Tuesday 29 December 2009

Lotus

Alla fine, è come ha detto la Bloempje: è in questa casa che l’ho iniziato, ed è giusto che sempre qui l’abbia finito. È dunque con orgoglio che annuncio che oggi ho finalmente terminato la prima stesura del Racconto.
Lotus
Il titolo, Lotus, deriva dall’omonima canzone dei Tristania. Inizialmente pensavo di intitolarlo Away come la canzone dei Nightwish, ma nel corso della stesura mi sono progressivamente disaffezionato alla band, e ne ho contemporaneamente conosciute molte altre. Ho trovato che il testo sottilmente perverso eppure rassicurante di Lotus s’intonasse decisamente meglio a quello melodrammatico di Away, e così ho effettuato il cambio in itinere. Anche nella tracklist ci sono stati diversi rimaneggiamenti, dovuti fra le altre cose all’uscita di Forever Is The World dei Theatre of Tragedy che mi ha letteralmente conquistato, col risultato che le canzoni che fanno da colonna sonora al Racconto ora sono:

01. In Motion #02 – The Gathering
02. Restless – Within Temptation
03. Give Unto Me (Sound Asleep version) – Evanescence
04. Leaves – The Gathering
05. Monsters
– The Gathering
06. Noisy Awareness – Leandra
07. Bleed (I Must Be Dreaming) – Evanescence
08. The Art Of Dreaming – Leandra
09. The Garden – PJ Harvey
10. Revolution – Theatre of Tragedy
11. Debris – Theatre of Tragedy
12. What Else Is There?
Röyksopp
13. Equilibrium – Tristania
14. She – Abney Park
15. The Modern End – Tristania
16. Hide And Seek – Theatre of Tragedy
17. Lies – Evanescence
18. Before The Dawn – Evanescence
19. Paris – Delerium
20. Flavour Of The Day – The Crest
21. Waking Hour – The Gathering
22. World Of Glass – Tristania
23. The Cross – Within Temptation
24. The Wretched – Tristania
25. Run – Within Temptation
26. Triumph Of Defeat – Epica
27. Veniality – Epica
28. Lotus – Tristania



Vi chiedo solo un favore: non fiondatevi a chiedermi di passarvelo ora. Prima devo ancora revisionarlo da capo a coda, sistemare i congiuntivi dopo aver riletto la grammatica approfondita (grazie al mio caro professore di italiano che durante lo scorso anno scolastico mi ha fatto sorgere un milione di dubbi) e vedere dove posso inserire qualche piccolo dettaglio. Gli ultimi due capitoli e l’epilogo, poi, sono ancora del tutto da correggere (e credo che abbiano bisogno di molti aggiustamenti per diventare scorrevoli, dato che gli uni li ho scritti in tempi biblici e saranno pieni di incongruenze, mentre l’altro l’ho buttato di getto e deve ancora essere modellato come si deve), per cui ancora non è presentabile al pubblico. Però la prima stesura è finita, e giuro, ne sono entusiasta!

Monday 28 December 2009

Sogni harmony yaoi!

Non so. Sarà il clima di repressione che si respira in questo villaggio ai margini della civiltà; sarà il non potersi dare a quel po’ di sano autoerotismo quotidiano causa scarsità di privacy (sommate il sonno leggero dei vecchi, le loro porte perennemente spalancate, il vizio di ficcare il naso per vedere se mi sono addormentato, questo sconosciuto del verbo bussare che non esiste nemmeno a titolo formale, e lo sguardo vigile di Padre Pio che farebbe ammosciare anche Pavel Novotny); sarà che se non devi pensare a qualcosa per evitare di fare un’uscita gaia davanti ai parenti automaticamente non pensi ad altro… Il fatto sta che stanotte sono riuscito a fare non uno, ma ben tre sogni a sfondo omosessuale di fila. E non sogni qualsiasi, ma tutti rigorosamente ambientati nelle epoche storiche più disparate e fra l’altro a sfondo romantico più che sessuale. Insomma, una specie di Harmony yaoi!

Nel primo ero una specie di libertino del 1500 che capeggiava orge gaie in una specie di torre. Il mio amante era una specie di alto ufficiale delle milizie ducali, e ad una certa faceva irruzione con alcuni membri della Santa Inquisizione per arrestarci, forse per vendicarsi del fatto che nonostante lui fosse il mio uomo io mi dilettavo in situazioni del genere, forse perché mi amava e voleva salvare la mia anima peccatrice. Il fatto sta che per non essere catturato e torturato mi suicidavo, e rimanevo sotto forma di fantasma a cercare la mia vendetta, tentando di rovesciargli addosso tutto ciò che mi capitava a tiro (e questa è, fra le tante, l’unica volta che ricordo in cui ho davvero sognato di morire e non mi sono svegliato un istante prima).

Nel secondo sogno mi trovavo invece in un’enorme maniero vittoriano, ed ero nientemeno che Dorian Gray (quello biondo) in persona. C’era un grande ricevimento, e io avevo Lord Henry accanto. Ad ogni buona occasione tentavamo di imboscarci da qualche parte a pomiciare, ma c’era sempre qualcuno che ci disturbava. Non vedevamo l’ora che l’intera menata finisse per ritirarci nelle rispettive camere e approfittare della porticina che le metteva in comunicazione, ma niente, la festa andava avanti ad oltranza e per noi non c’era pace né nel sottoscala, né nella serra, né dietro le tende. È stato un sogno estremamente frustrante.

Il terzo ed ultimo è quello che ricordo meglio: ero un cortigiano di Versailles ai tempi di Luigi XVI. Non solo, ma ero addirittura l’amante del re. Per mia fortuna, però, al posto di quel simpatico omone pingue con la parrucca incipriata c’era il bel principe Marth di qualche post fa, sebbene fosse comunque Re di Francia, sposato con Maria Antonietta, inguaiato col popolo e tutto il resto. Ebbene, il ricordo più vivido di questo sogno era proprio l’emozione che provavo standogli accanto. Lo amavo. Lo amavo visceralmente, avrei ucciso per lui e averlo accanto era quanto di più bello potesse capitarmi. Ora, il bel sovrano e io ci ritroviamo ad amoreggiare in un luogo appartato contro una delle mura esterne della reggia, salvo che Maria Antonietta passa da lì e rischia di scoprirci. Allora il re suggerisce di appartarci in una specie di scantinato poco lontano in cui avvenivano dei furti di gioielli (non ricordo bene se connessi a lui stesso o meno). Quando ci avviciniamo, scopriamo che quella è una “notte delle Grazie”, ovvero una notte in cui le giovani e nobili debuttanti, ipnotizzate e vestite di bianco, andavano a danzare come le Grazie nel giardino e venivano derubate dei gioielli senza che se ne accorgessero. Il re si allontana in direzione dello scantinato, mentre io resto lì, sul piazzale ghiaioso, e noto che c’è una famiglia di nobili decaduti adagiati su una sporgenza del muro di una specie di tempietto barocco. Chiedo loro se hanno visto qualche Grazia, e loro mi rispondono di no, che c’è Lucia (e questa devo averla presa direttamente dalla giocata fatta poco prima con la Bloempje). Se non che, capisco che hanno intuito che il re è invischiato nell’affare e conosce la cantina, e dico loro che vado a recuperarlo. Scendo nella cantina per cercarlo, e qualcuno ci chiude dentro. La cassaforte dove venivano nascosti i gioielli è vuota e noi non sappiamo come uscire. A quel punto sentiamo un rumore, e guardando dalla serratura vedo che una famiglia di cinesi (??), che so essere i proprietari dello scantinato si sta avvicinando. Il re è terrorizzato all’idea che ci scoprano lì, sia per la nostra tresca che per l’affare dei gioielli, e a quel punto – e giuro, dopo questa al risveglio ho trovato guance, capelli e cuscino umidi – gli dico di non preoccuparsi, lo spingo contro il muro, gli prendo il volto fra le mani, lo bacio in maniera struggente come fosse l’ultima volta, e mentre la porta si apre mi allontano, gli prendo la mano e inizio a lamentarmi di avere dolore alla testa e che i nobili decaduti di cui prima ci avevano derubati e rinchiusi lì dentro, che erano loro gli autori delle Notti delle Grazie e il re li aveva scoperti ed ero andato a salvarlo. (In tutto ciò, per qualche strano motivo immaginavo che erano davvero immischiati). Arrivano i soccorsi e lì mi sveglio nelle condizioni di cui sopra.

Harmony yaoi, come avevo detto! Mi chiedo da dove cavolo la mia mente le tiri fuori, queste uscite, perché da sveglio mi rifiuterei anche solo di pensarle. Ah, secondo me la zia mette qualcosa di strano nel ripieno delle seadas!

Sunday 27 December 2009

Diamoci alla fotografia

Quando uno è talmente annoiato da desiderare di arrampicarsi sui mobili, appendersi al lampadario e gridare tutta la sua frustrazione a testa in giù, e ha una gran passione per la fotografia, nemmeno la pioggia può fermarlo. Così, eccomi qui ad impegnare il tempo inventandomi fotografie per casa.

Il Procreatore e la sua degna sorella hanno avuto oggi il primo, perplesso approccio con il mio nuovo – beh, per loro – hobby. Mentre lui smadonnava intorno al cavo dell’antenna (la tv è muta, sono proprio tagliato fuori dal mondo civilizzato) e lei smanettava sul rosario, ho preso la Bimba ed il treppiede e me ne sono andato nel salotto per fare qualche buono scatto di stock (per chi non lo sapesse, le fotografie di stock sono fotografie che sono liberamente utilizzabili nelle photomanipulation). Uno dei pochi pregi della Ziaccia è che, se si esclude la parete di acquasantiere accanto alla porta d’ingresso, le statuette della Madonna e le foto di Padre Pio in giro per casa, ha dei mobili davvero belli: vecchio stile, eleganti, decorati, pieni di centrini, candelabri, statuette di porcellana e altri soprammobili per lo più di buon gusto. Ebbene, dopo un po’ di foto della credenzina, mentre mi apprestavo a fotografare un certo oggetto che mi servirà per la serie dei Signori dell’Inferno, eccoli che arrivano a ficcare il naso. Nel vedermi tutto zelante e very professional con la mia signora macchina montata sul treppiede intento ad inquadrare al meglio quello che per loro era un oggetto assolutamente privo d’interesse, e peraltro con pochissima luce (il bello del treppiede è che posso mettere tempi di esposizione biblici e non massacrare i soggetti inanimati con flash, luce artificiale e altre cose orripilanti), li ho visto davvero confusi e disorientati, e ho dovuto fare un bello sforzo per non rotolare dalle risate. Ancora più perplesso è stato il Procreatore quando ha smesso di piovere, nel vedermi scarrozzare l’attrezzatura in macchina pronto a rimontarla chissà dove.

Purtroppo, però, i miei piani di andare a fare foto in giro per la campagna Merilendese sono allegramente saltati: il Procreatore mi ha infatti trascinato dall’amico che gli aveva fatto il celebre DVD perché si è accorto solo dopo che era zeppo di Orrori Ortografici, e a quando correggere tutto e tradurre in inglese per i suoi amici Talebani, il pomeriggio è volato via e non c’era già più luce a sufficienza nemmeno per il treppiede. Spero di rifarmi i prossimi giorni, anche se comunque l’assenza di un/a modello/a mi penalizza non poco: i paesaggi sono suggestivi, ma le foto sarebbero banali, le solite colline viste e riviste. E dire che mi piacerebbe portare qualcuno nella stazione decadente di Torralba: uscirebbe un set gothic-industrial davvero suggestivo! Fede, sei la mia unica speranza per la prossima volta che scendo in Merilend!

