“In primo luogo, lo legava e lo frenava l’orrore per quegli insegnanti e quei monaci che non di rado si innamoravano di scolari o di novizi. Egli stesso aveva sentito più volte con ripugnanza sopra di sé cupidi occhi di uomini attempati. Più volte aveva opposto alle loro gentilezze e alle loro moine una tacita difesa.”
Già dalla squisita pertinenza di questa citazione del capitolo II del Narciso e Boccadoro, ho capito che io e Hesse saremmo andati moooolto d’accordo.
Già dalla squisita pertinenza di questa citazione del capitolo II del Narciso e Boccadoro, ho capito che io e Hesse saremmo andati moooolto d’accordo.
Dovrei vergognarmi del fatto che l'ultimo post con tag letteratura che ho messo sul blog risalga al 6 luglio e contenga due citazioni di libri che conosco ormai a memoria, e quello precedente al 12 giugno e citi un racconto di poche pagine. Per il resto, complice la mancanza di tempo e la necessità di far riposare il cervello con letture poco impegnative, in questi mesi mi sono dato al riciclaggio compulsivo della mia libreria già trita.
Ed è per questo che Narciso e Boccadoro di Hesse, che avevo comprato ancora in primavera, ha continuato a fare la polvere sullo scaffale della libreria fino a che non ho deciso di portarlo con me in Germania… dove ha ripreso a fare la polvere, stavolta sul comodino, perché lì non avevo decisamente tempo da dedicargli. Così ho deciso solo ora di mettermi a leggerlo e non me ne sono pentito: è davvero un bel libro e mi sta prendendo molto. Purtroppo, con gli esami in mezzo ai piedi la testa è quella che è, per cui sto procedendo a rilento e dopo una notte di lettura non sono ancora a metà, ma almeno posso leggere qualcosa.
Devo ammettere, però, che il titolo è fuorviante: mi aspettavo che fosse focalizzato molto di più su uno stretto rapporto di amicizia che avrebbe fatto correre a briglia sciolta la mia immaginazione e dato molto materiale su cui ricamare, per cui sulle prime mi aveva lasciato perplesso che le avvisaglie di un possibile sviluppo omoerotico del rapporto fossero sventolate con tanta enfasi da non lasciare nemmeno spazio alla fantasia; ma le cose hanno preso una piega decisamente inaspettata, per cui lo sto leggendo con vivo interesse. Il libro non si concentra sull’amicizia fra i due protagonisti, che viene bypassata abbastanza alla svelta, quanto piuttosto sul viaggio di crescita interiore di Boccadoro, che occupa la maggior parte della narrazione almeno fino al punto a cui sono arrivato. Narciso, invece, è un personaggio abbastanza inutile che, a differenza dell’amico, non presenta alcuna sorpresa. Il suo unico ruolo è risvegliare l’io del vero protagonista e, nel farlo, non ha nemmeno un ventesimo dello spessore letterario di un Lord Henry Wotton. Lo lasciamo là dove l’abbiamo trovato, né più né meno, e l’amicizia con Boccadoro sembra scivolargli addosso senza lasciargli nulla, senza arricchirlo minimamente né in termini umani, né in termini letterari. Il tentativo che fa Hesse di dargli carattere aggiungendo alla sua ascetica perfezione quel presunto orgoglio malamente represso non è sufficiente a salvarlo dall’essere scialbo perfino nel ruolo di plot device.
Detto questo, dimenticando forse che ho a che fare con un libro degli Anni Trenta e non dell’Epoca Vittoriana, non mi aspettavo che fosse così audace in molti punti: le scene erotiche o, comunque, osé non mancano e non sono nemmeno eccessivamente censurate, una cosa che non mi aspettavo e che mi ha piacevolmente colpito.
Ad ogni modo, prometto che cercherò di essere meno pigro e riprendere a leggere quantità accettabili di libri. Purtroppo, come ebbi già modo di scrivere sul blog, l’università non è come il liceo, dove avevo le mie cinque ore quotidiane di lettura garantita, e sinceramente mi farebbero comodo delle giornate di quarantott’ore per poter leggere in santa pace, ma non credo non sia fattibile. Il prossimo libro sulla lista è À Rebours di Huysmans, dopo di che cercherò di darmi alla traduzione italiana del Satyricon di Petronio, che attende ancora da prima degli esami di maturità. Devo rimettermi in carreggiata.
Ed è per questo che Narciso e Boccadoro di Hesse, che avevo comprato ancora in primavera, ha continuato a fare la polvere sullo scaffale della libreria fino a che non ho deciso di portarlo con me in Germania… dove ha ripreso a fare la polvere, stavolta sul comodino, perché lì non avevo decisamente tempo da dedicargli. Così ho deciso solo ora di mettermi a leggerlo e non me ne sono pentito: è davvero un bel libro e mi sta prendendo molto. Purtroppo, con gli esami in mezzo ai piedi la testa è quella che è, per cui sto procedendo a rilento e dopo una notte di lettura non sono ancora a metà, ma almeno posso leggere qualcosa.
Devo ammettere, però, che il titolo è fuorviante: mi aspettavo che fosse focalizzato molto di più su uno stretto rapporto di amicizia che avrebbe fatto correre a briglia sciolta la mia immaginazione e dato molto materiale su cui ricamare, per cui sulle prime mi aveva lasciato perplesso che le avvisaglie di un possibile sviluppo omoerotico del rapporto fossero sventolate con tanta enfasi da non lasciare nemmeno spazio alla fantasia; ma le cose hanno preso una piega decisamente inaspettata, per cui lo sto leggendo con vivo interesse. Il libro non si concentra sull’amicizia fra i due protagonisti, che viene bypassata abbastanza alla svelta, quanto piuttosto sul viaggio di crescita interiore di Boccadoro, che occupa la maggior parte della narrazione almeno fino al punto a cui sono arrivato. Narciso, invece, è un personaggio abbastanza inutile che, a differenza dell’amico, non presenta alcuna sorpresa. Il suo unico ruolo è risvegliare l’io del vero protagonista e, nel farlo, non ha nemmeno un ventesimo dello spessore letterario di un Lord Henry Wotton. Lo lasciamo là dove l’abbiamo trovato, né più né meno, e l’amicizia con Boccadoro sembra scivolargli addosso senza lasciargli nulla, senza arricchirlo minimamente né in termini umani, né in termini letterari. Il tentativo che fa Hesse di dargli carattere aggiungendo alla sua ascetica perfezione quel presunto orgoglio malamente represso non è sufficiente a salvarlo dall’essere scialbo perfino nel ruolo di plot device.
Detto questo, dimenticando forse che ho a che fare con un libro degli Anni Trenta e non dell’Epoca Vittoriana, non mi aspettavo che fosse così audace in molti punti: le scene erotiche o, comunque, osé non mancano e non sono nemmeno eccessivamente censurate, una cosa che non mi aspettavo e che mi ha piacevolmente colpito.
Ad ogni modo, prometto che cercherò di essere meno pigro e riprendere a leggere quantità accettabili di libri. Purtroppo, come ebbi già modo di scrivere sul blog, l’università non è come il liceo, dove avevo le mie cinque ore quotidiane di lettura garantita, e sinceramente mi farebbero comodo delle giornate di quarantott’ore per poter leggere in santa pace, ma non credo non sia fattibile. Il prossimo libro sulla lista è À Rebours di Huysmans, dopo di che cercherò di darmi alla traduzione italiana del Satyricon di Petronio, che attende ancora da prima degli esami di maturità. Devo rimettermi in carreggiata.
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