Col senno di poi, nonostante il mio piagnisteo, essere rimasto in Sardegna così a lungo ha dato i suoi frutti: ormai si era arrivati alle soglie del compleanno della Mater, che mi ha convinto a rimanere ancora una settimana o due… e ora almeno sono fuori dalla New Seattle italiana e posso guardare con un misto di perplessità, divertimento ed esasperazione il Nord che si cannibalizza senza correre alcun rischio. Di sicuro, non ripartirò finché la situazione non si calmerà un po’.
Che poi, la mia non è paura del contagio che, francamente, sarebbe spiacevole ma non più di una comune influenza. Ho più paura di ritrovarmi bloccato in aeroporto a Bologna, o in stazione a Mestre, o ancora all’arrivo a Trieste. Cioè, capirei: è giusto che si facciano controlli a tappeto sui passeggeri in modo da non trasportare il virus verso zone non ancora contagiate. Ma se posso evitare, evito, ecco.
E soprattutto, almeno qui i supermercati non sono stati presi d’assalto e svuotati da folle inferocite guidate dal panico. Se già fare la spesa mi mette ansia, questo sarebbe davvero troppo per i miei nervi.
Da dove sto io, l’apocalisse è preoccupante più o meno quanto lo è per Josh Wheeler in Daybreak, qualcosa che c’è, magari da un po’ da pensare, ma ha un impatto relativo sulla qualità della vita. Su a Nord invece sembra un brutto spinoff di iZombie organizzato (male) dalla Rai.
Per cui, pur avendo un sistema immunitario che mi permetterebbe di far fronte al Coronavirus senza problemi, preferisco starmene comodo in Sardegna, isolato non solo dal contagio, ma anche dal delirio pubblico. Per una volta grazie, depressione.
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