Saturday 26 December 2009

In the Merilandian depths

Ed infine eccomi qui, parcheggiato a casa del Procreatore senza nulla da fare, talmente disperato per la noia da mettermi a scrivere un post non in linea che verrà retrodatato al giorno e l’ora corretti grazie alle funzionalità della nuova versione di Splinder, e con nelle orecchie i Dejafuse che, mi perdonino Nienke e i suoi fan, con il loro hard rock piuttosto monocorde non aiutano un granché a svagarsi. Addirittura, è il primo giorno di reclusione e ho già esaurito tutti i parenti da visitare, ottenendo in cambio null’altro che una fastidiosa quanto persistente puzza di gamberi sui capelli appena lavati (che sono miracolosamente tornati morbidi e setosi dopo il crespo stopposo dei giorni scorsi). Ora l’unica cosa che posso fare è chiedermi mestamente come impiegherò i prossimi quattro giorni.

L’incontro col degno signore dopo quasi un anno di silenzio è andato meglio del previsto: la conversazione si è attestata subito su un cortese tono semi-formale ed è andata liscia e senza intoppi. D’altro canto, l’interazione col Procreatore richiede un impegno minimo: basta buttare lo sguardo su che tempo fa, sciorinare i risultati accademici e commentare gli ultimi avvenimenti tenendo conto che tutto è sempre e comunque una manovra politica, tutti complottano contro i poveri Sardegnoli ed ogni cosa è in ultima istanza colpa dell’America. Tutto questo finché non si arriva a casa e si sente il tono d’avvio di Windows XP nell’altra stanza. Sua sorella è ancora più facile da gestire: è qui che legge mansueta il suo libro sui santuari di preghiera croati con la messa di Radio Maria in sottofondo da una parte e ciò che esce dai miei auricolari dall’altra, e quando si scrolla dal suo stato di mummificazione basta sorridere, annuire, non parlare male del Papa (che è caduto! Ahah!) e dirle quanto è bella Trieste. Il resto del parentame è la solita solfa: quando sei arrivato, quanto stai, com’è Trieste, come va l’università, vuoi un cioccolato, vuoi un bitter, un succo di frutta, un mirto, un colpo di pistola in testa (ah no, quello anche se lo voglio non me lo offrono).

La cosa più irritante di questa menata è che ormai si sono abituati al mio look. A casa di cugino+moglie+cognati+zii ero l’unico che, in mezzo ad una fiumana di gente adulta e bambina rigorosamente in tuta sportiva, sfoggiava capelli lunghi e curati, anfibioni a metà polpaccio e un paltò in broccato di velluto nero corsettato sulla schiena e nessuno, dico nessuno si è degnato di notarlo. E io che mi ero preparato a fare una sfilata di moda, accidenti a loro! Del resto, lo stesso Procreatore non ha fatto caso a nulla di tutto ciò, essendo fin troppo entusiasta per la sua ultima creazione, che mi ha mostrato non appena arrivati a casa: 53 interminabili minuti di documentario su come funzionava il caseificio da lui fondato in Siria, il tutto filmato da lui con una compatta e montato da un laboratorio grafico con didascalie spandimiele e canzoni che sarebbero piaciute tantissimo al mio ex vicino di stanza (e che dunque a me facevano saltare i nervi). Tutto ciò sotto il romantico titolo de “Il Sogno si è avverato”. E ah, sì, un lungo commento in sovrimpressione alla fine che si concludeva con “Ho un solo rimpianto, ma di questo parlerò nella prossima vita”, sul quale ho preferito non indagare perché ho idea abbia a che fare con me. Ovviamente, ho lodato la produzione e fatto domande pertinenti sulla lavorazione del formaggio fingendo anche di mostrarmi molto interessato. Ah, che cosa non si fa per pochi euro in più… Mammon portami via.

Al pensiero che mi aspettano dai tre ai quattro altri giorni così mi si raggela il sangue nelle vene.

Friday 25 December 2009

Auguri

In primo luogo, mi considero agnostico. In secondo, è da almeno una decina d’anni che dello spirito natalizio mi frega abbastanza poco, dato che già ai tempi delle medie si riduceva a farmi regalare qualche gioco per il Nintendo Game Cube dal Porcreatore e/o dalla Mater. In terzo, quel poco che avevo l’ho perso del tutto col tempo, e anche se avevo recuperato quel tanto che mi consentiva di fare l’albero per la Mater e passare una giornata allegra con lei, eventi trash del calibro del concerto di natale di Andrea Bocelli oggi su Italia1 me l’hanno fatto passare daccapo (nutro verso di lui la stessa naturale avversione che ho nei confronti della Brightman, che considero una vera e propria prostituta musicale).
Ciononostante, trovo che l’impuntarsi a non fare gli auguri ad una festa di qualsiasi tipo sia un inutile orpello anticonformista e, ribadiamolo che non fa mai male, l’anticonformismo non è altro che la posa più scadente del conformismo stesso. Per cui, con tutta l’indifferenza verso cenoni e pranzoni con parenti che non si vedono per il resto dell’anno, pubblicità con Pollyanne varie che regalano panettoni a destra e a manca e stupide iniziative di bene(de)ficienza – e sebbene, mentre Andrea ci fa due Bocelli tanti in tv, io ascolti proprio quelle canzoni dei Draconian in cui Anders canta di Lucifero – non mi sembra il caso di esimermi dal canonico:

Buone feste a tutti.
 
(“Buone feste” così, in generale, poi ognuno ci mette quella che meglio crede.)

Per quanto mi riguarda, questo natale si è rivelato ottimo: la Mater mi ha preso totalmente in contropiede con un regalo assolutamente inaspettato, e al piacere per la sorpresa si è aggiunta una bellissima camicia in damascato nero. Inoltre, è ormai evidente che per le vacanze hanno chiuso i manicomi e fatto uscire tutti, perché sebbene le pazze di tutta Europa si siano scatenate, fra quelle che combinano disastri ci sono anche quelle che mi tirano su il morale facendo cadere il caro Benny. Quello sì che mi ha illuminato il natale, altro che cometa!

Thursday 24 December 2009

Letterina natalizia

Caro Babbo Natale,

In Lingua Italiana dei Segni (quella che usa la signorina che si vede nel riquadro piccolo del telegiornale la domenica pomeriggio, per intenderci), “mamma” si dice strusciando il palmo della mano destra sulla guancia, come fosse una specie di carezza; “papà” invece si fa sempre vicino alla guancia, ma col notorio gesto che indica il denaro. Ora, potrai ben intuire che i sordomuti italiani hanno capito tutto dalla vita, ovvero che la mamma coccola e il papà finanzia (beh, io l’avevo capito già a sette anni, ma non è questo il punto). Di conseguenza, uniformati alla tua funzione primaria e fammi il favore di esaudire almeno tutte le richieste di cui sotto:

• Riportaci Santa Vibeke da Sokndal. Anche in versione solista, non importa, basta che le metti in mano un microfono e la fai salire su un palco.
En passant, dalla Norvegia fai una piccola deviazione in Svezia e portami giù anche Anders Jacobsson dei Draconian: vuoi o no che la mia vita sessuale migliori?
• Gradirei anche un po’ di cd, specialmente rari, che mi mancano, tipo i demo di Autumn, Draconian, Delain, The Crest e Octavia Sperati, i singoli dei Theatre of Tragedy e dei Tristania ed Enchant di Emilie Autumn.
• Visto che siamo in tema, di’ per favore ad Emilie e a Leandra che se fanno uscire un album nuovo nel 2010 mi fanno molto contento.
• Regala a me e alla Bloempje un biglietto per Torino, così finalmente ci vediamo nella nostra città e io le posso fare un bel po’ di foto, sia a lei che a BriarRose, la Emilie Autumn nostrana.
• Già che siamo in tema, portami tanti bei modelli maschi per farmi continuare con la mia serie sui Signori dell’Inferno. Nick Chiron è il primo della lista.
• Fai guarire Figlia, così la smette di girare da un medico all’altro e può raggiungere me e la Bloempje/Padra a Torino. En passant, prendi anche la Nipota, così riuniamo tutta la famiglia.
• E a proposito di famiglia, fa’ trovare un lavoro decente e ben remunerato alla Mater. O in alternativa, fai cadere il governo così non perde uno di quelli attuali. O magari entrambe le cose.
• Visto che passi già da Napoli, porta anche un po’ di serenità ad Aldo e alla sua famiglia, che se la meritano.
• E dato che parliamo di serenità, risali da Roma e porta la neve a Serena, così facciamo contenta anche lei.

• In omaggio a tutto ciò, la spilla che Ben Barnes ha nella foto di qualche post fa sarebbe ben gradita.

Dato che comunque mi rendo conto che ti ho caricato di molte richieste, non faccio il tirchio e ti do anche io qualcosa in cambio. Hai piena libertà di portarti via chi vuoi, ma anche tutti, fra: Meri Demurtas, possibilmente prima che registri il nuovo album con i Tristania; Tamarrja Terrunen (il cui nome d’arte è Tarja Turunen) e magari pure tutti i suoi fan, così ci liberiamo della parte peggiore del female fronted metal in una botta; il Procreatore, sostituendolo però con un fantoccio ologramma che continui a spedirmi gli alimenti e firmi certi documenti; il Papa-paparatzi(nger) (cit. Lady Gaga), e magari pure il Berlusca, visto che Gesù Bambino e la Madunina si sono rivelati inaffidabili; prendi anche la nostra amica EnteroGelmini, così la scuola torna alla normalità e non si vedono più cose assurde tipo professori e studenti uniti dalla stessa parte (a protestare); infine, ho tutta una serie di simpatici Casi Umani da farti portar via, così magari riesco a passare una giornata senza che nessuno disturbi me e Luisa per scemenze senza né capo né coda.

Io avrei finito. Dato che Natale è già domani, ti consiglio di attivarti al più presto, dando la priorità a portarmi Anders (magari infiocchettato e nudo nel letto), e lasciandoti per ultimi i Casi Umani: credimi, per quelli ti serve la slitta vuota.
È stato un piacere fare affari con te, a risentirci l’anno prossimo.
Frozen

Auguri, Dorian

In tutto ciò, a proposito dei più belli che non sono mai reali, come posso dimenticare un bel post di auguri al mio burattino Dorian, che compie oggi quattro anni di permanenza a Lot? Per quanto, se si esclude il telefono con la Bloempje, non giochi più da chissà quanto, lui lo amo ancora visceralmente. Peccato che la land non me lo sappia valorizzare.
O beh, fortuna che le sue avventure sono state trasposte al racconto che, lo prometto, sarà presto finito.

Wednesday 23 December 2009

Attacco di nostalgia?

È probabile che sia il fatto di ritrovarmi a casa della Mater senza nulla da fare per impegnare quindici ore al giorno ad aver favorito in me un ritorno all’adolescenza, dato che in questi ultimi due giorni mi sono dato con gran piacere ad attività che svolgevo quando avevo tredici anni. Così, ieri notte ho messo su entrambi i miei cd delle Sugababes (ebbene sì, anche io ce li ho, questi scheletri nell’armadio) e li ho ascoltati di fila; i pomeriggi, invece, li trascorro attaccato al fedele Nintendo Game Cube fra i vari Mario Party, Luigi’s Mansion e, soprattutto, Super Smash Bros. Melee.

A questo proposito, avrei un’osservazione interessante: accidenti, perché quando ci giocavo da tredicenne eterosessuale non mi ero mai accorto di quanto Marth di Fire Emblem fosse un bel ragazzo?

Prince Marth of Fire Emblem
Che destino ingiusto: tutti i più belli o sono disegnati, o sono virtuali.

Monday 21 December 2009

Winterlove

E così è finalmente arrivato il giorno più corto dell’anno, che sta ormai per volgere al termine. Il ventun dicembre, il Solstizio d’Inverno, la notte più lunga di tutte. Ho trascorso questa giornata impegnato a fare l’albero di natale, che per tradizione è affidato alla mia direzione artistica sin da quando ero in grado di tenere in mano una pallina e appenderla ad un ramo, mentre ascoltavo Aégis dei Theatre of Tragedy sull’impianto hi-fi in compagnia della Mater, che ha visibilmente apprezzato entrambe le cose.

