Wednesday, 27 April 2016

Il ladro di rose

Armato di forbici da chirurgo, col cappuccio calato in testa e il favore non tanto delle tenebre (ché questo quartiere è illuminato a giorno) quanto della solitudine notturna, sono appena sceso nel parchetto vicino casa a rubare un po’ di rose che mi serviranno per una foto che intendo scattare domani. Più che di un parco, si tratta di un parcheggio: due delle vie parallele che lo delimitano sono a dislivello, così è stato costruito un parcheggio multipiano a livello di quella inferiore e sopra un giardino pensile con alcune aiuole, dei sentierini, giochi per i bambini, un campetto da pallavvolo e un pergolato su cui si arrampicano glicini, gelsomini e, appunto rose. Stanno lì e, piuttosto che pagare un fiorista o un pachistano, ho deciso che un raid notturno sarebbe stato più conveniente.
Ammetto che, mentre armeggiavo con rami e forbici, ho avuto qualche senso di colpa. I motivi sono due e piuttosto semplici:
• Mi dispiace sempre recidere un fiore e ucciderne la bellezza.
• Ho sostanzialmente derubato i fruitori del parco di alcune rose.

Il primo motivo è lo stesso sentimentalismo stupido per cui mi è dispiaciuto un po’ lasciar marcire per settimane una mela bellissima e saporita per poi usarla in una foto: ho rovinato qualcosa di bello. Ma, alla fin fine, la verità è semplice: quelle rose sarebbero appassite comunque, avrebbero perso la loro bellezza nel giro di qualche settimana. In realtà, preservandone la bellezza in foto le sottraggo, in un certo senso, al decadimento e le rendo eterne. Di sicuro non me ne vorranno. Un po’ come la mela: anche se l’ho lasciata marcire, è diventata un simbolo importante in una foto che mi sta a cuore.
Per quanto riguarda il secondo motivo, che si è fatto più pressante mentre tagliavo una magnifica rosa gialla privando il resto della cittadinanza della sua bellezza… beh, viviamo nell’epoca della grande corsa quotidiana. Nessuno guarda più le rose oggi. Tutti – i bambini che giocano, le mamme che li tengono d’occhio, quelli che portano a passeggio il cane, che giocano a pallavvolo, che si siedono sulle panchine a chiacchierare o fumarsi una sigaretta – semplicemente sanno che le rose sono lì. Probabilmente apprezzano il fatto che, nel complesso, quel pergolato renda il parco più bello, ma dubito che si soffermino a guardarle davvero, le rose. Sarebbero appassite lì inosservate, in un mondo troppo preso dalla quotidianità per rallentare e osservare. Scegliendole per la mia foto, ho dato loro un pubblico che le guarderà davvero, in quanto rose, non in quanto contorno di una passeggiata pomeridiana.

E comunque, il parco è intitolato a una pittrice: scommetto che non se la prenderebbe per un piccolo furto notturno di rose in nome dell’arte.

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