meno, ma ci si affeziona a loro. Gli antagonisti invece li si odia. Ma non perché danno ai nervi, quanto perché sono talmente ben riusciti nel loro ruolo di cattivi che non si può che voler torcere loro il collo, salvo poi trovare un motivo per amare o provare compassione anche per loro (sebbene molti, come Cassandra e Justice, abbiano da subito quel loro fascino che li rende attraenti nonostante tutto). Molto interessante è anche la rete di relazioni che va progressivamente ad intessersi fra di loro, in particolare fra i due protagonisti Cain e Riff, e questo è proprio il punto su cui vorrei soffermarmi.
God Child non si presenta come una storia d’amore. Il tema non è mai toccato in maniera esplicita, e l’autrice addirittura nega che ci sia una relazione fra Cain e Riff. Eppure, il rapporto che li lega è di un’intensità tale che più Kaori lo nega e meno dubbi restano in merito. Non è un amore proclamato ai quattro venti come quello di Setsuna e Sara, e proprio per questo non sfora mai nel banale o nello scontato come il loro (d’altro canto, Cain e Riff hanno anche molto più spessore psicologico di quei due cretini). Che Setsuna metta a ferro e fuoco l’Inferno e il Paradiso per ritrovare la sua sgallettata non lo si mette in dubbio nemmeno mezzo secondo e non è nemmeno interessante rifletterci un po’, mentre ciò che può succedere fra Cain e Riff fornisce costantemente materiale su cui ricamare sopra, e non solo a livello fisico. Da quest’ultimo punto di vista, non serve essere una fangirl yaoi per immaginare molte delle scene che, a “telecamere spente”, continuano fra le lenzuola. E non perché fa figo pensarlo, ma proprio perché il rapporto che lega i nostri due ragazzi è qualcosa di talmente profondo e morboso che non può essere espresso altrimenti. È istintivo, è smanioso, ed il sottile gioco di possesso, appartenenza e necessità di sentire la reciproca esistenza va al di là di quanto si possa dire a parole o addirittura pensare, non può che richiedere tassativamente la fisicità per essere esternato, visto che impensabile tenersi qualcosa di così forte dentro (e poi diciamocelo, spunti simili Kaori ce li serve su un piatto d’argento spesso e volentieri).
[Attenzione! Da qui piovono gli spoileroni, se non avete letto la storia evitate e corrette a procurarvela, poi ne possiamo parlare.]
Ma non è solo quello che Kaori non dice a far veleggiare la storia in quella precisa direzione. È anche e soprattutto quello che dice e mostra. A livello psicologico, Cain e Riff dipendono totalmente l’uno dall’altro. Il fatto stesso che Cain sia devastato dal tradimento di Riff, e che la personalità artificiale di quest’ultimo acquisti vita propria grazie a Cain, è indice di un qualcosa che se non lo si chiama amore, è semplicemente una questione di parole. E poi diciamocelo: avendo tutta la possibilità di fuggire e salvarsi, una persona non resta a morire fra le braccia di un uomo che sa avere solo pochi altri minuti di vita se non ne è innamorato, non prendiamoci in giro. Da questo punto di vista, Kaori è estremamente sleale nel non voler ammettere l’evidenza solo per evitare di confermare il taglio shounen-ai del suo manga. Anche la frase che mette in bocca a Cleador quando vede Cain e Riff morti abbracciati, “Ormai fra di loro non c’era più un rapporto fra padrone e servitore. Naturalmente non c’era nemmeno un sentimento simile all’amore fra uomo e donna”, se la poteva risparmiare, perché è un tentativo mal riuscito di copertura che va contro ogni evidenza. Qui è stata proprio sleale fino in fondo.
Altra cosa che non mi ha convinto molto è stato come Kaori si è gestita un finale che invece ci sarebbe potuto stare tutto: non ho capito la scelta di far trascorrere degli anni dalla morte di Cain prima che Cleador si decidesse a visitare Maryweather e Oscar e perché dare l’impressione che se ne andasse senza nemmeno parlarci, è una cosa che mi ha un po’ spiazzato. Se proprio voleva metterci un flash-forward avrebbe potuto lasciar intendere una frequentazione e il fatto che siano tornati a parlare della storia in concomitanza di un anniversario, o qualcosa di simile, ma così proprio non ha molto senso.
[Fine degli spolieroni.]
Ma non è solo quello che Kaori non dice a far veleggiare la storia in quella precisa direzione. È anche e soprattutto quello che dice e mostra. A livello psicologico, Cain e Riff dipendono totalmente l’uno dall’altro. Il fatto stesso che Cain sia devastato dal tradimento di Riff, e che la personalità artificiale di quest’ultimo acquisti vita propria grazie a Cain, è indice di un qualcosa che se non lo si chiama amore, è semplicemente una questione di parole. E poi diciamocelo: avendo tutta la possibilità di fuggire e salvarsi, una persona non resta a morire fra le braccia di un uomo che sa avere solo pochi altri minuti di vita se non ne è innamorato, non prendiamoci in giro. Da questo punto di vista, Kaori è estremamente sleale nel non voler ammettere l’evidenza solo per evitare di confermare il taglio shounen-ai del suo manga. Anche la frase che mette in bocca a Cleador quando vede Cain e Riff morti abbracciati, “Ormai fra di loro non c’era più un rapporto fra padrone e servitore. Naturalmente non c’era nemmeno un sentimento simile all’amore fra uomo e donna”, se la poteva risparmiare, perché è un tentativo mal riuscito di copertura che va contro ogni evidenza. Qui è stata proprio sleale fino in fondo.