Come facilmente intuibile, sono tornato ad Algeri, lasciandomi alle spalle la neve che attanaglia l’Europa per l’ancora verde (e terribilmente ventoso) Merilend. Inutile dire che avrei preferito che fosse la Mater a venire a Trieste e passare il Natale sotto la neve. Perché nonostante tutti i viaggiatori la stiano maledicendo dal profondo del loro cuore, io la neve la amo (probabilmente anche perché ieri non mi ha causato problemi durante il viaggio, a parte dieci minuti di ritardo dell’Eurostar da Trieste a Mestre che mi hanno semplicemente accorciato il tempo di attesa del pullman per l’aeroporto di Treviso al freddo). Già sabato mattina, quando intorno alle sette, mentre mi preparavo ad andare a dormire, ho visto dalla finestra che c’era una vera e propria tormenta, ho iniziato a fare omg in giro per la stanza in preda all’entusiasmo (naturalmente, avendo vissuto per diciannove anni in Merilend, non avevo mai visto dal vivo tanta neve tutta insieme!). Ma domenica il viaggio sotto la neve è stato qualcosa che è andato al di là di ogni mia aspettativa.

A partire da quando sono uscito di casa alle cinque del mattino, zaino in spalla e quattro gradi sotto zero: trovatomi inaspettatamente a mio agio a quella temperatura, ho lasciato che il mio spirito romantico si nutrisse di immagini per me totalmente nuove, come gli anfibi che affondavano nella neve in quella specie di esodo malinconico con la musica degli Autumn in sottofondo. Ma è stato sul treno, all’arrivo dell’Aurora, che è esplosa la bellezza: mentre le note di Frozen dei Theatre of Tragedy cullavano il mio udito, lentamente ogni cosa ha iniziato a passare dal blu profondo ad un tenue bianco azzurrino, rivelando un mondo che fino ad allora per me esisteva solo sotto decine di livelli di Photoshop: alberi dai candidi rami di cristallo, sconfinati campi immacolati, erbe dai lunghi steli coperti di brina, piccoli fiumi divenuti lunghi nastri lisci ed immobili ed altri larghi e grandi, grigi fra rive fatte di alberi che si tendono nivei verso l’acqua gelida sotto ponti di ferro coperti di soffice bianco. Dai Theatre of Tragedy ai Draconian il passo è stato breve, e giuro, se è vero che di troppa bellezza di può morire, allora ho rischiato per davvero. E dal pullman che conduceva all’aeroporto ho potuto godere delle meraviglie del paesaggio semi-urbano, con magnifiche ville dalle balaustre di marmo rese ancora più bianche, statue ammantate di neve, siepi, canaletti, ponticelli, cancelli, inferriate. E più tardi, dall’alto dell’aereo, quale canzone migliore di ...And Then The World Froze delle Octavia Sperati per contemplare l’intera Italia che, dall’Adriatico alle ultime propaggini degli Appennini che declinavano verso il Tirreno, era trasformata in un’enorme distesa di ghiaccio e neve?
Giuro, ho goduto ogni singolo istante di questo viaggio.

Ps: in Merilend mi è arrivato il singolo di Sweet Sacrifice degli Evanescence. Ora ho completato la loro discografia da Origin (compreso) in poi. Fa uno strano effetto pensarci ora, che in questo frangente è cambiato tutto.

Thursday 17 December 2009

Intitolarlo “Dorian Gray” mi è sembrato un oltraggio

Sotto sotto lo sapevo sin dall’inizio, di avere ragione: se per ben due volte di fila persone diverse mi hanno tirato pacco per andare a vedere il film di Dorian Gray, evidentemente era destino che io non lo vedessi. E allora perché mi sono impuntato e sono andato a vederlo a tutti i costi? Perché ho voluto essere coerente e subirlo per poter dire a cuor leggero che era una porcheria? Perché ho voluto a tutti i costi demolire quel poco di stima che ancora avevo per la pseudo “arte” cinematografica? La risposta è semplice: perché, per quanto totalmente out of character, Ben Barnes resta comunque un gran tocco di gnocco e la prospettiva di vederlo impegnato in una lodevole quantità di scene di sesso mi allettava non poco. Non solo, ero curioso di vedere la benedetta scena omosessuale di lui che baciava e si faceva Basil. Ebbene, quando imparerò a non lasciar decidere i miei ormoni?
Indubbiamente, questo film i suoi pregi ce li ha:

• Ben Barnes, di cui ho detto sopra.
• La fotografia, con un utilizzo magistrale della profondità di campo che mi ha colpito in maniera particolare, specie nelle scene in cui Basil dipinge il ritratto e nel gioco degli specchi con Sibyl Vane.
• Le scenografie, curate nei minimi dettagli ed esteticamente molto gradevoli sia per quanto riguarda gli interni (la casa di Dorian, quelle degli altri personaggi borghesi, ma anche il teatro di terz’ordine dove si esibiva Sibyl e i bordelli), sia gli esterni (in particolare i due cimiteri, quello monumentale dove viene sepolto Basil e quello misero dove giace Sibyl Vane che, giuro, morirei pur di avere come set fotografico).
• Dulcis in fundo, i costumi, specie quelli di Dorian e Henry. I costumi di questo film sono una cosa magnifica, ogni singolo foulard, gilet, giacca, spilla, pantalone, stivale, cappotto era così bello da farmi battere il cuore come non accadeva dai tempi del primo ammoreh: basti vedere il completo di gilet rosso a piccoli rombi più quella magnifica spilla con pendenti della foto qui sotto.

Ben Barnes as Dorian Gray (?)Detto questo, il più grosso difetto del film è tutto il resto. E tutto il resto sarebbe la trama. Il primo tempo si attesta tutto sommato come una graziosa mediocrità, un riassunto fantasioso e lacunoso che tenta di comprimere un’opera letteraria nel poco tempo a disposizione rendendola al contempo fruibile al pubblico cinematografico, riuscendoci tutto sommato meglio di molte altre riduzioni. Il secondo tempo, ovvero tutto ciò che avviene dopo l’uccisione di Basil, è una mostruosità inventata di sana pianta. Sul serio, avrei dovuto fare quel che avevo pensato sul momento: “Ok, la scena omosessuale con Basil c’è stata, ora posso anche andarmene a casa soddisfatto”, perché se avessi lasciato il cinema a quel punto non mi sarei rovinato definitivamente il film. Giuro, nonostante fossi preparato al peggio, quello che è successo ha superato talmente le mie aspettative più nere da lasciarmi sconvolto e amareggiato.
Questo perché (da qui in poi ci sono spoiler a tutto spiano, e se pensate di andare a vedere il film, vi consiglio caldamente di leggerli, così ci ripensate):
passi che all’inizio del film non è che Dorian è ingenuo, è proprio uno sfigato della peggior specie; passi che è castano con gli occhi più neri che abbia mai visto; passi che ha subito dei traumi infantili per via del nonno e abbia addirittura cicatrici di frustate sulla schiena (ed è subito God Child della Yuki, wtf?!); passi che conosce Henry a una festa dove è il peggio vestito; passi che il padre di Dorian è morto di tifo invece che ucciso da un sicario del nonno; passi che, mentre stanno finendo il ritratto, Henry porta lui e Basil a parlare in una specie di bettola di infimo ordine adibita anche a bordello; passi che, mentre Dorian esprime il desiderio di rimanere giovane, nomina esplicitamente Satana, che di per sé è (o almeno pensavo che fosse) la massima banalizzazione possibile del racconto, il tutto mentre Henry brucia petali di rose a lume di candela in una specie di parodia di rito satanico; passi che Sibyl Vane (che per l’occasione è rossa) l’ha vista per la prima volta nella bettola-bordello di cui sopra, mentre il punto del personaggio è che non ha mai nemmeno intravisto l’amore o l’erotismo; passi che il teatro dove la vede recitare ha delle decorazioni in legno tutto sommato eleganti invece degli stucchi pacchiani; passi che lei, invece che Giulietta, sta recitando Ofelia; passi che lui va a trovarla in camerino quella sera stessa e poi se la porta a casa e ci fa addirittura sesso; passi che la camera da letto di Dorian sta al primo piano e non al pianterreno ed è rettangolare e non ottagonale; passi che lui annuncia il suo fidanzamento pubblicamente invece che ai soli Henry e Basil; passi che quando poi propone di vederla recitare ci vanno solo lui e Herny; passi che lui la lascia perché, invece che andare a vederla, Henry lo porta in un bordello dove fumano oppio mentre lui gli dice che Victoria (Lady Wotton) è incinta e poi Dorian va con due prostitute e decide di non sposarsi per questo, mentre manca in toto la pessima performance di Sibyl; passi che en passant viene nominato Alan (Campbell), che invece che essere un chimico (e palesemente ex amante di Dorian, che peraltro appare nel capitolo 14) è una specie di spacciatore e ha i capelli biondi invece che neri; passi che Sibyl si affoga nel Tamigi invece di avvelenarsi; passi che la notizia Dorian la riceve da James Vane, il fratello di Sibyl, che va a trovarlo a casa e tenta di strangolarlo seduta stante e viene poi rinchiuso in manicomio; passi che poi Dorian ad una festa si fa prima la figlia debuttante e poi la mamma già di una certa età (ok, questo può anche essere accaduto nel corso del capitolo 11, dove vengono riassunti ben diciotto anni di vita di Dorian); passi perfino che al Libro Giallo, punto chiave del romanzo, non viene fatto nemmeno un misero accenno, e che poi l’intera questione edonismo è liquidata con lui che gira per bordelli e si scopa soavemente donne (e qualche uomo, per lo meno) di ogni genere; passi che Basil, di poter esporre il ritratto, glielo chiede durante una festa, e che nel mentre, invece di essere lui a dichiararsi a Dorian, è Dorian che gli infila la lingua in bocca, lo fa inginocchiare e si sbottona i pantaloni (scena magistrale e abbastanza implicita, devo ammetterlo, se non fosse che di tutti gli uomini nominati nel racconto Basil è l’unico, assieme a James Vane, che Dorian non si farebbe nemmeno sott’oppio); passi che subito dopo, a festa finita, gli mostra il dipinto e  lo uccide (con una scheggia di specchio, che è forse il dettaglio più suggestivo della scena, sebbene differisca dal libro), il tutto dopo un anno dall’inizio del racconto invece che dopo diciotto; passi che, antisgamo al massimo, invece che far distruggere il corpo da Alan semplicemente lo taglia a pezzi e lo butta nel Tamigi, affondando poi il baule con le proprie iniziali (e qui, cari sceneggiatori, dovete spiegarmi com’è che la polizia non lo sgama); passi pure che dopo questo si vedono scene di lui che si abbandona ai peggio masochismi, rovinandomi così anche le scene di sesso che sono l’unica parte del film vagamente salvabile; passi che dopo questi episodi Dorian parta per un viaggio intorno al mondo di diciotto anni quando invece era talmente paranoico per il ritratto che si allontanava dall’Inghilterra solo per brevi periodi; passi che quando Dorian va a fumare oppio in una bettola incontra l’ex debuttante ora caduta in disgrazia e diventata una prostituta disgustosa mentre nel libro incontra Adrian, un suo ex amico (e amante); passi che James Vane lo rintraccia quando lui visita la tomba di Sibyl; passi pure che poi lo insegue per sparargli fin dentro la metropolitana e muore investito dal treno (scena scontata e banalissima); passi perfino che in tutto questo tempo il ritratto diventa ricettacolo di vermi, topi e blatte, si muove ed emette pure tamarrissimi rumori e grugniti; passi infine che nel frattempo Henry ha una figlia che a diciotto anni fa la suffragetta (con conseguente sballamento del periodo storico) e che, tornato a Londra Dorian, se ne innamora. Posso accettare tutto questo, che riempie poco più del primo tempo ed è già di per sé sufficiente per considerare le due storie come separate. Ma che a una certa Lord Henry, causa innamoramento della figlia, si raffreddi nei confronti di Dorian, arrivando addirittura a diventargli ostile, odiarlo, capire che il ritratto invecchia al posto suo, macchinare di smascherarlo e infine ucciderlo dando fuoco a casa sua, per favore, NO, NON POSSO ACCETTARLO! 
Se c’è una cosa che snatura in maniera assoluta, totale, radicale il Ritratto di Dorian Gray è che, per qualsiasi motivo, la relazione (amicizia, chiamatela come volete) fra Dorian e Henry possa finire. Per non parlare del fatto che poi tentino di uccidersi a vicenda. E a rendere tutto ciò ancora più assurdo è che Henry inizia a odiare Dorian per via della sua condotta tutt’altro che irreprensibile. Sul serio, ero andato al cinema preparato ad una mezza porcheria, pronto a sopportarne le conseguenze senza lamentarmi o allibire perché me l’ero cercata io, ma una cosa del genere mi ha sconvolto! È in-con-ce-pi-bi-le!

