Alle ore 4:36 di questo stesso giorno, un anno fa, spegnevo la mia ultima sigaretta prima di fare il controllo sicurezza all’aeroporto di Bologna.
Dopo due tentativi falliti, mi ero posto la fine del 2019 come termine ultimo per smettere di fumare, così da non inquinare la nuova decade. In realtà avevo anche provato a smettere prima del mio trentesimo compleanno, così da non inquinare la mia nuova decade, ma il 2019 non era stato particolarmente clemente con me e non avevo avuto la forza per farlo davvero.
Ma dato che la Mater mi avrebbe ucciso se l’avesse scoperto (e probabilmente mi ucciderebbe anche se leggesse questo post), tanto valeva approfittare della vacanza “di qualche settimana” (lol!) da lei, in cui fumare sarebbe stato logisticamente difficilissimo e ancora più stressante dell’effimero sollievo che mi dava, per affrontare i primi, difficili tempi in cui il corpo va in astinenza mentre si disintossica (per inciso, anche le volte precedenti avevo smesso cold turkey ed ero durato mesi, segno che, all’occorrenza, la forza di volontà ce l’ho). In più, un completo stravolgimento di quella che era la mia routine a Trieste sicuramente avrebbe aiutato, visto che non avrei più avuto i momenti fissi della giornata in cui affacciarmi alla finestra per “prendere una boccata d’aria”.
Ed eccomi qui, “sobrio” da dodici mesi da che il mio record precedente era stato sette mesi e mezzo. Come ho scritto in quell’occasione, mi preoccupa solo che quest’anno sia stato così fuori dall’ordinario: facile stare pulito un anno intero quando a fare la differenza sono la convivenza forzata con la Mater, lo stravolgimento ulteriore della mia routine e la mancanza di occasioni sociali che mi potessero indurre in tentazione (che è stato ciò che mi ha fatto fallire le altre due volte). La paura è che, una volta finito tutto e tornato a Trieste, privo di una direzione nella vita se non morire un poco ogni giorno, la tentazione che ora non sento nemmeno più torni prepotente. Che tornino le giornate in cui l’unica motivazione che avevo di vestirmi e alzarmi dal letto era affacciarmi alla finestra per la prima sigaretta del giorno. O quelle in cui a farmi uscire di casa era il richiamo da sirena del tabacchi sotto casa perché avevo finito il pacchetto.
Ci sono state notti in cui ho sognato di fumare. Non sognato nel senso di “che nostalgia, o mio dio, quanto vorrei farlo”, ma in cui semplicemente fumavo, salvo poi, come nel caso dei sogni sulla mascherina, rendermi conto che era già il 2020, la nuova decade, e stavo di nuovo rovinando il mio proposito. E come nei sogni sulla mascherina (o quelli in cui rompo il telefono), svegliarmi e scoprire che va tutto bene, che non ho fatto un passo falso, che tengo ancora fede al mio impegno è un sollievo.
Poi però, quando mi capita di sentire l’odore, lo trovo estremamente fastidioso. Non mi manca arrivare la sera senza energie perché ho meno ossigeno in circolo, né svegliarmi nel cuore della notte con la voglia e non riuscire a riaddormentarmi finché non la soddisfo. Non mi manca avere l’alito perennemente pesante, e amo che la mia pelle sia più brillante e salubre di quanto sia mai stata mentre fumavo.
Ecco, spero che tutto questo abbia un peso che controbilanci il mio istinto di autodistruggermi, di regalarmi una gratificazione che percepivo anche come auto-punizione per essere un fallimento come persona.
Onestamente non sono sicuro di cosa mi abbia spinto a scrivere per la prima volta in chiaro che ho un passato da tabagista qui sul blog. Nei progetti iniziali, questo post (che per sicurezza terrò nelle bozze e pubblicherò solo quando sarà in seconda pagina, non si sa mai, ciao Mater) doveva contenere un vago riferimento alla cosa e concentrarsi più sulla mia permanenza Giù™, ma scrivere quella prima frase così esplicitamente è stato liberatorio. Forse è l’orgoglio di aver tagliato un traguardo arbitrario ma importante come quello dell’anno. Forse, sotto sotto, sento di aver superato la dipendenza e poterne parlare perché non mi appartiene più.
In ogni caso, ho smesso di fumare da un anno. Con l’aiuto delle circostanze, ma è pur sempre un anno. Bravo me.
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