Altra cosa che non mi ha convinto molto è stato come Kaori si è gestita un finale che invece ci sarebbe potuto stare tutto: non ho capito la scelta di far trascorrere degli anni dalla morte di Cain prima che Cleador si decidesse a visitare Maryweather e Oscar e perché dare l’impressione che se ne andasse senza nemmeno parlarci, è una cosa che mi ha un po’ spiazzato. Se proprio voleva metterci un flash-forward avrebbe potuto lasciar intendere una frequentazione e il fatto che siano tornati a parlare della storia in concomitanza di un anniversario, o qualcosa di simile, ma così proprio non ha molto senso.
[Fine degli spolieroni.]
Per il resto, ho trovato Kaori sadica con i suoi personaggi come non avevo mai visto prima, e la cosa mi ha abbastanza sconvolto. Non che sia mai stata tenera, intendiamoci, ma non mi viene in mente nessuno, da Setsuna a Sara, a Ludwig, a Ian, che abbia patito delle pene, specie psicologiche, paragonabili a quelle di Cain per primo e degli altri di seguito. Veramente, mi chiedo come ci si possa accanire così sui propri bimbi, io non ne sarei assolutamente capace. E sì, mi rendo conto che alcune cose erano assolutamente necessarie ai fini della storia, ma certe altre sono semplice cattiveria gratuita (tipo il ragazzino che finisce abbastanza inequivocabilmente a prostituirsi alla fine di Castrato, non era necessario accanirsi su un personaggio così secondario). Ma anche questo fa parte del fascino della nostra Mistress del manga gotico, per cui alla fine lo si accetta e pace.
In definitiva, God Child è un’opera di grande pregio anche all’interno della produzione della Yuki, che è notoriamente di alto livello. Le atmosfere gotiche, il sottile gioco psicologico che si instaura, la trama che riesce a non essere né banale né macchinosa rendono questa serie un vero piacere sia per gli occhi che per la mente. È una vergogna che la Panini Comics non faccia una ristampa dei primi due volumi, ormai introvabili, e che conseguentemente molti non possano leggerla neanche volendo, ma speriamo che il revival di Angel Sanctuary dia i suoi frutti e si continui con la ristampa anche dei numeri di Kaori Yuki Presenta successivi a Juliet, magari arrivando anche a God Child. Se avete la possibilità, leggetela, è una vera perla.
Per quanto riguarda me, finalmente potrò girare a test alta per il web senza temere di trovare spoiler che mi rovinino la storia ancora di più e potrò darmi alla collezione di immagini anche per questo capolavoro della mia mangaka preferita.
ReplyDeleteLa cosa che ho sempre considerato più interessante di tutto God Child è proprio lo spessore psicologico di ogni personaggio.
Ho sempre pensato che quest'opera potesse ben considerarsi un'antologia fedele di quella che può essere la psiche umana: ogni comportamento, ogni ossessione, ogni tormento non è gratuito ma giustificato da una solida base di esperienze vissute dal personaggio.
Se è anche vero che quasi ogni mangaka che si rispetti ( quindi ahimè, pochini) ha ovviamente questa particolare attenzione per i suoi protagonisti, è altresì doveroso notare che pochi l'hanno anche per le comparse!
Gli attori di questo dramma gotico sono sfaccettati, imprevedibili, assolutamente riusciti.
Le dinamiche sono più che plausibili, la trama mai prolissa ed è anche piacevole notare (comparandola con le altre opere dell'autrice) che la Yuki è maturata positivamente riuscendo finalmente ad unire il genio con l'esser concisi.
La mia unica critica? vorrei un volume extra decisamente NON censurato con tutti i fatti accaduti "Behind the scene" fra Riff e Cain, anche perchè quando ho letto che Kaori negava tutto ho subito pensato " MA QUANDO MAIII!!!"
Posso magari capire la scelta per un atmosfera "detto-non detto" ( si perchè lei non è solo crudele con i suoi personaggi come tu giustamente scrivi, ma anche con noi poveri lettori!) per non guastare la trama dell'opera però dai, un volumino extra non fa male a nessuno, no?
Keyci
Sì, un volumetto yaoi su Cain e Riff sarebbe il top, maledetta Kaori pudica! y_y Il fatto che non faccia altro che negare che fra Cain e Riff ci sia qualcosa è ridicolo, dai! Va contro ogni evidenza!
ReplyDeleteConcordo con te, il detto-non detto fa parte del fascino dell'opera, ma un piccolo extra per soddisfare noi fangirl ci sta tutto. *-*
ReplyDeleteDevo darmi a Kaori Yuki, decisamente.
Concordiamo, e siamo disposti a fornire dritte in merito. u_u
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