In definitiva, il motivo principale per cui il film è pessimo è che il primo tempo è una cavalcata sull’acceleratore andante, in cui si passa in cavalleria e in maniera più riassunta possibile quello che, alla fine, è solo l’intero romanzo, per spianare la strada a questa aberrazione inventata di sanissima pianta, dato che nel romanzo non c’è nemmeno il più piccolo accenno che possa essere stato ingigantito in una simile schifezza. È sconvolgente che quello che è solo l’elemento portante del libro, l’edonismo di Dorian, sia stato riassunto e banalizzato in una semplice sfilza di scopate via via più perverse, senza accenni a collezioni di opere d’arte e oggetti preziosi, non per mancanza di tempo, non perché sarebbe stato troppo sofisticato per il pubblico becero che va al cinema, non per mancanza di budget, ma semplicemente per far spazio a quella cosa. È sconvolgente e inaccettabile.
Andando un po’ più sulla recensione classica, scena top: la festa in maschera a casa di Dorian (durante la quale si imbosca con Basil), che è un vero piacere per gli occhi e, riuscendo a cogliere quella perversione sottile e lo spiccato estetismo propri della narrazione originale, si avvicina in maniera anche ben riuscita al romanzo di Wilde. Scena flop: il secondo tempo offre l’imbarazzo della scelta, ma credo che opterò per la scena finale in cui Dorian combatte letteralmente contro il proprio ritratto animato e grugnente in mezzo alle fiamme dopo essere stato rinchiuso in soffitta da Henry ed aver allontanato una Emily (Wotton) piangente per sacrificarsi per lei.
Il consiglio è quello di non andarlo a vedere al cinema ma, se proprio si vuole, limitarsi a scaricarlo, guardare il primo tempo e cancellare il file. Sinceramente, non so nemmeno se davvero Oscar si sia rivoltato nella tomba per una porcheria del genere: alla fine, come io e i miei amici siamo convenuti dopo la visione, hanno semplicemente preso i nomi dei personaggi del romanzo e ci hanno scritto sopra una storia completamente nuova che nulla ha a che vedere con l’originale. Ergo, non c’è nemmeno il rischio di guastarsi la lettura del libro. Dire che mi ha deluso è eufemistico, considerando che già ero partito rassegnato al cinquanta percento. Non credo che mi preoccuperò nemmeno di noleggiarlo e masterizzarlo come faccio di solito, quando uscirà in DVD: le poche scene buone non ne valgono la pena, se confrontate con l’allucinante seconda parte.

Wednesday 16 December 2009

Blog vs Diario

A ben vedere, un blog è un’allegoria della vita più fedele di quanto non sia un diario cartaceo. Questo perché sulle pagine di un diario cartaceo c’è posto per un solo giorno alla volta, e la carta non scorre. Quando si vuole tornare indietro anche al passato più recente si devono sfogliare molte pagine, mentre quando si vuole aggiungere qualcosa bisogna continuare a far crescere un cumulo di fogli che stanno fermi e ben rilegati: la vita assume così il carattere statico di un libro di favole, con vari capitoli che si accumulano gli uni sugli altri, e sia le cose che sono avvenute da poco che quelle meno recenti assumono quel vago tono seppia del c’era una volta, un momento non collocabile nel tempo e nella memoria.
Un blog è diverso: in un blog si hanno dieci, quindici post per pagina, con i più recenti che rimangono in bella vista più a lungo. E tuttavia, man mano che altre esperienze si aggiungono i post slittano indietro, cedono il posto a ciò che è più fresco pur senza sparire. È molto più realistico, perché ti accorgi che davvero quando un post finisce in seconda pagina, il momento a cui è legato è davvero diventato passato, è stato archiviato e fa parte dello sfondo della situazione attuale.
Un diario, insomma, cresce in spessore, mentre un blog in profondità. La carta è più adatta ad un racconto (nessun dispositivo elettronico potrà mai essere come un libro), il computer a ricordare.

Mi sono accorto di questo notando che tutti i post inerenti il mio flirt toscano sono ormai slittati in seconda pagina, lasciando spazio a situazioni completamente nuove. Se ripenso a quella manciata di giorni, li sento perfettamente archiviati, né più né meno, e utili principalmente a riflessioni di questo genere. D’altro canto, le situazioni degne di nota continuano a riempire anche i post successivi, ed è così che ci si accorge che non sono archiviate ma ancora attuali.

Ps: a quanto pare, sto finalmente mettendo giudizio. Nella fattispecie, sul lato sinistro della mandibola. Beh, prima o poi dovevano spuntare, i bastardi.

Pps: secondo Google, oggi è il centocinquantesimo anniversario dell’infausto giorno che vide la nascita di quell’imbecille di Zamenhof, l’idiota che ha tentato di togliere il pane di bocca a tutti gli interpreti e i traduttori a venire inventando quella colossale pagliacciata che è l’esperanto. Spero abbia passato la giornata a rivoltarsi nella tomba.

Monday 14 December 2009

Neve

Dato che la Bloempje mi ha praticamente messo con le spalle al muro, non ho comprato le molto natalizie monete di cioccolato quando sono andato a prendere l’acqua nel supermercato sotto casa, ma una tavoletta di Lindt Noir alla Menta non me la poteva togliere nessuno. Così, mentre sto comodamente al computer mangiucchio il mio cioccolato freddo come la neve e mi concentro spudoratamente sul piacere che prova il mio Senso del Gusto.

A proposito della neve, stamattina al risveglio Trieste mi ha offerto un’altra delle sue innumerevoli sorprese che tanto amo: incalzato dal bussare delle donne delle presunte pulizie (presunte perché le dovrò rifare daccapo domani stesso, visto che ci sono ancora i batuffolini che volano, e nemmeno in angoli troppo remoti), sono strisciato giù dal letto, mi sono vestito alla meno peggio e sono andato alla finestra. Abituato come sono ai climi africani, quando ho visto i fiocchi bianchi che volavano sballottati dalla bora inizialmente non ho realizzato subito di cosa si trattava, e il mio cervello ancora atrofizzato dal poco sonno ha fatto un vago collegamento con la lanuggine dei pioppi. È stato solo quando ho pensato che era decisamente fuori stagione e ho notato i mucchietti bianchi sul tetto del palazzo di fronte che ho finalmente realizzato che si trattava di neve. E sebbene non facesse sufficientemente freddo da imbiancare la città, ha continuato a nevicare fino al tardo pomeriggio, cosa che mi ha reso decisamente euforico tutto il giorno: ascoltare Silent Winter dei Draconian mentre dal cielo scendono fiocchi candidi è un’esperienza da fare.

Bisogna però sottolineare il fatto che la maggior parte dell’euforia più che dalla neve derivava dal fatto che ho praticamente trascorso l’intera giornata assieme alla Bloempje, come ai bei vecchi tempi. Si è riso e scherzato, si è parlato di vita, morte e miracoli, con me che l’ho aggiornata sugli ultimi sviluppi con la Molestatrice e l’intera vicenda del Vecio (e sì, era rimasta parecchio indietro). E, soprattutto, ci siamo fatti i regali di natale: lei i cioccolatini (se avesse osato architettare di più l’avrei castigata, sono io il Papi qui dentro!), e io una ricarica della Postepay per finanziarle un gioco che ha visto in un negozio lì da lei (purtroppo non le ho potuto fare fisicamente il regalo, ma si sopravvivrà anche a questo).



A tal proposito, mentre mi facevo tranquillamente gli affari miei seduto in fila alle poste, ho notato con un certo orrore la presenza di un crocifisso alla parete. La prima reazione è stato un moto di disgusto per il robo in sé, la seconda di rassegnazione per il fatto che nessuno sembra capire che in ufficio pubblico simili manifestazioni non sono assolutamente necessarie, la terza una certa stizza: se proprio non riescono a fare a meno del soggetto religioso, potevano almeno optare per quel figone di un Gesù Cristo boccoloso e mezzo nudo ritratto da Robert Recker! Almeno mi sarei rifatto gli occhi in santa pace.
Judas Kiss by Robert Recker

Sunday 13 December 2009

W la Madunina!

The Closed Eyes Of Paradise by GothicNarcissus
Avevo già un debole per questo monumento, ma oggi amo il Duomo di Milano anche più di prima. Lui e quelle kitschissime statuette per turisti che lo riproducono! Insomma, l'architettura Gotica ha colpito ancora!

Ps: al posto suo mi rallegrerei di essere stato a Milano e non a Pisa, Torino o altre città che hanno torri, guglie od affini come simboli... non si sa mai dove sarebbe potuta finire, in quel caso, la statuina...

Pps: Condivido di buon grado ciò che ha detto
Travaglio, eccetto che ancora una volta sono sufficientemente politicamente scorretto per dire apertamente che, già che l'attentato c'è stato, il mio dispiacere per il fatto che non ci sia rimasto secco sul colpo è vero e genuino. Tanto lo sappiamo com'è l'Italia, se non arriva la soluzione drastica non si va avanti di un millimetro.

Thursday 10 December 2009

Politicamente scorretto

Diciamocelo chiaro e tondo: se sono a favore della fame nel mondo non è perché sono brutto e cattivo, né perché sono sostanzialmente misantropo. La questione è così semplice che può essere riassunta in una frase del mio prof di economia: “Le risorse sono per definizione limitate”.

Ora, se la gente non morisse di fame, l’esplosione demografica sarebbe insostenibile. I paesi del terzo mondo non sono in grado di mettere un freno alle nascite, quindi è giusto che ciò sia controbilanciato in qualche modo, altrimenti il mondo intero imploderebbe sul serio. So che detto così è molto cinico, ma purtroppo la situazione è già grave: la morale non serve a una mazza, bisogna solo essere pragmatici, lasciar fare alla natura il suo corso e ringraziare di essere fra i fortunati che hanno da mangiare. Amen.
Poi sono d’accordo con chi dice che se anche i paesi del terzo mondo raggiungessero il nostro livello di benessere, nel giro di quaranta o cinquant’anni l’esplosione demografica si sgonfierebbe come è successo a noi, ma per quei cinquant’anni che fai?

Non sto dicendo che tutto ciò sia giusto, ma solo che è necessario, punto. So che tutti quelli che si riempiono la bocca di ideali come “eliminiamo la fame nel mondo” ci fanno una figura più brillante di me in una conversazione fra persone perbene, ma alla fine creerebbero più problemi di quanti ne vogliono risolvere.

(Il bello di questo post è che lo sto scrivendo a due settimane da Natale sotto lo sguardo vigile di un adesivo dell’UNICEF che il/la precedente proprietario/a della stanza ha attaccato sull’armadio. Che ironia.)

Wednesday 9 December 2009

Dark Horns

Dark Horns by ~AylRose
But all my fears are gone now:
My hands are yours to hold,
And I’ll stand here alone
Until we meet once more.

[ Todesbonden ]

‘o Femmeniero

Ecco la sfida per tutti quelli che, come me, pensavano che non avrebbero mai guardato un video della Spears in loop cinquanta volte di seguito! 
 

Ps: qualcuno dica gentilmente a Britney che è inutile che si metta a fare la sexy in sauna, tanto metà delle sue fan sono ragazze, l’altra metà finocchie.

Tuesday 8 December 2009

No greater sorrow

Sorrow... by =sweet-lovely-death
There is no greater sorrow
Than to recall happiness in times of misery.
[ Anders Jacobsson ]

Saturday 5 December 2009

Giubilo in tutto il Regno!

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!!
È arrivata la notizia che attendevo da tempo:

The year is drawing towards the end and what better way to announce the first official tourdates of the shows to go down in 2010!

13.03.2010 Sittard, Fenix (NL)
14.03.2010 London, Underworld (UK)
18.03.2010 Barcelona, Salamandra (E)
19.03.2010 Madrid, Caracol (E)
20.03.2010 Lisbon, Cine Teatro Corroios (PT)

There are still planned shows in Germany, Switzerland, France and some other countries during the next year.
Stay tuned for more info. In the meantime start spreading the word. These shows will be unique in its own ways.



I Theatre of Tragedy! In tour! Finalmente!!!

Le date sono ancora in aggiornamento, motivo per cui posso ancora sperare che vengano da qualche parte in Italia e mi facilitino le cose. Ma se anche così non fosse, chissenefrega, prendo il primo RyanAir e sono tutto loro a Londra. Alle vacanze di Natale mi premurerò di portare su a Trieste tutti i loro cd che ho, in modo da partire in quarta con la firma degli autografi, e già che ci sono mi porto anche quelli dei The Crest per la mia adorata Nell (e alla prima occasione le dirò chiaro e tondo che sono il fan dei The Crest numero uno al mondo, perché davvero, io quella band la adoro).

Aww, come sono felice!

Wednesday 2 December 2009

Consiglio needed

Secondo gli ultimi calcoli, se si escludono gli ordini che sono attualmente in arrivo, dovrei avere 108 cd, fra album e singoli, di Female Fronted Metal e immediati dintorni. Il mio bel castano e ricciuto Dorian Von Eden, protagonista del racconto che sto scrivendo, ne ha esattamente trecento, fra album, singoli, EP, best of, demo rarissimi e singoli digitali che si è fatto stampare appositamente su cd. C’è anche da dire, però, che il mio bel castano e ricciuto Dorian ha anche un conto in banca notevolmente maggiore del mio, vanta conoscenze altolocate fra le varie label da cui può facilmente ottenere i demo e segue il Female Fronted praticamente da quando il genere stesso è nato, da quando i The Gathering avevano ancora la voce maschile (infatti il primo cd propriamente Female Fronted che ha comprato è stato Tears Laid In Earth dei 3rd And The Mortal, mica pizza e fichi). Così, se io i demo dei The Crest e delle Octavia Sperati non li trovo nemmeno su internet da scaricare, lui li ha felicemente allineati sullo scaffale ed è liberissimo di tirarli fuori, infilarli nell’hi-fi ed ascoltarseli alla facciaccia di tutti i fan.
E a proposito del bel castano e ricciuto signor von Eden, ci terrei a sottolineare che anche se si chiama Dorian in onore del suo omonimo Gray, era castano già da prima che a qualche regista buontempone decidesse che siccome voleva fare i dispetti ad Oscar anche Dorian Gray dovesse esserlo nel suo film.

A questo punto, vorrei aprire un sondaggio: dato che, come facilmente immaginabile visto che già nutro poco interesse per il cinema in generale, e ancor meno simpatia per i film tratti da libri che ho letto e mi sono piaciuti, non sono andato a vedere il film in questione, pensate sia il caso che vada a vederlo per poterne sparlare a pieno diritto o sia meglio restare chiuso nel mio sdegno a priori? Ormai mi sono fatto spoilerare tutte le aberrazioni più oscene (tipo il fatto che se hanno almeno avuto la decenza di non trasformare Dorian in un eterosessuale, l’hanno fatto trifolare con l’unico uomo che non si sarebbe fatto nemmeno per pura curiosità in tutto il libro assieme forse a James Vane), per cui sono preparato al peggio, e in più mi hanno detto che se non si tiene conto del libro di cui vorrebbe essere la parodia, il film offre delle belle scene di seminudo di quello che nel bene e nel male resta comunque un bel figliolo. Che ne dite? Commentate, commentate, commentate.

Tornando invece al Dorian che ha tutto il diritto di essere castano (e che non lascerò mai sia trasformato in un personaggio da film, che come minimo mi fanno biondo lui), mi mancano ormai due, massimo tre pagine dell’ultimo capitolo più l’epilogo per finire la storia. Dopo di che da una parte mi butterò alla stesura del seguito (ispirazione permettendo), dall’altra parte vedrò di provare a trasformare il documento word in un volume cartaceo. Sinceramente, la mia capatina di oggi in libreria non mi ha reso particolarmente ottimista: sulla scia della Meyer-scrittrice prima e della Meyer-del-film poi, il mercato letterario sui Vampiri è ormai soprasaturo. C’è un intero scaffale talmente pieno di copertine nere con titoli in caratteri goticheggianti e disegni di rose insanguinate e altri cliché simili, che anche se la copertina che ho creato io è decine di volte meglio di quelle che ho visto (e lo dico senza false modestie) sarebbe solo una in più fra tantissime. La mia opera non ha né da una parte lo spessore degli scrittori Decadenti da cui attingo ispirazione, né dall’altra l’appeal commerciale (e l’essere arrivato prima) di una Meyer: una storia apertamente omoerotica, con scene neanche troppo velate, permeata da cima a fondo di musica di nicchia (ed ecco perché avevo bisogno di stabilire la collezione di CD di Dorian) richiede senza dubbio un pubblico più ristretto, specie in un paesello come l’Italia. Il che, dal mio punto di vista, non è nemmeno una cosa malvagia, visto che non voglio che tutte le ragazzine sceme sbavino per Dorian e Frisson come fanno per Edward, ma vallo a spiegare ad un editore.

Sunday 29 November 2009

Vita universitaria: il ritorno

A dirla tutta, questo post l’ho scritto ieri ad impressioni fresche, ma visto che la presmessa sull’afterglow mi è sfuggita di mano e ha assunto le dimensioni di un post autonomo, questo ha dovuto attendere.

Dato che wireless o non wireless non si vive di solo internet, stasera, dopo mesi di clausura, ho finalmente rinverdito un po’ i fasti della mia vita sociale triestina. A dire la verità, se ho cercato di organizzare un’uscita di gruppo era più perché avevo voglia di andare al Bire, il ristorantino tedesco, e mangiare una bella bretzel che non perché fossi in vena di compagnia – e peraltro alla fine abbiamo optato per andare a mangiare una pizza al Paulaner, per cui niente bretzel – ma tutto sommato per una serata di svago ci poteva anche stare. Devo cercare di riabituarmi ad uscire: alla fine, rientra fra quelle attività che quando sono a casa mi fanno storcere il naso, ma che mentre si svolgono mi danno soddisfazione. Fra le cose da segnalare sulla serata, ho fatto fuori due sorbetti al limone dopo la pantagruelica pizza del Paulaner, ho rischiato di perdere il mio adorato basco (ma che ironia), e ho trovato una potenziale candidata per un demone androgino della mia serie (dovrò dare uno sguardo alle biografie per vedere chi mi ispira).

Trieste è già addobbata a festa nonostante sia ancora solo novembre, con Piazza Unità che ospita le due file di abeti decorati con luci e palline rosse (enormi, a dire il vero), ma ha sempre qualcosa da offrire al mio lato Decadente: un cielo cupo e denso che si fonde con il mare cancellando totalmente l’orizzonte, con la luna che di tanto in tanto si affacciava fra i batuffoli per gettare una chiazza di luce evanescente sulle onde languide che si cullavano vicendevolmente a breve distanza dalla punta del Molo Audace, dalla quale penzolavano le gambe mie e di una mia amica, intenti ad osservare i gabbiani che nuotavano pigramente nel buio e a chiacchierare del più e del meno. È stato quasi con una fitta dolorosa che mi sono accorto un’altra volta del fatto che il mondo è straordinariamente bello: gli accostamenti di colori, le luci che ondeggiavano sull’acqua, i flutti che si ridisegnavano costantemente... Forse sto lentamente riuscendo a tornare in grado di assaporare ciò che vedo in sé e per sé, senza pensare a quanto bello sarebbe se riuscissi a catturarlo in foto e crogiolarmi nel rammarico perché qualcosa me lo impedisce. Osservando quel punto di mare in cui nessuna luce disegnava i contorni e l’orizzonte si annullava in un nero assoluto ed avvolgente, ho sentito una distinta sensazione di serenità, perfetta ed assoluta, senza che nessun pensiero potesse guastarla.

Ora, invece, il problema principale della giornata è: come cavolo faccio a schiodarmi le Sugababes dalla testa? Le ho riesumate ieri sera per un topic sugli scheletri musicali nell’armadio su Epica Italy, e ora me le sento nelle orecchie. Anders, vienimi in soccorso (Oooh Anders, come near me, be the one for meeeee)!

Afterglow

Uno dei momenti più strani dal punto di vista delle sensazioni in un maschio è senza dubbio l’afterglow, quel languore che segue l’orgasmo. È in quel momento che, dopo il crollo drastico dell’eccitazione sessuale, ogni cosa ritorna alla normalità: il battito cardiaco rallenta, il respiro si regolarizza, i sensi si calmano, e soprattutto, il cervello riprende a funzionare normalmente e i pensieri tornano lucidi e razionali. Non c’è da sorprendersi che molti amino le sigarette, a questo punto: annebbiare i sensi e distrarre la mente con un’azione così triviale rende il passaggio più graduale. Perché altrimenti, l’improvviso ritorno della lucidità diventa davvero troppo brusco, e subentra una certa perplessità per aver pensato o fatto determinate cose che mentre si era eccitati sembravano necessarie mentre ora sono totalmente fuori questione, oppure cose che sembravano funzionar alla perfezione si rivelano in tutta la loro inutilità, soprattutto se si è momentaneamente lasciati da soli e in preda ai propri pensieri.

È così che sono venuto a conoscenza del mio lato più profondamente capriccioso ed incontentabile: già una sola volta in qualche modo insoddisfacente, ed eccomi già lì a chiedermi chi me l’ha fatto fare; una seconda volta che non è stata all’altezza della prima, le mie aspettative non soddisfatte, e già che l’idea di portare avanti il gioco mi risulta scomoda e poco attraente. E dopo che il puro istinto di prendermi quel magico attimo di piacere in maniera più intensa ed esotica del solito si è spento, la consapevolezza dell’inutilità dell’intera situazione ne prende il posto. Tutto ciò per una performance deludente. Capriccioso e incontentabile, non c’è altro da aggiungere. Per questo ho colto la palla al balzo e ho lanciato la schiettezza contro la vetrata della complicità per distruggerla. E, perso ogni interesse – se non quel minimo di compassione inevitabile, ancora non riesco ad assimilare le persone a giocattoli sessuali, o per lo meno non nell’afterglow – ho deliberatamente ignorato delle frasette affettate buttate lì per infastidirmi limitandomi a prendere atto della loro funzione e non ho preteso nemmeno di essere io a chiudere formalmente il gioco.

Il fatto che poi si sia sottolineato in vari modi che le mie azioni non hanno causato dolore mi torna soltanto utile: posso considerare la mia coscienza pulita e fregarmene allegramente. Tanto ero sincero quando dicevo che I didn’t mean to cause you pain, it’s just all aprt of the game: lo scopo principale dell’esperimento era vedere chi fra due ragazzi che mostravano interesse verso di me cascava prima nella rete e come se la sarebbero sbrigata in caso ci fossero cascati entrambi. Mi è parso uno studio interessante, e i risultati che mi aspettavo sono arrivati: non c’è motivo di indugiarvi oltre. E no, non l’ho fatto per vanità, né per dimostrare di essere attraente, dal punto di vista fisico o intellettuale: l’ho fatto per mera curiosità, volevo vedere come sarebbe andato a finire. Un diversivo che mi ha riempito qualche giornata.

Cambiando discorso, nonostante la matrice smaccatamente pop del gruppo, ho sempre avuto un debole per questo video. Ha un’estetica davvero magnifica.

Saturday 28 November 2009

Games we play

Ormai Des Esseintes non può fare altro che lustrarmi le scarpe: complice la giornata corta e la stanchezza, oggi sono andato a dormire prima che albeggiasse, quasi alle sette del mattino, e mi sono svegliato verso le cinque, quando già imbruniva. Per qualche motivo che sfugge alla mia logica di comprensione, dopo quasi otto ore di simulazione di trattativa Neerlandese-Italiano con una prof esterna che ha tenuto una lezione straordinaria, sono riuscito a stare tutta la notte a perdere tempo al computer spettegolando e guardando i video della Cortellesi che imita la Prestigiacomo.

A dirla tutta, per più di un verso, partendo ma non fermandosi al fatto che per tutto il tempo in cui ero io a fare l’interprete fra le due prof l’unica cosa che desideravo era morire e togliermi da quella situazione di tremenda tensione, ieri sarebbe stato decisamente il caso di non uscire dal letto e passare la giornata a dormicchiare: almeno avrei recuperato un po’ di ore di sonno e non mi sarei portato il muso lungo a spasso per Trieste. Se non altro, però, questa conferenza è stata talmente impegnativa da distrarmi dal fastidioso senso di deja-vù che mi ronzava nelle orecchie. Per il resto, già ero sicuro del fatto di voler fare il traduttore e non l’interprete: per come sono fatto, starei decisamente più a mio agio seduto al mio computer con google da una parte e i dizionari dall’altra a tradurre un testo che sta fermo sulla pagina (o sullo schermo) e prendendomi tutto il tempo che mi serve per ricostruire la frase e renderla nel modo migliore, piuttosto che con l’ansia di cercare di capire quante più parole riesco e renderle da una lingua all’altra nel minor tempo possibile.

A proposito di Des Esseintes, fra varie pause e mancanza di tempo, ho finito di leggere Controcorrente. Nel complesso, mi è piaciuto molto: solo una volta mi ha annoiato con la descrizione degli autori francesi contemporanei, ma probabilmente solo perché avevo la testa altrove. Per il resto, l’ho trovato una lettura molto godibile e per nulla impegnativa: ci si può sedere in tutta tranquillità e abbandonarsi al flusso delle parole, perfettamente rilassati e senza la minima tensione per quello che potrebbe essere il destino del protagonista, dato che è abbastanza irrilevante. L’unica cosa che mi ha dato ai nervi è Des Esseintes stesso: con la sua nevrosi degenerante tende a diventare davvero insopportabile, in certi momenti. Peraltro, Huysmans avrebbe potuto anche farci la grazia di sopprimerlo a fine libro, dato che la sua esistenza si era ormai esaurita ed era diventata abbastanza inutile (per la serie, ha il problema opposto a Hesse nel Narciso e Boccadoro). Oscar Wilde ha avuto molto più buon senso, da questo punto di vista, nel terminare il libro con la morte di Dorian Gray: non avrebbe avuto senso portare avanti il personaggio.

Cambiando discorso, se in questo periodo i post sono stati piuttosto scarni dipende dal fatto che la vita universitaria mi sta offrendo abbastanza pochi spunti di riflessione (a parte il workshop), mentre le altre situazioni si spiegano magnificamente con le canzoni: desideravo che ricalcassero di nuovo la mia vita, ed eccomi accontentato. A questo proposito, ci terrei a sottolineare di nuovo che nessuna delle canzoni, né tanto meno le immagini, sono state messe a caso. Nessuna.

I didn’t mean to cause you pain:
It’s just all part of the game.
Oh well.

Thursday 26 November 2009

Fa semplicemente parte del gioco

I’ll tear you apart:
Trust me, I know just the way;
But I wonder: will I ever feel the same?


Angel Sanctuary: Rosiel & CatanAaah, aaah, I never meant it,
But, but that won’t prevent your soul from breaking.
[ Stream of Passion ]

I do not mean to cause you pain:
It’s just all part of the game.

Wednesday 25 November 2009

Selling Out

Clinging to Nothingness by ~antark

Am I alive? Feels like dying.
Down, down, fists are striking me.
It gets so dark, or are my eyes blinded?
Down, down, boots are kicking me:
The coward, the sinner, the thief,
The liar, the misfit, the creep.

I’m running out of steps to walk,
Of air to breathe and words to talk.
I’m running out of noise to make,
Of jokes to tell and hearts to break.

For days burned and frozen lies,
The years that passed me by,
The child in me just died,
The scars in me will never heal.
An overdose of nothingness,
My visions are for sale,
I’m selling out.

An overdose of nothingness,
I’m selling out.
An overdose of nothingness.
An overdose of nothingness,
An overdose of nothingness.

I am alive, but always falling
Down, down. I hear voices calling me
The coward, the sinner, the thief.
I am alive, kind of wasted,
Down, down, hands are reaching me.
The coward, the sinner, the thief,
The liar, the misfit, the creep.

I’m running out of dreams to dream,
Of tears to spend and screams to scream.
I’m running out of life again,
Smothering, turning into dust.

For days burned and frozen lies,
The years that passed me by,
The child in me just died,
The scars in me will never heal.
An overdose of nothingness,
My visions are for sale,
I’m selling out,
I’m selling out.
An overdose of nothingness,
An overdose of nothingness.

[ Tristania ]

Sunday 15 November 2009

Frozen (novembre)



Early morning, no time to lose,
Chills my heart and I come undone.


In una fredda e nebbiosa Trieste mattutina, dove il grigio è punteggiato a tratti dagli splendidi gialli, arancioni e rossi delle foglie d’autunno, Frozen dei Theatre of Tragedy si rivela essere una colonna sonora semplicemente perfetta. C’era da rimanere lì e seppellirsi in quel tenue velo di uggiosa malinconia, consumare la batteria della fotocamera su ogni singolo particolare degli alberi, dai rami scheletrici degli aranci carichi solo dei loro frutti, o sulla collina resa multicolore dalla vegetazione esausta. Eppure, ho dovuto affrettare la mia contemplazione per arrivare in tempo in stazione e prendere il treno, il quale mi ha offerto il superbo spettacolo della Venezia Giulia in autunno, delle foglie arancioni degli alberi che cadono direttamente nel mare, degli arbusti che divengono macchie scarlatte in mezzo all’erba morente, delle rocce candide coronate da rami carichi d’oro, sempre con i Theatre of Tragedy come colonna sonora.

Di nuovo a Milano, di nuovo ospite di Ayl, stavolta per tre giorni. Così, senza un particolare impegno: oggi c’era la Fumettopoli, ma è stata parte della gita, non lo scopo principale. Stavolta sono qui per girare un po’ la città, per stare in compagnia di Ayl e parlare con lei d’Arte e, soprattutto, per fare fotografie. Ho un progetto in cantiere e pare che qui possa trovare materiale a sufficienza per portarlo avanti (preferisco non rivelare i dettagli per scaramanzia, finché non vado un po’ avanti e ne pubblico la prima parte). Da segnalare, fra le altre cose, che nella mia solita ansia da prestazione del sonno (quando mi devo svegliare presto non riesco a prendere sonno nella foga di addormentarmi il prima possibile) sono riuscito a mandare avanti di diversi paragrafi il mio racconto, che si avvicina così sempre più alla fine. L’autunno ha ripreso ad ispirarmi. È la stagione più magica, più carica di fascino decadente, di colori forti eppure morenti, di nuvole cariche di una malinconia così sottile che accoccolarsi fra le sue volute di velluto è tanto confortevole da far desiderare che Novembre non se ne vada mai.

Saturday 14 November 2009

Three years ago

Sembra così, ma in realtà tre anni sono un sacco di tempo. In tre anni un intero mondo ha tutto il tempo di finire e uno nuovo riesce tranquillamente a cominciare. In tre anni, persone e gruppi cambiano radicalmente, e miti si frantumano e sgretolano in milioni di frammenti.
Meet & Greet con la band
A pensarci adesso, quel celeberrimo concerto degli Evanescence con annesso meet & greet del 14 novembre 2006 sembra essere avvenuto secoli fa; senza ombra di dubbio in un’altra vita, forse quella di qualcun altro: tutti, ogni singola persona o cosa coinvolta nella vicenda, siamo cambiati in maniera così radicale che è difficile credere che quei fatti siano accaduti a noi. A partire da me, che sono totalmente diverso dal ragazzo nella foto qui sopra. Sia in cose totalmente esterne ai fatti, come i capelli che ora sono più lunghi, il fatto che ora vivo a Trieste, che ho finito il liceo e frequento l’università, che in quella foto non avevo addirittura neanche dato il primo bacio (arrivato giusto giusto il giorno dopo), sia in altre decisamente più attinenti, come il fatto che ora ascolto milioni di cose in più e che mi sono cadute le fette di salame sugli occhi e non vedo più Amy Lee come la dea senza macchia e senza peccato che mi appariva allora. Gesù, rileggendo il post sul concerto mi viene seriamente da chiedermi se ero davvero io quello che scriveva: d’accordo essere un fan diciassettenne totalmente perso nella sua adorazione per la band, ma certe uscite di quel post le trovo talmente raccapriccianti che mi viene da chiedermi perché mi ostino a voler essere onesto coi lettori e non lo cancello dal blog!
Per non parlare, poi, di quella che è la principale protagonista del post: mi sembra di parlare di una persona totalmente diversa rispetto alla Signora Hartzel di adesso. E d’accordo, la caduta del salame ha operato un rilevante cambio di prospettiva nei confronti di quella che un tempo era Amy Lee, ma non tale da giustificare il fatto che mi sembra di avere a che fare con due persone distinte. Un tempo leggevo di una donna che combatteva con unghie e denti per una band, oggi ne vedo una che quasi si dimentica le parole delle sue stesse canzoni e non fa altro che sottolineare che è totalmente diversa da quando ha scritto quella musica, quasi con disprezzo. No, il fatto che Amy Lee sia cambiata – e non solo nei capelli che si sono accorciati mentre i miei crescevano – è innegabile: in questi tre anni c’è stato di mezzo un matrimonio, ed è stato quello il punto di non ritorno, è stato da allora che essere chiamata goth ha iniziato a farle schifo e le sono venute velleità da signora borghese. E, se vogliamo dirla tutta, io ricordo un concerto certo non privo di difetti, dal punto di vista vocale, ma comunque ottimo: nello scorso show in Brasile, invece, questa donna non si poteva ascoltare!
Per completare il quadro, in questi tre anni è cambiato anche Evanescence Website, il fan club della band: allora regalavano un pass per il meet & greet anche ad un pinco pallino che aveva mandato un’email con la risposta giusta ma non era nemmeno iscritto al forum come me, oggi invece quel posto è una specie di lager dove vige il regime che la Hartzel ha sempre ragione, dove chiunque prova a muovere la minima critica (perfino far notare che il vestito dell’ultima performance era abominevole) viene ripreso, dove si cerca di insabbiare ogni difetto, ogni episodio sconveniente passato e presente, e si cresce fan che sono convinti che abbia sempre scritto tutto lei, sappia cantare impeccabilmente e sia una dea scesa in terra. Parallelamente alla loro eroina, la notorietà ha dato loro alla testa, e i risultati sono stati pessimi.


Decisamente, ripensare a quel periodo mi lascia incredulo. Così tante cose sono arrivate agli antipodi di loro stesse, senza che nessuno se ne accorgesse. Probabilmente, un anno fa le cose erano ancora diverse, avevo ancora il salame sugli occhi e la Hartzel non si era ancora rivelata per la personcina infima che è, ma durante quest’ultimo anno è successo l’irreparabile, si è creata una tale distanza fra lei-artista e me-fan che non credo sia più colmabile. È la mia adolescenza che è ormai completamente finita, senza possibilità di appello.

Wednesday 11 November 2009

Dottor Tomoe vs Messenger 2009 - round 3


Hetalia button set 3 – Belarus by ~Ugly-baka-girl
Secondo gli autori di Axis Power Hetalia, la mia homecountry Bielorussia è molto bella e ha una notevole forza di cuore e di volontà. Ora, queste qualità sono fortemente evidenti nella Mater, che da questo punto di vista è una Bielorussa doc, ma sono presenti anche in me. La prima, certo, ma anche le altre due.
Motivo?

Ebbene, il terzo round col malefico Messenger 2009 l’ho vinto io! Dopo che Ripper e Chris (che ringrazio, saluto e tutti voi dovreste
andare a leggere) mi hanno parlato della patch per sconfiggere il piccolo mostro, ho provato a dare uno sguardino in giro, fino a trovare un’amica che l’aveva e la stava felicemente usando. Così ho levato il piccolo scocciatore e ho rimesso il mio adorato Messenger 2008 che è tanto più carino e funzionale. Ora posso di nuovo conversare in tutta serenità, e ne sto approfittando per diffondere la piccola arma di distruzione di massa.

Tutto è bene quel che finsice bene.

Tuesday 10 November 2009

Irrequieto


Ti ha abbracciato con un sorriso
Appena ti ha aperto la porta.
Soffia un vento freddo, che le mette un brivido
Nel cuore.

Le hai portato via la fiducia,
Sei il fantasma che infesta il suo cuore.
Passato e presente sono un tutt’uno nella sua mente,
Sei il fantasma che infesta il suo cuore.

Prendimi per mano mentre mi perdo
In tutta la mia vita, che ho dato a te.
Prendimi per mano mentre mi perdo
In tutto il mio amore, che ho dato a te.

[ Sharon den Adel ]

Saturday 7 November 2009

“Ohibò”

Sono giunto ad una conclusione: ho un assoluto bisogno di innamorarmi. Dopo mesi e mesi di nausea istantanea al solo pensiero, l’innamoramento mi si sta presentando ora come una necessità impellente, per quattro ottime ragioni:

1) Sono nel fiore della mia giovinezza e bellezza e merito dunque una vita sessuale soddisfacente.
2) Mi scrollerei di dosso i pretendenti indesiderati (e che non capiscono di esserlo).
3) Avrei qualcosa a cui aggrapparmi per annebbiarmi la mente ed evitare di sprofondare nuovamente in baratri filosofico-nichilisti come il post precedente.
4) La più importante di tutte, sono stanco di ascoltare canzoni d’amore senza sentirne per davvero le emozioni; l’esperienza artistica ed intellettuale risulta essere mutilata e la cosa mi irrita oltremodo.

Di queste quattro ragioni, le prime tre sono tutto sommato relative: la prima può essere espletata tranquillamente anche senza innamoramento (certo la qualità così ne risente, ma pazienza), nella seconda probabilmente nemmeno una relazione sarebbe un deterrente per i vari casi umani (sì, sono tornati ed urge stilare una nuova classifica), mentre per quanto riguarda la terza, c’è la speranza che l’imminente inizio dei corsi universitari sia sufficiente a debellare il problema. Ma vivere appieno l’esperienza musicale è una cosa di cui ho assoluto bisogno. Per fare ciò sono disposto perfino ad innamorarmi, perché nulla è più bello di quando le canzoni ti scorrono nelle vene come fossero il tuo sangue. Nemmeno l’innamoramento in sé.

A questo punto, resta solo un piccolo problema: se già è piuttosto difficile trovare qualcuno che mi attrae fisicamente, e lo è ancora di più rintracciare qualcuno che mi piace nel complesso... da dove me lo vado a dissotterrare qualcuno capace di farmi innamorare?
Non mi resta che citare il mio ex professore di letteratura italiana: “ohibò”.

Il tormento della consapevolezza

A volte ho il sospetto che essere un povero mentecatto che si è bruciato il cervello a forza di iniettarsi in vena sostanze cerebro-inibitrici come la Tatangelo o Maria de Filippi non sia poi così male come ho sempre pensato. Proprio per il semplice fatto che io, a differenza dei soggetti sopra indicati, io penso. E non penso solo a questa piccola differenza, ma anche a cose di maggior rilevanza fin’anche al pluri-affrontato ed ormai inflazionatissimo scopo della vita. Ebbene, la conclusione alla quale sono arrivato, ovvero che essendo la sua unica finalità autoalimentarsi la vita è una cosa fine a se stessa e dunque inutile (lo riassumo stringato stringato, che ci vorrebbe una serie di post solo su questo punto), fa sì che, a differenza del truzzo medio che quando si prende la febbre si riempie di tachipirina e aspetti solo di stare meglio per tornarsene in discoteca, io mi incavoli come una belva.

Per quale motivo? Dai, non è così difficile. Riflettiamo insieme: che cos’è un’influenza? È una colonia di virus che entra nel corpo di una persona, attende che questo sia debilitato da qualche causa esterna, come stress o freddo, per attecchire nelle cellule, infilare i loro segmenti genetici e farsi praticamente riprodurre dalla cellula ospite fino a che questa non scoppia liberando i piccoli bastardi. L’unico motivo per cui si infilano nelle altre cellule è che da soli non sono in grado di riprodursi, altrimenti le lascerebbero stare. E a che scopo tutta questa menata? Per far sì che nascano nuovi virioni che poi perpetreranno lo stesso scempio, ancora ed ancora, dimostrando per l’ennesima volta che la vita è solo una grandissima fatica finalizzata ad autoalimentarsi in eterno! Cioè, non c’è qualcosa che non va in tutto ciò? Ma non solo: che cosa succede alla nostra brava colonia di virus, una volta che l’organismo si riorganizza e inizia il contrattacco mentre loro si danno al festino libero? Viene letteralmente sterminata, l’intero sbattimento per creare quanti più individui possibile allo scopo di crearne altri ancora finisce in una carneficina, in un’estinzione di massa, è in altre parole assolutamente vano!

Ora, essendo io reduce di un maledetto 38,6° che mi stava facendo scoppiare la testa, come può non farmi letteralmente imbestialire il pensiero che ho patito tanta sofferenza per un motivo tanto IDIOTA? Come posso non inviperirmi pensando che tutto il dolore, la spossatezza, l’inappetenza, il vegetare a letto è stato causato da una cosa così assolutamente e doppiamente inutile? Doppiamente perché è inutile in quanto circolo vizioso della riproduzione fine a se stesso, ed in quanto destinato comunque al fallimento. Cioè, oltre al danno anche la beffa!
Ecco, fossi privo di cervello e considerassi lo stare seduto a guardare i tronisti una qualche attività cerebrale, tutto ciò non mi sarebbe mai passato per la testa. Sarei stato male, avrei preso le mie medicine, e sarei guarito. Non avrei avuto questa smania, la bruciante sensazione di una presa in giro, la consapevolezza che è stato tutto in vano. E come non citare gli Epica a questo punto?
Being conscious is a torment:
The more we learn is the less we get.

Friday 6 November 2009

Sconfitta

In caso (dubito) non lo aveste capito, io odio, odio davvero capitolare, specie dopo una lunga e strenua resistenza. E se fino a mezz’ora fa il problema era limitato a quella piccola strega della Signora Hartzel, in arte Amy Lee, che ha riesumato gli Evanescence dalla camera mortuaria per ragioni puramente commerciali, beh, ora ho veramente di peggio da grattare. Perché sé bene o male di lei ormai mi frega poco e più che constatare che ormai è diventata totalmente stonata dal vivo (e che è ridicola ad headbangare con quel moncherino di capelli che si ritrova) non ho interesse di fare, con la Microsoft sono invece costretto a conviverci quotidianamente.

Ebbene, che simpatico scherzetto ci ha combinato quest’oggi lo zio Bill? Mi ha incasinato uno degli strumenti base per la mia comunicazione telematica, ovvero il beneamato Windows Live Messenger. Diciamocelo chiaro e tondo: a me la versione 2009 del programma fa schifo. Non capisco perché quegli intelligentoni della Microsoft abbiano avuto idee geniali del calibro di spostare le immagini personali da destra a sinistra, la barra di formattazione sotto l’area di scrittura, sopprimere la funzionalità tutt’altro che superflua delle cartelle condivise e altri piccoli dispettucci di questo genere. Ebbene, provato l’abominio per tre-quattro giorni lo scorso dicembre, ho disinstallato il pacchetto per rimettere la mia amata e a tutt’oggi insuperata versione 2008. Con essa ho campato felicemente fino a… quindici minuti fa. Mi cade la connessione, faccio per rientrare e DOOM!, esce il popup malefico del quale avevo già sentito vociferare: aggiornare messenger sì-o-no, e se clicki no non entri più. Ancora speranzoso di fregare il piccolo mostro, lo aggiorno, disinstallo e rimetto la compianta versione 2008 il cui installer è al sicuro nel mio HD esterno. Provo a rientrare e ari-DOOM!, di nuovo il popup malefico.
Si conclude così, dopo quasi undici mesi di strenua resistenza, l’assedio dell’abominio 2009 ai miei danni.

Ma ora, zio Bill, se io volevo tenermi la versione 2008 con tutte le falle che andavi in giro a spiattellare per convincermi ad aggiornarla, a te che frega?! Se la gente usa gli accendini e io voglio andare avanti a selce ed acciarino, perché devi ficcare il naso? Mi hai obbligato a mettere questo stramaledetto programma, e a casa mia questa si chiama violenza. È violenza bella e buona, altroché! Se non fosse che per fare ciò dovrei far migrare in massa tutti i miei amici su un altro social network (e facebook è fuori discussione, dato che è persino peggio di WLM2009), ti boicotterei a partire da ora stesso.
Naturalmente, il sabotaggio del compianto Messenger 2008 ha segnato la drastica fine del mio umore creativo, attingendo al quale stavo scrivendo una bella fan fiction yaoi a sfondo porno su Lucifero x Astaroth (Angel Sanctuary): la conferma che Windows Live Messenger 2009 ha già iniziato a far danni.

Monday 2 November 2009

Epica live & Lucca Comics

Di solito, come ben saprete per lunga esperienza, quando non posto per più di qualche giorno è perché c’è qualcosa di grave che mi turba e mi leva la voglia di scrivere. Ebbene, stavolta non è decisamente il caso: la mia assenza è molto facilmente spiegabile col fatto che sono stato per una settimana in giro per l’Italia seguendo vari eventi, senza possibilità di accedere a internet. Il risultato? Oltre alla settimana di assenza sul blog, 16 email in casella, 62 deviations da visionare 120 messaggi e una note su deviantART, uno sfracelo di post non letti su Epica Italy (soprattutto post-concerto, e Lucifero me ne salvi), e chissà cos’altro sparso in giro per il web. Ho iniziato da deviant, e mentre scrivo il post sto guardando le deviations degli autori che non salvo sul disco locale, dopo di che mi occuperò di tutti gli altri. Nel frattempo, direi che è il caso di raccontare un po’ cosa mi è successo negli ultimi sette giorni.


Dopo essere tornato a Trieste lunedì pomeriggio, sono ripartito martedì mattina alla volta di Milano: lì avrei incontrato la mia cara Ayl, che mi avrebbe ospitato per la notte e con la quale sarei andato all’Alcatraz per vedere il concerto degli Epica. Dopo un breve giro per il centro in cerca di una copia di Design You Universe da infilare ai miei amici che entravano al Meet & Greet per farla autografare (sembra essere diventata una costante, questa di cercare disperatamente i cd da far autografare per mezza Milano prima dei concerti, vedesi quello degli Evanescence nel 2006), dopo di che ci siamo recati all’Alcatraz dove ho incontrato i suddetti amici, ho distribuito le varie copie di Altitude degli Autumn che avevo portato da Düsseldorf e ho fatto una congrua fila prima di entrare. Da segnalare che il mio adorato Isaac è passato varie volte fra l’Alcatraz ed il bus e ho avuto anche modo di fare una foto con lui (oltre che con Arien, ma la cosa è passata in cavalleria). E credetemi: ha delle natiche bellissimeeeeeee!
Isaac Delahaye & mePrima degli Epica si sono esibite due band, i Sons of Season e gli Amberian Dawn: i primi sono stati un enorme scartavetramento di attributi, ed è palese che sono venuti in tour con gli Epica solo perché Oliver, chitarrista e tastierista, è il ragazzo della Simoncina; i secondi li conoscevo già dal concerto dello scorso anno. Fanno un Symphonic Metal molto stereotipato e poco originale, ma nonostante ciò mi sono piaciucchiati sino a quando non è uscito il loro secondo album: essendo questo praticamente uguale al primo (il quale aveva già una canzone uguale all’altra), li ho abbandonati per migrare verso lidi migliori; se non altro, Heidi, la cantante, ha una bella voce e ciò li ha resi meno noiosi della band precedente. Le canzoni del primo album hanno riscosso indubbiamente più successo (probabilmente molti hanno seguito il mio stesso corso, con loro), e mi ha fatto molto piacere che abbiano suonato My Only Star, la mia canzone preferita fra le loro.

Per quanto riguarda gli Epica, sono stati semplicemente magnifici: la Simoncina ha fatto davvero un’ottima performance (in barba a tutti quei simpaticoni che non fanno altro che sputarle addosso), si sente che ha studiato bene ed è migliorata tantissimo. Mi è piaciuta molto più che l’anno scorso a Bologna o quest’estate al Gods of Metal. La scaletta è stata ottima, ben bilanciata fra brani nuovi e vecchi, e mi hanno sorpreso riproponendo Blank Infinity, che io adoro. Sul forum speravamo anche che facessero Mother of Light e ci hanno sorpresi suonandola: evidentemente la quantum physics funziona davvero, ed io ne approfitterò per far diventare Isaac gaio e farlo mettere con me. A proposito di Isaac, ero in terza fila (assieme ad Ayl) e per tutto il concerto mi sono sgolato strillando “Isaac, Isaac!” come una fangirl, ci mancava solo il “kyaaaah!” d’ordinanza (beh, alla fine è arrivato). Durante i miei sbracciamenti, mia ha pure notato una volta mandandomi in visibilio, e durante Mother of Light ha fatto una scena semi-yaoi con Mark facendomi quasi venire un orgasmo. L’unica cosa negativa è che avevo quasi acchiappato il suo asciugamano a fine concerto ma me l’hanno soffiato da sotto il naso. Maledetti!

Dopo il concerto ho salutato tutti e sono tornato con Ayl a casa sua, dove abbiamo fatto le sei del mattino raccontandoci vita, morte e miracoli, storie finite più o meno bene, maniaci che non capiscono quando è il caso di smettere, vite famigliari, lavorative, universitarie, e abbiamo scoperto di avere tantissimo in comune. Il giorno dopo mi sono svegliato tardissimo e abbiamo avuto giusto il tempo di fare un po’ di shopping (un bel po’ di cd dalla Mariposa Duomo ed una bellissima camicia nera ricamata a fiori bianchi in un negozio dark in centro), prima di salutarci perché dovevo ripartire alla volta di Ferrara, dove avrei trascorso la notte a casa della Nipota per poi ripartire alla volta di Lucca per il Comics and Games. La serata è stata un delirio durante il quale abbiamo lottato (letteralmente, era lotta libera quella!) perché volevo riordinarle la libreria, ma alla fine si è riso moltissimo.

Il giorno dopo, siamo partiti alla volta di Lucca. Dopo aver fatto la fila per acquistare il biglietto per tutti e quattro i giorni della fiera e mollato i bagagli in ostello, mi sono cambiato vestendomi simil-Astaroth (pantaloni e camicia nera con i lacci, trucco sottile e capelli tirati su) e ho iniziato il primo giro con la Nipota. Abbiamo saggiato un po’ tutti gli stand, e ho comprato il primo volume di Mi Vergogno da Morire di Hinako Takanaga, che a dispetto del pessimo titolo italiano è un gran bel manga. (Per inciso: ma quando mai i nostri traduttori hanno saputo rendere bene un titolo? Basti pensare a scempi come Se Mi Lasci Ti Cancello. Ahhh, qui urge che io mi laurei!). Abbiamo anche incontrato Luna e le sue amiche (che ufficialmente non erano al Comics, quindi le saluto anonimamente) e girato un po’ con loro. Per inciso, un grande grazie va a Luna, che mi ha regalato una di quelle collanine con le perline nere sfaccettate che ha completato la mia acconciatura Astaotheggiante. E sempre a suo proposito, ci sarebbe da aprire una digressione sul loro alloggio. Le nostre tre ragazze stavano infatti in un bordello. No, non scherzo: la stanza che avevano affittato, preceduta da un’anticamera piena di quella tipica mobilia di dubbio gusto, che ha pretesa di ricercatezza ma riesce solo ad essere terribilmente kitsch, facendo così la gioia di qualunque lettore di Baudelaire e gli altri Decadenti, aveva infatti tappezzeria e mobilia rosa (shocking nel caso della poltroncina, pastello per il frigo), con un grande letto basso circondato da specchi, tende in filo, una lampada a forma di corpetto, foto di biancheria intima incorniciate sul comò e di signorine seminude e pin-up alle pareti, una addirittura con la scritta “Bordello del Piacere”. Mancavano le stampe di Édouard-Henri Avril, a quel punto, ma in compenso c’era un piccolo cuscino a forma di stivale con tacco in peluche rosa. Un capolavoro, insomma.

Il secondo giorno ci ha salutati con un solino radioso che ha spazzato via anche le poche nuvole del giorno prima, creando una temperatura ideale per i cosplayers, né troppo calda né troppo fredda. Io ho riciclato il vestito del giorno prima, mentre Luna e le sue amiche hanno sfoggiato dei magnifici costumi da Alice, Cappellaio Matto e Stregatto che ci hanno notevolmente limitati dal punto di vista motorio: non perché fossero ingombranti, ma perché le fermavano ogni tre passi per fotografarle. Beh, non me ne meraviglio, erano sensazionali. Dal mio punto di vista, la giornata è stata più che fruttuosa perché ha visto il completamento della mia povera serie di God Child della sensei Kaori Yuki, fino ad allora monca dei primi due, introvabili numeri. Tutto pimpante per questa incredibile conquista, non ho lasciato che nemmeno la prematura scomparsa del mio amato secondo iPod scalfisse il mio umore luminoso, e ho visitato con le ragazze tutti gli stand, compresi quelli della Kappa Edizioni ed il famigerato Japan Palace, in cui si poteva trovare ogni ben di dio in termini di action figures (eccetto, ovviamente, qualcosa di Angel Sanctuary, che avrei comprato più che volentieri). A proposito della Kappa, pare che finalmente verso dicembre uscirà il tanto atteso (in Italia) seguito di Crimson Spell e di Viewfinder di Ayano Yamane. Speriamo che stavolta non sia una promessa a vuoto. Ad ogni modo, è stato in questa giornata che ho comprato un regalino per la Bloempje, che, lo ribadisco anche in questa sede, non saprà di cosa si tratta se non sentendomi a voce al telefono. È stato, questo, anche il giorno della mia Prima Volta con il ramen: nonostante fosse di quelli precotti e liofilizzati, quello a gusto pancetta mi è piaciuto talmente tanto che ne ho letteralmente divorato due porzioni sotto gli occhi della Nipota. Dato che prepararlo è ignobilmente facile e a livello elettrodomestico richiede solo il bollitore d’acqua che mi arriverà presto nella casa dello studente, penso proprio che cercherò di procurarmelo qui a Trieste.
Dorian Gray & BelialIl terzo giorno è iniziato con una corsa per arrivare in tempo ad un appuntamento che è stato ritardato all’ultimo momento, ma che ci ha portato una Ieva in un superbo kimono in seta rossa che faceva il cosplay di un demone volpe ed una Fra in versione infermiera, a cui si sono successivamente aggiunte le nostre tre fanciulle direttamente da Wonderland e la Erica in versione bloody-nurse da Silent Hill (presumo). Io, invece, mi ero ispirato a Rosiel, ed indossavo il completo già ampiamente collaudato di pantaloni neri in damascato, caicia bianca con jabot in pizzo sangallo ornato da nastrini in velluto nero e paltò in damascato grigio scuro a teste di gorgoni con spilla a foglia di felce sul bavero. Alla fine, l’idea di passare per un cosplay di Dorian Gray è stata assunta all’ufficialità. Tralasciando le comiche per mettere le unghie finte a Ieva e il fatto che ha provato sulla sua stessa pelle (della palpebra) che avevo ragione quando dicevo che se la colla per ciglia finte è diversa da quella per unghie un motivo ci sarà, è stata una giornata piuttosto piacevole, allietata da un bellissimo e ben riuscito cosplay di Belial che ho incontrato al Japan Palace e che mi ha fatto brillare gli occhi. Per una ben precisa legge fisica, ogni giorno che passi al Lucca Comics sei costretto a compare qualcosa, e così ho investito il mio denaro in un piccolo poster di una serie che non conoscevo e che promette bene, The Betrayal Knows My Name di Hotaru Odagiri, Immoral Lovesickness di Haruka Minami ed un paltò in broccato di velluto nero con motivi floreali. Dopo cena ci siamo dati ai giochi da tavolo con le carte, il karaoke sulle canzoni degli ABBA (queste sconosciute!) e Super Smash Bros. Melee, grazie al quale mi sono rifatto abbondantemente per la pessima figura fatta con gli ABBA.
Dorian Gray, Astarte & BarbeloIl quarto ed ultimo giorno si è aperto in bellezza con l’incontro con due magnifici cosplay di Astarte e Barbelo di Angel Sanctuary che mi hanno immediatamente messo di buon umore. Ieva ed Erica erano in borghese, e finalmente il mio completo composto dalla camicia di Milano ed il nuovo paltò è stato riconosciuto e fotografato. Fra le scene da segnalare, il trenino in mezzo alla calca: ad una certa Ieva si era accorta di aver dimenticato in un baretto la busta con le chine colorate e, presa dal panico, ha afferrato la mano di Erica, che teneva a sua volta la Nipota, e con me che mi sono attaccato a quest’ultima si è messa a sferragliare come una locomotiva dell’Eurostar in mezzo alla folla, infilandosi in ogni spazio possibile ed immaginabile con una risolutezza tale da far scansare la gente e far procedere il convoglio ad una velocità altrimenti impossibile con tutta quella gente. E così, falciando cos player e bambini fra le risate mie e degli altri due vagoni, siamo riusciti a recuperare tutto senza danni. I miei acquisti si sono limitati ad un CD ed il calendario 2010 di Victoria Francés, che hanno appesantito i già non leggeri bagagli che io e la Nipota abbiamo dovuto successivamente scarrozzare dall’ostello alla stazione.

Il viaggio di ritorno è stato allietato fino a Prato, dove abbiamo effettuato il primo cambio, dalla presenza di un bellissimo ragazzo, probabilmente più verso la trentina che la ventina, con delle labbra magnifiche e due superbi occhi azzurro ghiaccio incorniciati da capelli neri stranamente non lunghi, e con una voce che era semplicemente la fine del mondo. Anche lui ha poi continuato verso Bologna, ma purtroppo il destino ha voluto che lo perdessi in mezzo alla calca del treno. Peccato, perché era uno degli unici tre ragazzi di bell’aspetto che avessi incontrato in quattro giorni di fiera, ma pazienza, me ne farò una ragione.
Il viaggio si è dunque concluso a Ferrara con una scorpacciata ed una bella dormita prima del rientro definitivo a Trieste, iniziato con un abbraccio forte alla Nipota in una Ferrara avvolta dalla foschia che le conferiva un fascino decadente di prim’ordine, continuato in una Pianura Padana resa irreale dalla nebbia, in una Mestre ghiacciata ed un Friuli sempre più scuro, fino alla calata completa delle tenebre.

Ed ora eccomi qui, tornato al mondo reale e virtuale, con uno sfracelo di posta da smistare e tanta nostalgia per quei quattro giorni immersi in un manga. L’anno prossimo tornerò senza ombra di dubbio, e sono più che intenzionato a fare un bel cosplay di Rosiel (per il quale dovrò momentaneamente radere il pizzetto, per la gioia di Claudio). Il grande rammarico di quest’anno è stato di non aver visto Ginevra, ma spero ci si possa incontrare al più presto. Inoltre, mi è dispiaciuto non comprare nulla di Kuroshitsuji di Yana Toboso, ma non conoscendo la serie ho preferito evitare: anche se i personaggi ed i disegni sono molto belli, non ho quel rapporto speciale che mi lega a quelli delle serie che conosco. Spero tuttavia in una repentina traduzione ed edizione in italiano che mi permetta di leggerlo in santa pace. Per ora, mi godo gli yaoi e Kaori Yuki, e mi crogiolo nella beatitudine del primo Lucca Comics. Arrivederci al prossimo anno, Lucca.